C’è una frase del post che ha dato inizio a tutta la discussione che mi ha colpito: “Una fiera da boicottare, del resto lo si sa da tempo”. Il post (è del poeta Demetrio Marra) lo trovate qui. Lasciamo di parte l’interpretazione e quello che Marra voleva dire, e proviamo a entrare nel merito con una domanda: il caso Caffo è l’unico problema della fiera romana? Sappiamo che non è così e ve ne abbiamo parlato: i piccoli e medi editori si stanno rivoltando e hanno scelto di non partecipare, quest’anno come in passato, alla kermesse libresca. La maggior parte degli scrittori che hanno scelto di scaricare il Festival lo hanno fatto dopo la polemica su Caffo, quindi per motivi di posizionamento e trend. Zerocalcare in versione Ecce Bombo (mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, a firmare copie, o se non vengo per niente?) con abile supercazzola si tira indietro senza tirarsi troppo indietro. Altri rinunciano dopo aver scoperto dell’affaire, mentre prima, stando alla loro bussola morale, andava tutto bene. C’è un però. Questa fiera, dedicata alla piccola e media editoria, cioè l’editoria indipendente, ospita da anni, e quest’anno è un particolare da tenere a mente, uno spazio interamente dedicato a La Repubblica, l’Arena Repubblica-Robinson.
Ora, Repubblica (o Robinson, il periodico culturale del quotidiano) non è tra i fondatori (la fiera è dell’Aie, l’associazione italiana editori), non è tra i sostenitori (i sostenitori sono Centro per il libro e la lettura, la Regione Lazio, il Comune di Roma, la Camera di Commercio di Roma, il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale – ? –), non è Main Media Partner (che è Rai) né Media Partner (è Giornale della Libreria). Allora perché uno dei quotidiani più potenti di Italia ha uno stand dedicato non solo a grandi autori e autrici ma alle “firme del nostro giornale” come detto nel post promozionale di Robinson-Repubblica? Non è la fiera dell’editoria indipendente? Cosa c’entra un giornale del gruppo Gedi (ex Elkann)? Facciamo un altro step, non è solo polemica, nonostante molti altri giornali abbiamo dimostrato nel tempo un interesse verso la piccola e media editoria uguale o maggiore a Repubblica (penso al Giornale, al Foglio, per restare sui quotidiani cartacei; e penso a MOW). Lo step da fare è questo. Vi ricordate perché Elkann ha rinunciato alla presidenza del gruppo Gedi e perché il direttore Maurizio Molinari si dimise? C’entravano articoli commerciali vicini all’impero Elkann, ma non dichiarati come pubblicità sponsorizzata, l’ingerenza del presidente sulla redazione e la connivenza, almeno stando ai giornalisti che hanno organizzato gli scioperi, di Molinari. Ora Repubblica non è più sotto Elkann direttamente, ma sotto un suo fedelissimo, Maurizio Scanavino (vi piace il gioco delle tre carte?).
Ora spieghiamolo meglio: quest’anno Più Libri Più Liberi ha confermato uno spazio interamente gestito da un giornale che nell’ultimo anno è diventato famoso perché molti dei giornalisti hanno di fatto denunciato la poca indipendenza della redazione dall’editore, un colosso italiano. Su questo gli scrittori non avevano nulla da dire? E non si creda che Repubblica non faccia parte di quel “sistema Cultura” amichettista e tribale, lo stesso che ha reso il caso Caffo veramente importante (e vi abbiamo spiegato qui perché tutto questo ha che fare con la libertà, che non c’è). Anche perché Chiara Valerio stessa, la curatrice di questa edizione, scrive per Repubblica. Per altro Maurizio Molinari, il direttore contro cui molti giornalisti hanno scioperato denunciando l’ingerenza dell’editoria nelle attività della redazione da lui gestita, sarà ospite dello stand per parlare di Trump e Putin insieme all’europarlamentare del Pd Pina Picierno. Forse sono entrambe battaglie simboliche, quella contro il cattivo gusto di invitare nell’edizione dedicata a Giulia Cecchettin un autore a processo per maltrattamenti e lesioni, e quella di chi non riesce a tenere insieme il concetto di editoria (e cultura) indipendente e l’influenza di un quotidiano di un gruppo editoriale egemone. Chissà perché per la prima, però, si siano trovati molti più proseliti.