Vi abbiamo raccontato qui com’è andata la presentazione del nuovo libro di Serena Mazzini, Il lato oscuro dei social (Rizzoli, 2025) e cos’è successo tra Selvaggia Lucarelli e Massimiliano Zossolo (di Welcome to favelas) che nel momento di q&a è intervenuto chiedendo all’autrice del libro un parere sul caso di Giovanna Predetti. Selvaggia Lucarelli ha interrotto la domanda, ha chiesto di chiudere il microfono a Zossolo e è intervenuta sostenendo che domande del genere togliessero spazio ingiustamente alla presentazione di Mazzini.
La maggior parte della gente ha iniziato a gridare “vergogna” contro Zossolo che è stato zittito a metà domanda aggiungendo: “Capite a che livello di stalking siamo arrivati? È la presentazione del libro di Serena Mazzini, non ho nessuna voglia di togliere spazio alla sua presentazione, perché non lo merita. Chiunque voglia tormentarmi, stalkerizzarmi, lo può fare alla fine della presentazione”.
A fine presentazione, però, Selvaggia Lucarelli torna a parlare di lui e chiude l’incontro (sempre nello spirito di non voler rubare spazio a Mazzini) dicendo: “Una cosa la voglio dire in chiusura: a quel tizio lì ho fatto chiudere una pagina Facebook in cui condivideva materiale pedopornografico”.

Due sono quindi le accuse e noi abbiamo contattato il diretto interessato. Riguardo allo prima, Zossolo sostiene che sia “assurda se rivolta verso di me. Non l'ho mai contattata in nessun modo e in rarissimi casi le ho risposto quando parlava di me”. Uno dei pochi loro scambi, invece, è stato per via legali. “L’ho querelata nel 2017 per le accuse infamanti che mi ha rivolto tramite Il Fatto Quotidiano, ma come spesso accade questo tipo di denunce vengono archiviate (giustamente, visto che i giudici hanno altro a cui pensare che dar retta a cose simili)”.
Per Zossolo, tuttavia, l’accusa più grave è proprio quella relativa al suo presunto coinvolgimento nella condivisione di materiale illecito che coinvolgeva minori. “Io ricevo e visiono milioni di contenuti tra foto e video che mi inviano, quello che vedete pubblicato non è nemmeno l’un per cento di quello che arriva”.
Quindi l’accusa nei suoi confronti sarebbe infondata? “Appena mi accorgo di una situazione dove c'è un minore a rischio o violenza sulle donne o anziani e disabili non esito a girarla alle forze dell’ordine. Ovviamente tutto questo lavoro viene fatto nella massima riservatezza per proteggere le vittime, non spettacolarizzo o creo contenuti su questa attività proprio per tutelare le persone fragile”.

Nel 2017, Selvaggia Lucarelli ha scritto un articolo sul Fatto Quotidiano in cui denunciava l'esistenza di gruppi Facebook che condividevano materiale illegale, tra cui contenuti pedopornografici, foto di cadaveri e video pornografici amatoriali diffusi senza il consenso delle persone coinvolte. Uno di questi gruppi, denominato “Psicologia applicata – Il Gruppo” (“il nuovo Welcome to Favelas” secondo Lucarelli), era gestito da Massimiliano Zossolo.
“Tutti, – scriveva Lucarelli – da Zossolo al dipendente dell’Ama Massimo che ha postato le foto del cadavere, pensano di non rischiare nulla. E non c’è neppure più l’alibi dell’inconsapevolezza del reato o del male che si fa anche senza commettere reati che aleggiava prima. Ora sanno, questi animali, che puoi essere denunciato, che la diffusione di materiale pedopornografico sul web può costare la galera, che gli insulti sono passibili di denuncia, che la Cantone s’è ammazzata, che la Leotta ha denunciato, che tante ragazze hanno sofferto, che lo screen con un tuo commento idiota può costare reputazione, dignità, posto di lavoro”.
Come detto da Zossolo, già ai tempi aveva querelato Lucarelli, anche se la denuncia si concluse con nulla. “Per me è odioso essere accusato di reati disgustosi contro donne e bambini quando in dieci anni ho contribuito a togliere dalle strade decine di abusatori. Spesso mi confessano episodi di violenza domestica e cerco sempre di consigliare di contattare associazioni come Telefono Rosa, è un tema che mi sta a cuore e faccio il possibile per dare una mano. Io stesso vengo da una storia familiare problematica, ho anche vissuto un periodo della mia infanzia in una casa-famiglia ed essere accusato così mi devasta”.
Sui social Zossolo aveva anche ricordato che avrebbe “collaborato attivamente a far identificare i creatori del file ‘La Bibbia’”, un file (arrivato alla sua quinta versione) in cui venivano archiviati contenuti contenuti hard con minori. E ora, annuncia, procederà con una nuova querela per le parole della firma del Fatto.

Resta allora la domanda, mai conclusa, rivolta a Serena Mazzini: “Secondo me era appropriata, il suicidio legato a un uso inconsapevole dei social viene esplorato in diverse parti del testo della Mazzini, ma anche fosse stata non pertinente o provocatoria che bisogno c'era di fare quel teatrino? Sarebbe bastato dire che il caso non era attinente al contesto e via, me ne sarei rimasto zitto”. L’obbiettivo era arrivare a incolpare Selvaggia Lucarelli per quando accaduto alla ristoratrice?
“Io non credo che la Lucarelli e il suo fidanzato Lorenzo Biagiarelli siano responsabili della morte di Giovanna Pedretti. La colpa deve essere ricercata in un certo tipo di giornalismo che scandaglia i social in cerca del contenutino scandalo da buttare in pasto al grande pubblico. Che bisogno c'era di parlare di una recensione (vera o falsa che fosse) e farne un caso nazionale? Nel meccanismo è finita una persona fragile, ma il meccanismo è molto più complesso e trascende persino i personaggi in questione, ecco forse un libro che analizza i social dovrei scriverlo anche io...”
