L'Italia della legge Basaglia, l'Italia dell'incidente ferroviario di Murazze di Vado, l'Italia dell'assassinio di Peppino Impastato, l'Italia della legge sull'aborto, un paese come l'Angelus Novus (di Klee) bloccato tra l'eredità pesante del passato come la Democrazia Cristiana, il Comunismo e i nostalgici del Fascismo e la spinta verso un progresso sociale. Questa è l'Italia del '78, l'Italia che ha ucciso Aldo Moro e che solo tre anni prima consegnava nel bagagliaio della Storia, in una FIAT 127, Donatella Colasanti e il 9 maggio del 1978 sempre in un bagagliaio, ma di in una Renault 4 rossa, dopo 55 giorni di sequestro delle Brigate Rosse il Presidente della DC Aldo Moro.
Marco Bellocchio ci ha sequestrati tutti quanti qui a Cannes, per più di cinque ore in sala per offrirci nella sua serie, “Esterno Notte”, la via crucis di Aldo Moro. “Sembrano le stazioni della via crucis”, mi ha fatto notare un amico durante la pausa, ma qui non sono quattordici ma sei densi tableaux. Partiamo con Aldo Moro negli ultimi giorni prima del suo rapimento in Via Fani per passare a Francesco Cossiga, a Paolo VI, Adriana Faranda, Eleonora Moro e infine di nuovo lui, il Presidente, quella persona e mai personaggio (come quasi tutti i politici) mite, affabile, riservata, calma e piacevole come una brezza primaverile anche quando insegna diritto ai suoi studenti, anche quando viene interrotto durante la lezione dalle Brigate Rosse o quando, rinchiuso in un cubicolo da loro, si fa prendere dalla grafomania mantenendo una insostenibile umanità e una flemma commovente. Perché i suoi nemici non sono gli aspiranti rivoluzionari, gli annoiati, i puerili alla Valerio Morucci, ma i figliocci come Cossiga, gli amici come Paolo VI o i colleghi come Giulio Andreotti.
Bisogna pensare a Cristo abbandonato, bisogna pensare al silenzio di Dio e a “permettere la propria crocifissione” quando si pensa ad Aldo Moro. Paolo VI (Toni Servillo) come Pietro rinnega l'amico rapito, “non ha avuto coraggio”, per citare Eleonora Moro nel suo appello ai brigatisti, si piega al potere che ha il volto kafkiano e granitico di Andreotti o agli “amici americani” a cui si affida “ingenuamente” Cossiga. “Esterno Notte” è un dito medio alla storia d'Italia e, al contempo, consegna al pubblico la Storia lasciando che sia un tribunale invisibile a giudicare chi ha le mani sporche di sangue. Tutta Italia, e di tappa in tappa del martirio scopriamo che sono tutti colpevoli di avere offerto l'agnello sacrificale per poi avere qualcuno su cui piangere, un martire rappresentativo degli Anni di Piombo. Qualcuno, prima o poi, dovrà fermarsi in questa “corsa all'olocausto” per contare le vittime, e quel qualcuno è il pubblico a cui Bellocchio offre generosamente “Esterno Notte” con una cura estetica e storica di rara maestria. Derrida scriveva: “Gli occhi sono fatti soltanto per vedere o prima di tutto per piangere?”. Io credo che “Esterno Notte” sia un cortocircuito tra le due cose, tra la riproduzione cinematografica e la realtà, tra la vista e la lacrima da cui nasce l'immagine, l'istantanea sulla guerra civile che ha creato una crepa insanabile in Italia, non solo generazionale ma in primis umana. Fabrizio Gifuni dà il volto umano troppo umano di Moro ed è impossibile non creare un legame emotivo con lui. La prima parte dell'opera è uscita in Italia il 18 maggio, e a breve sarà in televisione. In questo presente distopico con la guerra Russa-Ucraina, una classe dirigente imbarazzante e noialtri che ci infliggiamo le peggiori torture emotive nella banda larga negando l'esistenza dei sentimenti, diventando negazionisti della sofferenza altrui, negazionisti della Storia e della Scienza (e gli ultimi due anni lo dimostrano), in queste prove generali dell'Apocalisse che viviamo ogni giorno, vedere “Esterno Notte” (dovrebbe essere obbligatoria la visione nelle scuole) è riappropriarsi di noi stessi e della memoria di cui ci priviamo e che viene smantellata giorno dopo giorno. Purtroppo, al di là del lavoro immenso di Marco Bellocchio, temo che, parafrasando Edmund Burke, la gloria dell'Italia giaccia estinta per sempre, abbandonata e morta in una bagagliaio anonimo.