Dopo un lavoro durato anni sul fascismo, valsogli in ambiente letterario anche un premio Strega per il primo libro di una trilogia su Mussoli, M. Il figlio del secolo, il professor Antonio Scurati licenzia un libercolo di modesta mole (neanche cento pagine) sempre per Bompiani, Fascismo e populismo. Mussolini oggi, in cui si recupera una sua lezione – non in uno dei suoi corsi, perché Scurati è docente di Letteratura comparata e non di Storia – sul tema dell’attualità del fascismo. La tesi è abbastanza chiara fin da subito: “Osservo, però, insieme a tantissimi altri, da alcuni anni, anche ben prima che la vicenda politica italiana conducesse un partito postfascista a governare il Paese, delinearsi all’orizzonte del nostro presente un nuovo pericolo per la qualità della democrazia. Ribadisco: si tratta di una minaccia per la qualità della vita democratica, non per la sua sopravvivenza. Un pericolo che proviene da quella vasta area di partiti e movimenti di massa, con un seguito quindi molto numeroso, non minoritario e talvolta addirittura maggioritario, che noi convenzionalmente chiamiamo ‘populisti’ e ‘sovranisti’. Ed è qui, io credo, che va rintracciata anche la linea di discendenza tra il fascismo storico e la politica odierna. Non si tratta affatto di una linea diretta, bensì di una linea tortuosa, a scorrimento carsico, che per decenni avanza sommersa per poi riemergere, una discendenza in molti casi illegittima, nel senso che non autorizza il riconoscimento certo ed esplicito di Mussolini come padre”. La tesi non è completamente nuova.
Ci sono molti libri che hanno tentato, soprattutto attraverso una cultura marxista, di sovrainterpretare il fenomeno storico del fascismo. C’è chi lo ha fatto eliminando dalla definizione di fascismo qualsiasi riferimento al Ventennio, rendendo il fascismo eterno per natura, proprio perché non dotato di nessuna quintessenza (Umberto Eco), e c’è chi lo ha legato alla rinascita delle ideologie identitarie e del populismo, ma anche allo strapotere del neoliberismo (Franco Bifo Berardi). Tutti, Scurati compreso, sono d’accordo nel sostenere che i populismi siano gli eredi, persino più dei movimenti dichiaratamente neofascisti ma senza grande consenso elettorale (Casapound, Forza Nuova e così via), di quella cosa chiamata fascismo. A differenza di Bifo ed Eco, però, Scurati non parla di “fascismo generico” o “globale”, scollegato dalla sua origine storica, ma proprio di quell’ideologia che ha preso vita e si è realizzata con Benito Mussolini e che oggi può essere rintracciata, per come fu storicamente, nei movimenti di destra al governo. A tutti, però, risponde Emilio Gentile.
Se avete poco tempo e volete leggere un libro sul fascismo storico, non prendete il nuovo pamphlet di Scurati, comunque interessante, ma Il fascismo in tre capitoli (Laterza, 2004; ma ristampato per la quattordicesima volta proprio quest’anno). Gentile è forse lo storico del fascismo più importante della nostra epoca. Idealmente l’erede di Renzo De Felice, insieme a Giovanni Sabbatucci. Se poi vi piace e avete molto tempo, potete comprare la recente e corposa Storia del fascismo (Laterza, 2023), dieci volte più lunga del primo titolo. L’obiettivo del lavoro di Gentile, che in questo senso ha dettato il futuro degli studi su questo fenomeno, tanto da essere ormai citato senza virgolette, come se la sua terminologia tecnica fosse patrimonio consolidato della disciplina, è sempre stato quello di tornare ai fatti del fascismo, alla sua storia, imprevedibile, mai scontata, che nessuno – neanche i protagonisti – aveva previsto. E per farlo bisogna allontanarsi da quelle letture che vorrebbero attualizzare il fascismo e vederlo più o meno ovunque, da Trump a Salvini. I suoi tre brevi capitoli, in cui fa una sintesi di molti altri suoi lavori, servono per spiegare perché sia importante tornare a quella storia per evitare di etichettare qualsiasi posizione come fascista.
Il postfascismo di cui parla Scurati (Fratelli d’Italia sarebbe postfascista), ugualmente, vuol dire troppo poco e allo stesso tempo troppo. Troppo poco perché quasi tutta la storia politica italiana è postfascista; troppo perché caratterizza in modo già negativo (quale democratico sentendo il termine “fascismo” non si preoccupa?) movimenti e partiti al potere che fascisti non sono. E persino il fatto di non essersi mai dichiaratamente separati da quegli scomodi avi, come sottolinea Scurati, è falso. La svolta di Fiuggi è esattamente questo (tanto che Gianfranco Fini definì il fascismo il “male assoluto”). Non solo Gentile lo ha già spiegato in diversi interventi televisivi facilmente reperibili, ma lo ha anche dimostrato nei suoi libri. Soprattutto in un breve volume dedicato proprio a questo tema, Chi è fascista (Laterza, 2019): “Intanto, torno a ricordarti che non è la prima volta che in Italia viene lanciato l’allarme per un ritorno del fascismo, applicando l’etichetta di fascista a persone, movimenti e governi che non manifestano alcun richiamo alle idee, ai metodi e alle organizzazioni del fascismo. Questo è accaduto spesso nei settanta anni dell’Italia repubblicana”, si pensi alle accuse a De Gasperi. Poi continua: “E vorrei mettere però subito in chiaro che il mio scetticismo nei confronti dei continui allarmi per il pericolo fascista, specialmente oggi, non deriva da indifferenza o da insensibilità verso l’ansia e l’angoscia delle persone che tali allarmi lanciano”. Perché la democrazia ha creato i suoi mostri e può dirsi in pericolo, ma non per un ritorno del fascismo. Anzi, il rischio è che, “interpretando la realtà attraverso categorie generiche e anacronistiche, non sappiamo riconoscere i pericoli reali. E il pericolo reale, oggi, non è il fascismo, ma la scissione fra il metodo e l’ideale democratico, operata in una democrazia recitativa”, cioè quella democrazia formalmente tale (andiamo a votare), ma quasi esclusivamente rituale. Un teatro.