Emanuela Orlandi è scomparsa il 22 giugno 1983. Nei primi mesi, quando le indagini erano state affidate a Margherita Gerunda, si indagava su una pista che poco dopo, quasi senza motivo, venne subito abbandonata: quella amical-parentale. In questo scenario, probabilmente Emanuela Orlandi sarebbe stata vittima di una violenza finita male e dunque la ragazza sarebbe stata uccisa il giorno della scomparsa o poco dopo.
Questa tesi, tuttavia, venne completamente accantonata a favore di una tesi più articolata, confusa e a tratti opaca, perché fatta di mille informazioni talvolta infondante, parziali, poco chiare: quella del rapimento. Ma come andarono realmente le cose?
Come ricostruito nelle sue inchieste da Pino Nicotri, il primo a parlare di rapimento, con dei brevi comunicati pubblicati su Il Tempo (24 giugno 1983), sul Messaggero e su Paese sera (entrambi il 25 giugno), fu lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, che fece il giro delle tre redazioni nel pomeriggio del 23 giugno.
Mario Meneguzzi, di cui oggi si sta parlando moltissimo, è anche la centro di una storia che va avanti dal 2023, quando Enrico Mentana rivelò che lo zio di Emanuela aveva fatto, cinque anni prima, delle avance alla nipote Natalina Orlandi, sorella della ragazza scomparsa.
Dopo la notizia Pietro Orlandi e Natalina stessa organizzarono una conferenza stampa per cercare di ridimensionare la portata della notizia, parlando di “uno scivolone”, tanto che Natalina ne parlò solo con il suo fidanzato, Andrea Ferraris. La verità? Già nell’83, come riportato in un verbale, Natalina aveva parlato di queste avance e si definì “terrorizzata” per via delle pressioni dello zio che, parole sue, “durarono alquanto”. Insomma, tutto tranne che un breve scivolone a cui non dar peso.
Secondo il capitano Mario Obinu, che riporta tutto in un rapporto ufficiale, Ferraris aveva raccontato questa storia sostenendo che lo zio, cercando di “irretire” Natalina, avesse fatto leva sull’assunzione della ragazza alla Camera, lasciando intendere che fosse stato lui a procurarle l’incarico (Obinu riporta delle “esplicite proposte per instaurare una relazione affettiva giustificando tale comportamento con il fatto che la ragazza avrebbe dovuto sdebitarsi con lui per l’assunzione alla Camera dei Deputati di cui il Meneguzzi è dipendente”).
Anche il padre spirituale degli Orlandi, don Serna Alzate, conferma la tessa storia: “Sì, è vero, Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”.
I fratelli Orlandi, Pietro soprattutto, hanno cercato di gestire questa informazione fino a oggi, ma Massimo Giletti ha scelto di parlarne, in una puntata anche con lo stesso Nicotri, uno dei pochi giornalisti a sostenere la tesi che Emanuela non sia stata vittima di un rapimento (tantomeno a sfondo internazionale), e ora, annunciando i temi della puntata di lunedì 8 dicembre, anticipa una notizia bomba che potrebbe cambiare profondamente anche la visione generale del pubblico su questa vicenda.
In un video pubblicato sui canali ufficiali spiega del programma di Rai 3: “All’inizio gli inquirenti indagarono sulla pista familiare, che però venne presto abbandonata. Oggi però siamo in grado di dirvi che la Procura di Roma, il dottor Luciani, gli inquirenti, stanno lavorando di nuovo su quella pista, molto delicata ovviamente.”
A confermarlo sarebbe stato Giorgio Meneguzzi, il figlio di zio Mario, ascoltato un anno fa in Procura per quasi cinque ore. Di lui vi abbiamo parlato, anche per cercare di inquadrare i rapporti tra i fratelli Meneguzzi e i fratelli Orlandi. Giletti si chiede perché lo abbiamo ascoltato per quasi cinque ore. E fa un’ipotesi: “Probabilmente il tema delle case di Torano può essere centrale in questa vicenda, perché il famoso alibi che scagionerebbe lo zio Mario ha proprio origine nel fatto che lui quel giorno, il famoso 22 giugno, ha sempre detto di essere stato a Torano. Anzi, dice esattamente che era arrivato la sera precedente”.
Torna tutto? Non proprio: “Quando il padre di Emanuela si preoccupa, inizia a telefonare e cerca lo zio Mario, perché sapeva che lavorando al Parlamento aveva amicizie importanti. Lo chiama alla casa di Roma ma gli risponde il figlio, che dice: ‘Guarda che papà si trova a Torano’. Allora inizia a chiamare Torano, solo che qui c’è un mistero: zio Mario risponde solo alle 24:00. Dov’era nelle ore precedenti?”
Senza contare che, come riportato nella scorsa puntata, zio Mario era stato pedinato al tempo e gli agenti della Squadra Mobile di Roma lo avevano seguito nei suoi tragitti, regolari e ma strani, proprio verso Torano. Tant’è che Giletti chiude e si chiede: “Lo zio Mario partiva da Montecitorio e tornava a Torano, in questa piccola villa all’esterno del paese, lo ‘Chalet’, mentre il resto della famiglia era a Roma. Perché zio Mario faceva avanti e indietro ogni giorno a Torano, che dista circa un’ora, un’ora e mezza da Roma?”