Sono giorni “sospesi” per il risiko bancario, che Andrea Orcel vive diviso tra certezze e dubbi. L’amministratore delegato di Unicredit ha appena presentato i conti trimestrali di Piazza Gae Aulenti, per la 17esima volta in crescita – la migliore sino ad ora – con 2,8 miliardi di utile e un +8,3 per cento sull’anno precedente. Un dato che supera le attese, dal momento che si attendevano 2,3 miliardi di euro. Ma l’incertezza resta, e tanta, quando passa al capitolo Bpm, sia per quanto riguarda i conti di Piazza Meda che per il Golden Power calato sull’operazione da Palazzo Chigi: Unicredit sta “riesaminando” l’offerta pubblica di scambio (ops) lanciata su Banco Bpm, a sua volta impegnata nella scalata ad Anima. Nei giorni scorsi i numeri dell’operazione erano stati passati ai raggi X proprio da Orcel, che aveva espresso qualche perplessità. Sul provvedimento del governo, invece, “ci sono un numero di elementi che secondo noi non sono chiari e non voluti”, ha detto l’ad di Unicredit. Stiamo cercando di chiarirli e dobbiamo chiarirli prima di prendere una decisione definitiva. O avremo un chiarimento o altrimenti dovremo dare la nostra interpretazione di cosa indica il Golden Power”.

Ma il vero nodo a monte è l’indisponibilità al dialogo mostrata finora dai vertici del governo. Apparentemente non una parola con il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) – leggere Giorgetti – né tantomeno direttamente con la premier Giorgia Meloni. Solo un passaggio piuttosto freddo – da alcuni definito “ostile” – con il capo di gabinetto della presidente del Consiglio Gaetano Caputi. Intanto si è espressa Bruxelles, con il portavoce della Commissione Olof Gill che ha sottolineato come il ricorso al Golden Power da parte degli Stati membri debba essere “proporzionato” e in linea con la legislazione europea sulla concorrenza e la concentrazione di capitali. L’ultima parola sull’ops a Banco Bpm non arriverà comunque prima di un incontro con il governo: “secondo fonti di governo e finanziarie un incrocio delle agende convergerebbe sul 15 maggio”, scrive Repubblica. L’offerta per l’acquisizione di Piazza Meda si chiuderà il 23 giugno, per cui il tempo materiale per provare ad ammorbidire le posizioni del governo ci sarebbero. I tre ostacoli restano l’obbligo di vendere le attività in Russia entro la fine dell’anno, mentre la banca vorrebbe un’uscita più graduale e il riconoscimento dei passi già fatti fino ad ora. Poi c’è il tema del rapporto tra impieghi e depositi, che Chigi vorrebbe in linea con quello più alto di Bpm. Infine il mantenimento, ai livelli attuali, dei titoli italiani in Anima. Sino ad ora il governo è stato irremovibile. Orcel ha dunque adottato un approccio attendista, senza cedere – nemmeno nell’ultimo appuntamento – a chi gli chiedeva un “dentro o fuori” su Piazza Meda: “Io sono molto paziente e calmo e il cda è completamente allineato. Se troveremo opportunità di fare acquisizioni alle giuste condizioni lo faremo più velocemente di quanto crediate”, ha detto in una dichiarazione ripresa dal Giornale. Tra questi c’erano anche i vertici di Banco Bpm, con l’ad Giuseppe Castagna che pretende risposte. Intanto, prosegue la presa di posizione comunicativa lanciata sui giornali italiani che recita: “Centosessant’anni per i nostri territori. Ecco perché all’ops di Unicredit diciamo No”.

Insomma, Orcel sta provando a resistere alle pressioni, con la fretta di stanare il governo per portarlo al tavolo delle trattative. La possibilità, paventata peraltro da pochi osservatori, che l’annuncio dei risultati trimestrali potesse coincidere con quello di un ritiro dell’ops è stata messa definitivamente in soffitta. Nel poker col governo, Orcel continua a dunque “vedere”, prima di andare l’all-in se e quando le porte di via XX settembre – sede del Mef – si apriranno.