In una recente intervista il Ministro delle Imprese e del Made in Italy ha risposto ad alcune domande sulla filiera automotive, a partire dal problema della conversione ai modelli sostenibili e della scadenza prevista dall’Unione Europea del 2035. I dubbi sono molti soprattutto in questo periodo di crisi energetica. Ma il 2035 non è l’unica data a preoccupare. Il sistema di incentivi di questi ultimi anni, infatti, durerà fino al 2025. Partendo dal problema del parco circolante più vetusto tra i Major Markets europei, Urso ha voluto rassicurare sostenendo che il rinnovo degli ecoincentivi, che hanno tra gli obiettivi quello di sostituire con auto più nuove gli attuali veicoli più vecchi di 10 anni, dovrà essere previsto anche dopo il 2025. Il riferimento è anche a quelle misure adottate per «sostenere i produttori nazionali durante il periodo Covid» sul fronte della vendita di «vetture ad alimentazioni diesel, benzina, Gpl e ibride e di cui una quota parte, pari al 20% del mercato nazionale, è prodotta in Italia». Sono queste, le vetture di fascia compresa tra 61 e 135 grammi a chilometri di CO2, le più vendute in Italia e i fondi per il 2022, pari a 170milioni, sono andati esauriti in appena due settimane. Anche qui Urso garantisce attenzione e monitoraggio della domanda di mercato.
Arriva anche una puntualizzazione sui fondi per scooter e moto con motore termini e omologazione Euro 5, 10milioni per il 2022, 5 per il 2023 e ancora 5 per il 2024: «Sono solo una parte delle risorse complessivamente messe a disposizione per questa categoria di veicoli. La maggior parte delle risorse […] sono state destinante a supporto del mercato dei veicoli elettrici». Un settore che, come sappiamo, è ancora poco sviluppato in Italia. Proprio riguardo all’elettrico e alle altre fonti di energia rinnovabile utilizzabili nella filiera automotive, il Ministro ricorda che da questo novembre sarà possibile presentare delle istanze per accedere ai fondi previsti per il supporto alla ricerca e allo sviluppo, utili alla riconversione industriale. Le cifre di cui parla Urso sono 225milioni per Accordi di innovazione e 525milioni per Contratti di sviluppo. La cifra destinata da qui al 2030 è invece di 6,75miliardi. «È mia intenzione avere un colloquio costante con tutti gli operatori del settore riattivando il tavolo automotive, consapevole dell’importanza della filiera per l’economia italiana».
Due novità che si muovono nella direzione di un ampliamento del mercato made in Italy di auto elettriche riguardano l’apertura della fabbrica Stellantis a Termoli e della Italvolt a Scarmagno. Per queste aziende è previsto un impegno pubblico che nel caso della Stellantis tocca i 370milioni a fronte di un investimento di 2,3miliardi. La spiegazione è chiara per Urso e riguarda non solo l’autonomia nazionale nella produzione di celle/batterie e componenti per le BEV, ma anche le possibili ricadute sociali: «Porterebbero all’assunzione di circa 5mila dipendenti». Problema, quest’ultimo, sollevato a primavera dalla Federmeccanica e dai sindacati dei metalmeccanici, che stimano una possibile perdita in Italia di ben 70mila posti di lavoro. Ancora una volta, l’intervento pubblico dovrà stimolare le industria della filiera affinché «si riconvertano e diventino competitive nelle nuove tecnologie caratteristiche del futuro paradigma automotive: penso all’elettrico, alla guida autonoma, all’idrogeno». E arriva la fatidica domanda: la scadenza al 2035 che sancisce lo stop alla vendita di auto termiche sembra non agevolare il mercato italiano. In questo periodo, inoltre, sembra che l’Europa possa fare un passo indietro su questo fronte. Urso conclude sostenendo che il governo italiano farà sentire la propria voce e metterà sul tavolo europeo gli interrogativi di natura sociale ed economici figli di queste scelte. «In un contesto in cui si fa fatica già oggi a soddisfare la domanda energetica occorre chiedersi se abbia ancora senso perseguire l’obiettivo del 2035 così come è scritto, o se piuttosto si debba lavorare a una sua modifica, come previsto attualmente».