La reunion degli Oasis è arrivata un po’ per caso, come quel regalo che hai chiesto per anni, e non hai mai ricevuto, per poi trovarlo inaspettatamente sotto l’albero di Natale quando ormai ti eri quasi dimenticato della sua esistenza. Difficile dimenticarsi di Noel e Liam Gallagher, sia che siate cresciuti con la loro musica, sia che li abbia scoperti dopo che si sono, tristemente, sciolti nel lontanissimo 2009. Sembrano passati secoli. Di cose, in questi 15 anni, ne sono successe. Abbiamo affrontato una pandemia, visto cambiare le nostre vite, siamo cresciuti. E gli Oasis, per qualcuno, hanno fatto parte di tutto il processo di crescita e cambiamenti. Per questo, ma anche per tanti motivi, non stupisce che la reunion degli Oasis sia già un successo. Biglietti sold out, nonostante il dynamic pricing, articoli e commenti. C’è chi grida al miracolo. Ma c’è anche qualcuno a cui non frega un caz*o del ritorno dei fratelli Gallagher. Tanto se le daranno, un po’ com’è successo da Perry Farrell e Dave Navarro dei Jane’s Addiction. Le cose belle sono sempre destinate a rovinarsi per stronza*e. O forse questa volta i fratelli Gallagher riusciranno a non insultarsi e non chiamarsi “potato”. Andranno d’amore e d’accordo, riusciranno a chiudere questo tour nel Regno Unito, e magari ci faranno sognare ancora, annunciando un tour europeo o mondiale.
Intanto, per tutti i fan degli Oasis ieri è tornato al cinema, per un’unica data evento, “Supersonic”, docufilm del 2016 diretto da Mat Whitecross, una vera e propria icona quando si parla di film e videoclip musicali. Forse il nome del regista inglese non vi dirà nulla, ma c’è lui dietro alcuni dei video più famosi dei Coldplay, tra cui “Every Teardrop is a Waterfall”, “Paradise” e “A Sky Full of Stars”. Tornando a “Supersonic”, il docufilm racconta la scalata al successo degli Oasis, tra filmati di repertorio, immagini dai loro concerti più celebri e grafiche che piacciono tanto a chi a bisogno che i documentari siano super dinamici per non addormentarsi. Non è un caso che il documentario prenda nome dal singolo di debutto degli Oasis. Con questo lungometraggio si prova, riuscendoci, a porre l’accento sull’ascesa della band di Manchester, e su quanto i due fratelli Gallagher fossero indissolubilmente legati dall’amore per la musica. Un amore che, però, nel corso del tempo è stato intaccato dai soldi, dalle donne, dalla fama.
In questo documentario c’è tutto quello che è davvero importante per raccontare la storia degli Oasis: l’amore per la musica, il desiderio di emergere dal quartiere popolare di Burnage, a Manchester, per arrivare ad essere quasi “cittadini del mondo”. C’è il successo dell’iconico “(What’s the Story) Morning Glory?” e l’ancor più iconico live a Knebworth nell’agosto 1996. Soprattutto, ci sono Liam e Noel Gallagher insieme, giovani, felici, come non li vediamo da 15 anni, e come speriamo di rivederli durante le date inglesi. Ci sono anche episodi controversi e interviste inedite, per raccontare non solo il bello, che c’è sicuramente stato, ma anche il brutto. Per proporre su pellicola una storia che, inevitabilmente, ha avuto luci ed ombre. Se vi siete persi il ritorno di questo documentario, non fatene un dramma. Il motivo è semplice: potete trovarlo su YouTube. È lì, in versione integrale, con sottotitoli in inglese, che aspetta di essere visto. Certo, è strano che nessuno sia sia ancora accorto che sia lì. Ma faremo finta di niente.