L’insegnamento più grande di questa edizione di “Più libri più liberi” ce l’ha regalato Zerocalcare, e senza nemmeno partecipare alla fiera. “Non si condividono gli spazi con i nazisti”. E in poche parole ha racchiuso non solo una posizione politica, ma un modo di stare al mondo. Quello di chi non abbassa la testa per adattarsi in un posto che gli sta stretto. Una frase che non pretendeva di essere un “manifesto”, ma proprio per questo lo è diventato. Alla fine si torna sempre qui: scegliere da che parte stare. E farlo non significa voler censurare chi non la pensa come te, ma la volontà di non scendere a compromessi. Perché non si può tollerare tutto solo in nome del quieto vivere. Come ha raccontato lo stesso Michele Rech: “Quest’anno (a Più libri più liberi ndr) ci troviamo di fronte a un'operazione politica, perché questo non è soltanto un editore, questo è un editore che è espressione di Casa G, che è un centro ricreativo culturale fiorentino, interno di fatto al partito di governo, che fa anche un lavoro di formazione per tutto quel mondo che va da Fratelli d’Italia fino a gruppi anche molto più a destra. Un'operazione di una casa editrice fortemente scortata e voluta dal governo stesso del nostro Paese”. E quindi, perché non ha partecipato? Se ci fosse bisogno di chiederlo: “Non mi andava di a normalizzare quella presenza. Non sono né per vietarli di stampare, né per vietarli di vendere, né per censurare niente, solamente che non voglio partecipare a un’operazione di questo tipo in una fiera finanziata da fondi pubblici”. Oltretutto.
Stare dalla parte giusta della storia. Zerocalcare ha avuto il coraggio di fare quello che, ammettiamolo, in molti non avrebbero mai fatto: assumersi la responsabilità di mettere i propri pensieri nei giusti spazi. E non solo. Un gesto quasi “rivoluzionario” in una società in cui tutti sentono il bisogno di esserci. O meglio: mostrare di esserci. Per chi vive del proprio riflesso. L’antifascismo, quello vero, ormai è quasi roba vecchia. Non si ha più la stessa percezione di un tempo, e Zerocalcare lo sa bene: “Lo stesso concetto di antifascismo è cambiato incredibilmente rispetto a vent’anni fa. Prima l’antifascismo era la religione laica di questo Paese. Anche la destra in qualche modo, almeno quella che stava in Parlamento, faceva riferimento a un arco antifascista che era quello tracciato dalla Costituzione. A un certo punto la narrazione ha cominciato a cambiare: i partigiani comunque avevano fatto delle cose brutte, mentre Mussolini anche delle cose buone. Adesso, però, siamo sul punto di farlo diventare qualcosa da mettere sulle liste del terrorismo. Chiaro, io non penso che in Italia siamo a un passo da questa situazione, ma temo che il discorso culturale che ci si sta costruendo intorno vada in quella direzione”. La strada l’abbiamo imboccata. Poi c’è chi lo ha accusato di sentirsi troppo puro per potersi mischiare con gli altri. Ma dire di no non può e non deve essere semplificato a simbolo di purezza. Dire di no al condividere uno spazio con i nazisti è tracciare un confine. “Io non ho alcuna pretesa di purezza, una qualità che spesso viene proiettata su una serie di persone, tra cui me. Sono una persona piena di contraddizioni, di debolezze, di robe storte e quindi non posso incarnare quel desiderio di integrità che una parte del pubblico proietta sulle persone come me”. Zerocalcare ha solo detto la parola più difficile di tutte: no.