Nelle prime pagine del suo “Il Bazar atomico” (Adelphi) il giornalista statunitense William Langewiesche spiega quali sono i principi fisici fondamentali della bomba atomica all'uranio, la stessa che nel 1945 distrusse Hiroshima. Lo fa in maniera semplice utilizzando un linguaggio alla portata di tutti. L'autore, un ex pilota professionista e autore di altri libri iconici, tra cui La Virata e Regole di ingaggio (entrambi, in Italia, editi da Adelphi), sottolinea come una quantità relativamente piccola di uranio altamente arricchito (circa due libbre) possa risultare sufficiente a scatenare un'esplosione dal potere devastante (15 kiloton di TNT), con effetti immediati e letali su scala urbana. Senza un attimo di respiro Langewiesche conduce poi il lettore all'interno della cabina di pilotaggio dell'Enola Gay pilotato dal giovane colonnello Paul Tibbets, ricostruisce la manovra evasiva del B-29 e racconta la caduta della bomba (Little Boy): 43 secondi e poi l'esplosione, diverse miglia più in basso, che avrebbe illuminato il cielo “con i più bei blu e rosa che Tibbets avesse mai visto”. A Nagaski fu invece impiegato un ordigno al plutonio. Il risultato? Ugualmente devastante. L'autore ha stimato il totale delle vittime dei due attacchi Usa contro il Giappone in circa 220.000. Il motivo di una simile distruzione? “L'intento era terrorizzare una nazione al massimo grado, e non c'è niente di meglio di un attacco nucleare sui civili per ottenere quell'effetto”, scrive Langewiesche.

A cosa servono le armi nucleari? Lo scopo principale è uno: terrorizzare. La cosiddetta “deterrenza reciproca” è semplicemente un eufemismo per incutere terrore. Un terrore però che nel frattempo è diventato reciproco, visto che l'atomica non è un'esclusiva degli Stati Uniti. Nel club atomico rientrano svariati Paesi, compresa la Russia di Vladimir Putin, la Cina di Xi Jinping e la Corea del Nord di Kim Jong Un, e cioè Paesi che non vanno proprio d'accordo con gli Usa, una nazione abituata a essere la prima della classe e che difficilmente apprezza – e accetta – di dividere il palcoscenico con simili outsider. Un bel guaio per l'umanità che oggi si ritrova a fare i conti con una nuova “minaccia atomica”. Gli epicentri di tensione si stanno moltiplicando: dalla guerra in Ucraina al dossier Iran, dalla rivalità tra Washington e Pechino all'incognita nordcoreana. Leggendo il libro di Langewiesche scoprirete però che non sono solo gli Stati che credono di aver bisogno di bombe atomiche pronte all'uso, o della tecnologia e delle competenze per fabbricarle. “La nuclearizzazione del mondo è diventata la condizione umana e non può essere cambiata", afferma l'autore. Per dimostrarlo intraprende un lungo viaggio da Washington all'Olanda, dal Pakistan alla Russia, dalla Georgia alla Turchia, per scoprire quanto sia difficile o facile per un aspirante attore nucleare - privato o nazionale - impossessarsi di tali armi o anche solo del know how che serve per costruirle. Langewiesche visita le rotte del contrabbando nucleare in Turchia e presunte “città chiuse” in Russia, dove uranio e plutonio altamente arricchiti, adatti all'uso militare, sono disponibili a prezzi stracciati. Come caz*o è successo, direte voi? Nel caso russo, dopo il crollo dell'Unione Sovietica il personale che lavorava negli ex siti di sviluppo nucleare è rimasto senza stipendio e trascurato. Alcuni hanno venduto quello che potevano. Altri se ne sono semplicemente andati, lasciando le porte aperte...

Cosa significa tutto questo? È il messaggio più forte contenuto ne Il Bazar Atomico: le armi nucleari sono facilmente reperibili. E più economiche e facili che mai da produrre. Una manna dal cielo per nazioni instabili e sottosviluppate, gruppi terroristici e altri acquirenti ostili. Il motivo è semplice: le armi di distruzione di massa a propulsione nucleare sono alla portata di tutti. La proliferazione nucleare globale è inevitabile. Le garanzie e le alleanze costruite durante la Guerra Fredda si stanno dissolvendo (anzi: sono già evaporate come neve al sole) quindi l'armamento nucleare è diventata un'opzione sempre più allettante per un numero crescente di Paesi in via di sviluppo. Il nucleare, in altre parole, è diventata la scorciatoia per raggiungere lo stesso livello di Stati Uniti e Russia. Come se non bastasse, in un'epoca di libero flusso di informazioni, la barriera dei requisiti tecnologici si è abbassata. E quel che è peggio è che la “dottrina della distruzione reciproca” non ha alcun effetto su un jihadista senza Stato o su gruppi criminali senza scrupoli...
