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Delitto di Garlasco: la cinica verità sulla perizia di Denise Albani? Siamo lontani dal nome, o dai nomi, di chi ha ucciso Chiara Poggi (ma vicinissimi a capire chi non è stato)

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

  • Foto di: Ansa

4 dicembre 2025

Delitto di Garlasco: la cinica verità sulla perizia di Denise Albani? Siamo lontani dal nome, o dai nomi, di chi ha ucciso Chiara Poggi (ma vicinissimi a capire chi non è stato)
La nuova perizia genetica della dottoresa Denise Albani non ribalta scenari e certezze sul delitto di Garlasco: le tracce sotto le unghie di Chiara Poggi non individuano un colpevole (“compatibilità moderatamente forte/forte” con Sempio), ma allontanano il nome di Alberto Stasi e non aumentano o ridimensionano gli indizi su Andrea Sempio. All’indagine servono altri scenari decisivi (l’avvocato Lovati l’aveva detto), ma forse ciò che si ha in mano è già abbastanza per parlare di “revisione”

Foto di: Ansa

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Novantaquattro pagine che dicono tutto e il contrario di tutto. Come, ad esempio, che le tracce di DNA trovate sulle unghie di due dita (di entrambe le mani) di Chiara Poggi sono sì riconducibili alla linea maschile della famiglia Sempio, ma il risultato non è affidabile. Sia inteso, sono 94 pagine di scienza e non certo di cerchiobottismo, ma raccontano quello che il buon senso ha suggerito a molti da molto: è passato troppo tempo, sono stati fatti troppi errori e, forse, è tardi per pensare di rimediare davvero. Risultato? La posizione di Andrea Sempio, proprio come avevamo scritto su MOW ormai giorni fa, non si è appesantita. Anzi. Gli indizi restano, sostanzialmente, gli stessi di sempre e ora bisognerà capire se basteranno o meno per procedere davvero a una richiesta di rinvio a giudizio e per sostenere, poi, un processo. Ma forse c’è anche dell’altro: quelle 94 pagine potrebbero bastare per chiedere una revisione della condanna di Alberto Stasi. Non perché è innocente (visto che non può esserlo fino a sentenza che lo affermi), non perché non è in qualche modo coinvolto (il sospetto, oggettivamente, c’è su qualche verità ancora non detta), ma perché ormai appare evidente che Alberto Stasi non è stato condannato “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ecco, la perizia genetica depositata da Denise Albani nell’incidente probatorio disposto dal gip di Pavia (quella Daniela Garlaschelli coinvolta anche per la segnalazione di un post su Facebook nella vicenda dell’assessore/sceriffo Adriatici) può rappresenta un punto di svolta da questo punto di vista, ma, da un altro, è al tempo stesso un limite strutturale dell’indagine scientifica sul caso Poggi. Quelle 94 pagine di analisi tecniche chiariscono solo ciò che i dati consentono di affermare e ciò che, per ragioni metodologiche e storiche, non potrà essere stabilito. Il risultato è un quadro che non individua un responsabile, ma ridimensiona molte delle ipotesi avanzate negli anni. Il profilo genetico rinvenuto sulle unghie della vittima presenta una compatibilità con la linea maschile della famiglia Sempio: i calcoli biostatistici indicano un supporto “moderatamente forte/forte” per una delle due tracce e “moderato” per l’altra.

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La probabilità che Andrea Sempio, o qualunque soggetto imparentato con lui per via patrilineare, abbia contribuito alla traccia Y428–MDX5 risulta da 476 a oltre 2000 volte più elevata rispetto all’ipotesi che la traccia sia dovuta a due soggetti maschili non imparentati. Per la traccia Y429–MSX1, l’intervallo di probabilità è compreso invece tra 17 e 51 volte. Il dato, tuttavia, non consente alcuna attribuzione individuale. L’analisi del cromosoma Y, infatti, non permette di distinguere tra soggetti appartenenti alla stessa linea paterna e, soprattutto, non consente – per caratteristiche intrinseche della metodologia – di identificare un singolo autore. La dottoressa Albani precisa anche che l’impossibilità di giungere a un’identificazione sarebbe rimasta invariata anche in presenza di profili completi e consolidati. Il materiale disponibile, poi, non è né completo né consolidato. Le tracce sono “aplotipi misti parziali”: contributi multipli, quantitativamente esigui e soggetti a degradazione. Le criticità derivano in parte dalle modalità analitiche adottate nel 2014, con la perizia De Stefano (commissionata dalla famiglia Poggi nella convinzione che potesse emergere il DNA di Alberto Stasi) e gli attuali accertamenti non hanno potuto colmare queste lacune. Ma attenzione: la perizia fornisce invece un dato di rilievo sotto altro profilo, ossia l’assenza totale di Dna di Alberto Stasi sulle unghie di Chiara Poggi. Questa assenza era stata contestata in passato, poiché il materiale analizzato nel 2014 non consentiva una valutazione chiara. L’elaborato attuale, pur basandosi su dati già degradati, conferma invece un risultato negativo stabile. Insomma, sulle unghie di Chiara ci sono tracce riconducibili in qualche modo a Sempio e non a Alberto Stasi.

Al di là dei fatti specifici, delle affermazioni facilmente verificabili o meno dello stesso Marchetto, però, non si può non tener conto che quell’uomo, andando oltre quella che è stata la sua storia personale, ha vestito i panni del “maresciallo del paese”. Uno che, insomma, in una comunità relativamente piccola come Garlasco ha avuto un ruolo significativo. Vale per le persone che “andavano risentite”, ma vale anche per quello che Marchetto potrebbe dire o svelare anche rispetto a molti altri aspetti rimasti un po’ nell’ombra, anche e soprattutto nell’ambito dell’inchiesta Clean2 che la Procura di Brescia sta portando avanti e che ha toccato anche le indagini sull’omicidio di Garlasco per l’ormai più che noto filone relativo all’archiviazione . Non è violare la sua privacy – ormai andata a farsi benedire da un pezzo – riferire che Marchetto aveva avuto, a suo tempo, una relazione con la zia di Andrea Sempio (quella che proprio nel 2017 ha prestato del denaro –ufficialmente utilizzato per “pagare gli avvocati” - al fratello Giuseppe ),.

Andrea Sempio e Chiara Poggi
Andrea Sempio e Chiara Poggi

Ma gli accertamenti su altri reperti, comunque, non hanno fornito elementi utili nei confronti di Sempio. Gli acetati con le impronte digitali non contenevano profili genetici interpretabili; campioni della pattumiera mostravano solo il Dna della vittima e di Alberto Stasi e sul tappetino del bagno sono stati individuati esclusivamente profili della vittima e del padre; le ulteriori tracce rinvenute su piattini, cannucce e involucri alimentari risultano parziali, degradate e riconducibili sempre e solo alla vittima o a Stasi(niente di strano, erano stati insieme la sera prima). Il lavoro della dottoressa Albani, quindi - e non poteva essere altrimenti - delimita con precisione solo ciò che è scientificamente sostenibile. Da un lato conferma la compatibilità del materiale genetico con la linea Sempio. Dall’altro ne esclude il valore identificativo, indica forti criticità nelle analisi del 2014 e precisa che non è possibile ricostruire alcuna dinamica di trasferimento (quindi se quel DNA è o meno da contatto). Rimane, di fatto, un dato neutro in sé, privo di capacità dimostrativa utile a risolvere un omicidio. Però l’assenza di tracce riconducibili a Stasi e la conferma delle criticità pregresse sottraggono ulteriore consistenza all’ipotesi di un suo coinvolgimento diretto (almeno nelle fasi dell’aggressione).

E forse quell’ex carabiniere, che sicuramente ha avuto condotte discutibili in passato (non in riferimento al delitto di Garlasco, anche se una condanna l’ha rimediata anche per la fala testimonianza sulla bici di Stasi), oggi merita un ruolo differente. O, comunque, il riconoscimento di una credibilità. Non fosse altre che per il dente avvelenato che potrebbe avere. Chi è stato dentro al potere, nei suoi gangli più opachi, conosce le dinamiche che regolano le decisioni non scritte, i compromessi taciuti, le relazioni di scambio. Soprattutto in provincia. Soprattutto in un paesotto. Se poi quel qualcuno è stato allontanato, umiliato, messo ai margini, può diventare – con le dovute cautele – un testimone privilegiato. Perché nella così detta psicologia del discredito, e dei discreditati, c’è un paradosso: chi ha toccato il fondo sociale, chi è stato espulso da un qualche sistema per colpe gravi, diventa talvolta la voce più nitida su ciò che quel sistema davvero è. Non per redenzione, non per vendetta, ma perché non ha più nulla da perdere. E l’assenza di paura nel parlare, molto spesso, è un lusso che solo i marginalizzati possono permettersi.

I genitori di Andrea Sempio
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