Nell'attuale panorama musicale globale poche figure riescono a incarnare l’evoluzione delle tendenze come Bruno Mars. Con il nuovo tormentone “APT”, in collaborazione con Rosé (ex membro delle Blackpink), l’artista hawaiano si spinge ancora oltre, flirtando apertamente con il K-Pop e un universo di contaminazioni sonore. Una scelta che arriva anche dopo un'esperienza carioca che segue un filo comune. Ma cosa si cela dietro questa sigla accattivante? Perché sta già facendo parlare di sé in ogni angolo del web? Il significato preciso di "APT" è volontariamente avvolto in una specie di mistero. Potrebbe stare per "Aesthetic Pop Track" ma non è così. È l'abbreviazione della parola "apartament", in coreano 아파트. In realtà fa rifetimento al "gioco dell'appartamento", un drinking game che i giovani fanno nelle loro case alle feste con le mani, un bicchierino e una bevanda (alcolica). Ma in cosa consiste? In questo gioco, molto popolare nella cultura coreana, viene simulata la costruzione di un "edificio" con le mani. A turno i partecipanti devono dire un numero e le mani vengono ritmicamente messa una sopra l'altra. Infine, a bere lo shot sarà la persona la cui mano si ritroverà in cima all'"edificio" quando si raggiungerà il numero di persone decise all'inizio del gioco. Diversi sono infatti i riferimenti sonori e visivi nel video musicale. Oltre all'argomento trattato, è comunque un brano che si distingue immediatamente per la sua estetica sonora. Da un lato, c’è la firma inconfondibile di Bruno Mars con quel tocco di funky moderno che strizza l’occhio agli anni ’70. Dall’altro, l’impronta del K-Pop è innegabile, complice anche la partecipazione di Rosé, con un’esplosione di beat elettronici, ritornelli orecchiabili e coreografie che sembrano uscite da un video dei Bts.
Non è una mossa casuale. Il K-Pop è ormai un fenomeno planetario e l’unione di Bruno Mars con questo stile potrebbe rappresentare un connubio perfetto per conquistare nuovi pubblici. La scelta del cantante riflette una strategia già adottata da artisti come Dua Lipa e The Weeknd, che hanno collaborato con star asiatiche per ampliare la propria audience. Ma Bruno fa uno step successivo: non si limita a ospitare influenze, le integra nel suo stesso Dna artistico. Dietro "APT" infatti non sembra esserci solo una canzone, ma un vero e proprio progetto multimediale che parte da un giochino popolare tra i ragazzi coreani e arriva ai giorni nostri. Un videoclip studiato con Rosé, già Ambassador per Yves Saint Laurent e Tiffany & co, un’estetica curata al millimetro, tipica della scuola K-Pop. E poi ci sono Instagram e TikTok. L’hashtag #APT sta già esplodendo, con milioni di giovani che imitano le coreografie e lanciano sfide virali. È un esempio di come Bruno Mars sappia leggere i tempi, abbracciando piattaforme digitali per rendere la sua musica un’esperienza condivisa. Ma "APT" non si ferma al fenomeno K-Pop. Il brano mescola anche accenti latini e influenze hip-hop, creando una sintesi che si rivolge a una platea globale. Questo approccio riflette la visione di Mars: fare musica che parli a tutti, indipendentemente dalla provenienza. Nei testi si scorgono accenni a temi di libertà creativa, un messaggio che risuona forte tra le nuove generazioni. Dietro al suo successo c’è anche una strategia di marketing impeccabile con la collaborazione di brand asiatici e non di moda e tecnologia che rafforzano l’idea che "APT" non sia solo una canzone, ma un vero fenomeno culturale in divenire.