L’Ue sognava una mobilità pulita, sostenibile e sicura. Tutto questo grazie al suo famigerato Green Deal, ai motori emissioni zero, e alle macchine elettriche che a partire dal 2035 avrebbero dovuto completamente rinnovare il parco auto europeo. Beh, un sogno che pare destinato a rimanere tale, e a scontrarsi con una realtà che riporta invece un grosso disastro produttivo, commerciale e addirittura politico. Ci lamentiamo tanto della crisi dell’auto italiana, ma adesso dovremmo cominciare ad aver paura anche dell’annientamento dell’automotive in tutto il Vecchio continente. I numeri parlano chiaro, l’intera industria (inclusa quella delle batterie) è in crisi, gli stabilimenti chiudono, le vendite diminuiscono sempre più e gli automobilisti sognano di tornare ai vecchi tempi, e quindi ai motori termici. Lo rivela uno studio di McKinsey & Company, secondo cui nel mondo un possessore di auto elettrica su tre sarebbe pronto a tornare ad abbandonare le emissioni zero. E intanto, mentre noi europei gettiamo all’aria un settore storico, legati all’utopia ambientalista, mentre continuiamo a perdere soldi e automobili, c’è chi specula su questa nostra profonda crisi. Infatti, riporta Attilio Barbieri su Libero, “come riferisce il Financial Times, il colosso saudita del petrolio Saudi Aramco, ha acquisito una partecipazione del 10% nel capitale della Horse Powertrain, azienda costituita lo scorso anno dalla Renault assieme ai cinesi della Geely – altro che dazi europei –, con uno scopo sociale ben preciso: progettare e produrre motori endotermici, a benzina e diesel, da vendere a tutti i costruttori”. Stai a vedere che adesso le nostre auto, non più prodotte in Italia, avranno pure dei propulsori arabi…
L’azienda che investe sul fallimento europeo non è certo l’ultima arrivata. Secondo quanto scritto da Fabio Dragoni su La Verità, “Saudi Aramco nel 2023 ha macinato utili per 230 miliardi di dollari. Quasi quanto il Pil dell’intera Grecia. Su un fatturato di 490 miliardi. Più del reddito delle Filippine. Quasi il 50% dei ricavi. Una vera gallina dalle uova d’oro”. Anzi, tanto per mettere le cose in chiaro, secondo quanto dichiarato dal Financial Times, si tratta della “più grande compagnia petrolifera del mondo”, e questa avrebbe individuato “un’opportunità di business nell’ascesa delle auto elettriche” (fonte Libero). Insomma, mentre noi continuiamo a sbattere la testa contro il muro, e a piangere, c’è chi se la ride alle nostre spalle, e guadagna sui nostri pianti. “L’Aramco – riporta ancora una volta Barbieri – ha investito 740 milioni di euro per rilevate il 5% del capitale di Horse Powertrain dalla Renault e un altro 5% dalla Geely”. Insomma, tanto per farla breve, i sauditi scommettono sul fallimento del Green Deal; e, a guardare i numeri del mercato, sembrerebbe una scommessa vinta in partenza. Tant’è che Yasser Mufti, vicepresidente operativo di Aramco, ha affermato al Financial che “sarà incredibilmente costoso fare a meno dei motori a combustione interna” e ha pure pronosticato che “anche nel 2050, quando dovrebbe essere completata la conversione ai motori a emissioni zero, più della metà di tutte le auto in circolazione funzioneranno ancora con propulsori alimentati ‘con qualche tipo di carburante’” (fonte Libero). Infine, attualmente la capacità produttiva della Horse Powertrain è di circa 3,2 milioni di propulsori l’anno, con l’obiettivo di arrivare a cinque milioni annui. E mentre in Arabia le ambizioni si fanno importanti, qui l’intenzione sembra essere quella di isolarsi dal resto del globo. “Nel mondo – il commento di Philippe Houchois (analista di Jefferies) riportato da Attilio Barbieri – solo l’Europa vuole uccidere i motori a combustione interna. Né i cinesi né gli americani stanno andando in questa direzione”. Ah, ultimo dettaglio offerto da Libero: “I clienti della società che ha accolto i capitali sauditi saranno soprattutto europei”. Ma dove finiremo?