Ci siamo, Zerocalcare è tornato in libreria con un nuovo fumetto: “Nel nido dei serpenti”. E no, quando il fumettista romano pubblica qualcosa non è mai solo una questione editoriale. Ma va molto più in profondità. A quasi due anni dall’uscita del suo ultimo libro “Quando muori resta a me”, in cui ha esplorato la complessa dinamica del rapporto con suo padre, stavolta Zerocalcare si allontana dalla sfera intima per abbracciare quei temi politici e sociali che più gli stanno a cuore. L’ambientazione si sposta dall’iconica Rebibbia, quartiere in cui abita nella periferia di Roma, a Budapest. Un luogo in cui ormai da mesi è in corso un processo contro i 17 antifascisti accusati di aggressioni durante il “Giorno dell’onore” nel 2023. Perché sì, in quel di Budapest c’è un giorno in cui vengono commemorati i nazisti, che attira fanatici da ogni dove, ma anche militanti delle fazioni opposte. “Nel nido dei serpenti”, un volume di duecento pagine rigorosamente in bianco e nero, racconta la storia di Maja T., attivista non-binary estradata dalla Germania e che ora si trova in regime di isolamento da oltre un anno. Zerocalcare per spiegare, e prevenire le classiche rotture di cazzo che arrivano puntuali con ogni nuovo lavoro, ha pubblicato un video su Instagram in cui spiega il perché della scelta di questo tema: “Nel nido dei serpenti parla de gente che sta in galera, accusata de aver menato dei nazisti. Un libro che porta un sacco di rotture di cazzo, ma io volevo rispondere a una sola di queste. Ovvero a quelli che dicono ‘te sei venduto alla politica, era meglio quando parlavi della pizza sto cazzo’. Io lo so che un sacco di voi hanno conosciuto la roba mia su Netflix, e pensano che devo fare solo questo fino a che non crepo. Se vedono una cosa diversa gli pare che so tipo Alberto Tomba quando ha provato a fare Alex L’Ariete. E tutti gli dicevano ‘ma che cazzo fai devi scià, non devi far l'attore sei na pippa”.
Perché diciamolo, la questione della “lotta contro i nazisti” è uno dei temi che reggono tutta la narrativa di Zerocalcare. Cosa aspettarsi da questo nuovo progetto che alcuni non hanno esitato a definire rischioso? Una raccolta di testimonianze e materiali messi insieme durante una serie di viaggi in Ungheria, Germania e Francia. E, ricordiamolo, una parte del ricavato delle vendite sarà devoluto al fondo per le spese legali degli imputati. “Io la roba tipo questa sui nazisti l'ho sempre fatta, anzi ho cominciato a fare fumetti apposta a 15 anni dopo che ho preso le botte, e che hanno accortellato 200 amici mia. Ora, non dico che voglio parlare solo di questo, perché viva Dio mi piacciono pure altre cose: i dinosauri, i dinosauri corazzati, i Cavalieri dello Zodiaco e il cane mio bello. Però non vuol dire che non posso più parlare dei nazisti, perché sennò c'è uno che mi dice “oh, un libro su sta roba non vende un cazzo, sei malato!” Un altro mi fa “ma pezzo di merda, io te volevo bene! L'ho tatuato la faccia tua e mi ha scoperto che sei una zecca, che devo fare?” Ma che ne so, ma che te devo dì? Disegnami un cazzo in faccia”. Michele Rech anche stavolta non si limita a raccontare cosa c’è nella superficie del processo contro gli antifascisti in Ungheria, ma vuole far capire a chi legge quali sono tutte quelle dinamiche che stanno dietro, e che difficilmente uno sguardo poco esperto riesce a cogliere. Zerocalcare racconta il suo viaggio all’interno della tana dei serpenti, e non ha paura di ammettere che si sta cagando addosso dalla paura. Ma si va comunque avanti. “Se i criteri per fare le cose sono soltanto il consenso, io sono diventato un algoritmo umano che campa solo per compiacere il prossimo. Allora che senso c'ha che uno fa i fumetti, boh? Allora andavo a lavorare da Zara con mi cugina. Che poraccia passa la giornata a dire a gente “stai benissimo”, “è proprio il tuo”, “pare fatto apposta per te!” E la gente è contenta e se compra quella monnezza senza litigà”. Daje, se va male se ne annamo tutti a pija un gelato.