Oggi torniamo sull'inchiesta del teatro San Carlo e soprattutto sulla figura centrale di Maria Pia Gaeta (di cui vi abbiamo parlato qui), attualmente la responsabile delle Risorse Umane del Teatro San Carlo, nonché Responsabile per la trasparenza e per la prevenzione della corruzione. Già così, almeno secondo noi di MOW, qualcosa non torna. Come può una figura chiamata in piena pandemia, con un contratto fiduciario e ben retribuito, essere oggi incaricata proprio di vigilare su trasparenza e anticorruzione? Ci siamo fatti qualche domanda e abbiamo provato a chiederle chiarimenti. Anche perché quella nomina, insieme a quella di Emmanuela Spedaliere come Direttrice generale, porta la stessa firma e la stessa data: 1° aprile 2020. Siamo in pieno lockdown da Covid. Il Teatro San Carlo, come molte istituzioni culturali, si trova in difficoltà. E infatti, un anno dopo, 320 dipendenti vengono messi in cassa integrazione. Lo Stato copre l’80% dei loro stipendi. Ma proprio nel momento in cui si chiedono sacrifici ai lavoratori, il sovrintendente Stéphane Lissner affida due incarichi di vertice: a Spedaliere, che passa da uno stipendio da 80mila euro a uno da 150mila euro, e a Gaeta, a cui va un contratto da 83.618 euro lordi annui. Due nomine, due aumenti di stipendio. Tutto deciso dal sovrintendente, senza passaggi formali nel Consiglio di Indirizzo.

E allora ci siamo chiesti: è davvero tutto legittimo? Secondo lo Statuto della Fondazione, il ruolo di Direttrice generale non esiste. Non era mai esistito prima nella storia della Fondazione. Lo ha inventato proprio Lissner, per attribuirlo a Spedaliere. Una scelta che nel 2023 viene contestata dal consigliere Riccardo Realfonzo, che interviene in Consiglio di Indirizzo chiedendo spiegazioni e segnalando la questione anche alla Corte dei Conti. Ma l’iter si blocca prima ancora che possa iniziare: Antonio Parente, Direttore generale spettacolo del Ministero della Cultura, sostiene che il Consiglio fosse già informato della nomina e che quindi non ci siano irregolarità. La questione viene archiviata. Nel frattempo, però, gli stipendi di vertice crescono. Mentre i lavoratori vengono sospesi o messi in cassa.
E mentre quei ruoli, nati senza bando, diventano centrali nella governance del San Carlo. Poi, nel 2023, un altro passaggio chiave: Lissner assume a chiamata diretta Michele Sorrentino Mangini, figlio di Emmanuela Spedaliere, come Direttore artistico delle Officine San Carlo. Anche in questo caso nessun concorso. Il contratto copre il biennio 2023-2025 ma, prima ancora di lasciare l’incarico, Lissner lo proroga fino al 2027. Una scelta discutibile, soprattutto perché, secondo “Il Mattino”, la stessa Spedaliere sarebbe tra i nomi favoriti per succedergli come Sovrintendente. Se così fosse, si troverebbe a gestire un contratto firmato da lei madre per suo figlio. In un contesto dove i profili di incompatibilità diventerebbero impossibili da ignorare.

Contattata da Stylo24, Spedaliere ha dichiarato che “il Sovrintendente è l’unico organo di gestione della Fondazione. Sarà il nuovo incaricato a valutare l’opportunità di riconfermare o meno tutti gli incarichi”. Una frase che oggi, se dovesse davvero essere lei a succedere a Lissner, rischia di essere un boomerang. Noi di MOW, a questo punto, abbiamo voluto approfondire soprattutto il ruolo di Maria Pia Gaeta. Non solo perché è la persona che oggi dovrebbe garantire trasparenza e integrità dentro una Fondazione pubblica, ma anche perché la sua nomina, come quella della Spedaliere, è arrivata in piena emergenza Covid, nel momento in cui si si attivava la cassa integrazione per centinaia di dipendenti. Abbiamo provato a contattarla e le abbiamo posto alcune domande.
Le avremmo voluto chiedere, ad esempio, se fosse consapevole che il suo incarico fosse arrivato mentre la Fondazione versava in condizioni economiche precarie. Se considerasse legittimo quel contratto da oltre 83mila euro all’anno, conferito senza selezione, durante una crisi. E ancora: le avremmo voluto chiedere conto del suo ruolo attuale, alla luce del Decreto legislativo 33/2013 e del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), che richiedono per i Responsabili anticorruzione competenze giuridiche e tecniche documentate. Non serve necessariamente una laurea, è vero, ma avere delle competenze adeguate sì. E allora sorge spontaneo domandarsi: davvero la Fondazione San Carlo non aveva a disposizione figure con titoli accademici di alto profilo con le caratteristiche fortemente consigliate per un incarico così delicato?

Abbiamo chiesto tutto questo. Ma l’atteggiamento è stato di chiusura: “Io non sono tenuta a rispondere a queste domande. Tutto quello che doveva essere reso pubblico è stato pubblicato in amministrazione trasparente. Io non devo fornire a lei queste informazioni, non sono proprio tenuta”. Quando le abbiamo fatto notare che si trattava solo di esercitare un diritto di replica, ha chiuso la conversazione: “Non vorrei proprio avere questo tipo di conversazione. Si rivolga a chi le può togliere questi dubbi. Sicuramente non può chiamare l'interessata e fare delle domande. Tra l'altro, prima scrivete sui giornali e poi chiedete, non so se è corretto. Ma voi siete liberi di scrivere quello che volete, e io sono anche libera di non rispondervi. Però adesso vorrei chiudere questa conversazione”. Noi, però, continuiamo a fare domande. Perché ci sono ancora molti punti oscuri. Perché nessuno ha ancora spiegato perché sia stato necessario inventare due incarichi nuovi nel bel mezzo di una pandemia. Perché nessuno ha ancora chiarito quali siano i requisiti di trasparenza e competenza richiesti per guidare le risorse umane di una delle fondazioni culturali più importanti d’Italia.