Il Festival di Sanremo è un buco nero di emozioni, interviste, eventi, pressione e stress, ok, ma questa volta i Modà hanno deciso di affrontarlo in un modo diverso. “Rispetto alle altre volte, abbiamo preso una casa un po’ fuori dal caos. La città è frenetica, gli hotel in centro hanno camere minuscole e, diciamocelo, alcuni sembrano rimasti agli anni ’80. L’ultima volta che ci sono stato, c’erano ancora i pantaloni di Al Bano e un reggiseno di Romina in camera!”, scherza Kekko. Stare lontani dall'ombelico del Festival ha portato un senso di tranquillità: “Anche solo uscire a fumare una sigaretta in centro diventa impossibile. A casa, invece, ho portato mia mamma, mio papà, i cagnolini… Abbiamo un giardino, la sera ceniamo insieme. Sembra quasi di essere a casa”, perché i Modà non sono solo una band sul palco, ma una vera e propria famiglia. Per anni, dopo ogni tournée, trascorrevano le vacanze insieme, con mogli, compagne e figli. “Prenotavamo sempre nello stesso villaggio. Quindi sì, siamo una band anche nella vita”. Dietro il ritorno a Sanremo c’è molto di più di una semplice voglia di competere. È stata una necessità, un modo per reagire. “Abbiamo deciso di tornare per darci una svegliata. La colpa delle pause della band è sempre stata mia: sono il più fragile, ho avuto crisi più violente. Ma ho accanto delle rocce che, con pazienza, riescono sempre a tirarmi fuori. Quando a luglio ho deciso di mollare di nuovo, non vedevo più un futuro. Poi, come spesso accade, si sono riallineati i pianeti: è arrivata una discografica, un'agenzia, e mi hanno detto Ok, finché non c'era niente, ti capivamo, ma ora dobbiamo riprovarci. Abbiamo pensato che l’unico modo per darci una scossa vera fosse ripartire da Sanremo. La cosa che più ci faceva paura. Ma si dice che oltre la paura ci siano le cose più belle, no? Quattro mesi fa, se mi avessero detto che saremmo tornati qui, avrei risposto: Ma figurati”. Il pezzo che i Modà portano a Sanremo, Non ti dimentico, non è nato per l’occasione. Kekko l’aveva scritto l’anno scorso e già lo aveva proposto, ma probabilmente non rientrava nei piani del Festival. “Ci credevo molto, forse ancora di più rispetto a Lasciami, perché lo sentivo più Modà. Lasciami era più intimo, meno universale. Questa canzone, invece, volevo portarla subito per non spegnere l’entusiasmo delle persone”. Il percorso dei Modà non è stato lineare. È passato attraverso momenti difficili, crisi personali e sacrifici enormi. “Nel periodo in cui ho scritto Come un pittore mia madre si era ammalata di tumore e io mi stavo ritirando dalla musica. Lei mi diceva: Dai, fai un ultimo disco. Ma io non avevo più soldi, non sapevo nemmeno come registrarlo. Ho sempre fatto l’autista nella mia vita, corriere espresso internazionale dedicato: mi davano un pacco da consegnare a Londra, io partivo solo per quello. Prima lavoravo sotto padrone, poi mi ero aperto un’agenzia con un socio, che ho mollato quando la musica ha iniziato a ingranare. Nel 2006 Scusami ha ottenuto il disco d’oro, ho guadagnato qualche soldo e ho detto: Ok, ora posso dedicarmi solo alla musica. Poi nel 2008 è uscito un disco che è andato malissimo. E quando mia madre si è ammalata e mi chiedeva di fare un altro album, io ero rimasto senza un euro. Volevo tornare a fare l’autista, ma ancora non avevo ricominciato”.
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In quel momento di crisi totale, Kekko ha preso una decisione drastica: chiudersi per un mese in cantina a scrivere. “Mi sono fatto prestare 10.000 euro dal mio migliore amico per affittare uno studio. I ragazzi suonavano gratis, ma io mi sono chiuso un mese nella taverna di casa mia a Pessano, che ora è di mia sorella. Ancora oggi, ogni tanto vado lì a recuperare energia. Sono stato un mese lì sotto, senza uscire, tranne per qualche boccata d’aria in giardino. Mia moglie Laura mi portava da mangiare. L’unico che mi veniva a trovare era Zappa, che mi ha aiutato su un paio di pezzi. In quel mese ho scritto Sono già solo, La notte, Tappeto di fragole, Salvami, Come un pittore... tutte le canzoni di Viva i romantici. Non sapevo nemmeno che sarebbe diventato un disco di diamante, che avrebbe cambiato per sempre la nostra carriera. Con quei 10.000 euro ho inciso il disco e ho iniziato a portarlo nelle case discografiche e nelle radio. Ed è lì che è successa la magia”. La canzone è diventata un inno per tantissimi bambini, ma all’inizio era un messaggio a un figlio che ancora non c’era. "Io e Laura non riuscivamo ad avere figli. Mi sono detto: Se dovessi raccontare la vita a mio figlio, cosa gli direi?. Gli racconterei le cose più belle, perché per quelle brutte c’è sempre tempo. Così è nata Come un pittore. Poi, due anni dopo, è nata mia figlia. E oggi questa canzone è diventata l’inno degli asili e delle scuole elementari. Ancora faccio fatica a crederci. La verità è che a volte la magia nasce proprio così: quando non hai la minima idea di quello che stai facendo, e poi succede qualcosa. Non ho scritto un’opera d’arte, ma spesso sono le cose più semplici a vincere”. Il cantante poi racconta un aneddoto significativo legato alla sua carriera e a una delle sue più grandi influenze musicali: Pau Donés degli Jarabe de Palo. “Nel 2000 andammo in vacanza a Palma di Mallorca, la nostra prima vacanza insieme con mia moglie. Stavamo all’Hotel Taurus Park. Un giorno decidiamo di mangiare una paella in un bar sulla spiaggia. In sottofondo c’era Luis Guerra, un artista sudamericano che mi piace. Poi, a un certo punto, parte la radio e sento una canzone incredibile: Agua di Pau Donés. Rimango folgorato. Torno in Italia e dico ai ragazzi: Ho scoperto un artista pazzesco!”. Da lì, Kekko diventa un fan accanito di Donés, fino a quando, nel 2012, il destino gli offre l’occasione di duettare con lui. “Gli mandano una mail e lui risponde: Mandatemi il pezzo, se mi piace lo canto, se no no. Lo ascolta e il giorno dopo ci fa sapere che viene in Italia per registrarlo. Per me è stata una roba fuori dal mondo! Se Pau non avesse partecipato a quel duetto, quella canzone non avrebbe avuto lo stesso successo. Lui riusciva a dare luce a tutto quello che toccava”. Quando gli chiediamo se ha ascoltato le canzoni degli altri artisti in gara, Kekko risponde secco: “Solo quelle di Olly e Brunori”. Ma i Modà sono troppo riconoscibili? “La musica è questione di coerenza: non puoi fare tutto, devi trovare la tua strada e seguirla. Noi abbiamo trovato la nostra. Quando senti una canzone dei Modà, capisci subito che è nostra, ed è questo che ci rende unici”. Kekko conclude con un pensiero sulla critica musicale, non senza evitare un accenno polemico: “Dipende sempre da come la prendi. Ho letto una recensione sul Messaggero che ci ha dato 4. Non possiamo piacere a tutti, e non vogliamo neanche. Ma quando una critica è costruttiva, può aiutare a migliorare. Io cerco sempre di fare del mio meglio. Se qualcuno caga sulle mie opere senza nemmeno averle viste, ovvio che ci rimango male”.
I Modà non nascondono un certo fastidio per alcune critiche ricevute a Sanremo 2025. Il nodo centrale? Un voto basso dato dall’Accademia della Crusca al testo della loro canzone, definendolo “incomprensibile”. Kekko Silvestre non ci sta: “Ora, io vorrei analizzare questa cosa, perché ho letto che questo è un professore universitario di letteratura. Quindi sai, anche andare a confrontarsi con una persona di una certa cultura diventa magari difficile, però mi piacerebbe mettermi seduto per capire che cosa non si capisce, perché è semplice”. Un concetto che gli sembra assurdo, considerando la natura stessa dei testi musicali: “Non è che ho scritto Imagine o One, ho scritto una canzone d’amore dei Modà”. E la differenza tra una canzone e una poesia dovrebbe essere chiara: “Lui giudica i testi come se fossero scritti per essere letti, ma fino a prova contraria una canzone è una forma distinta dalla poesia. Non significa che non possa essere poetica, ma sono due cose diverse. Se tu giudichi un romanzo come se fosse una poesia, ovviamente dirai: troppo lungo, non ha le rime. Se giudichi una poesia come un romanzo dirai: non ha la trama. Il testo di una canzone è scritto per essere coerente con la musica, altrimenti non sarebbe una canzone ma una poesia, un romanzo, un testo pubblicitario”. Non è solo questione di testi, ma anche di percezione generale del festival. Kekko esprime un senso di frustrazione per il trattamento riservato alla sua band: “Se rosico? Sì. Noi non abbiamo mai vinto Sanremo, e non è mai stato un problema. Però quando ci veniamo, ci piacerebbe partire almeno alla pari con gli altri. Invece, ogni volta dopo la prima serata ci ritroviamo al 25°, 26°, 27° posto. Poi con il televoto risaliamo all’11°, ma ormai la media è fatta e non ci arrivi più su”. Da qui il dubbio, espresso senza troppi filtri: “O sto sui coglioni a qualcuno o gli fa veramente schifo la mia musica. Va bene, ci può stare. Però se uno deve dare un voto così importante, dovrebbe misurare un po’ di cose. Perché se arrivo ultimo significa che tutti mi hanno dato zero. Ti sto sul cazzo? No. Ti fa schifo la canzone? Ok, ci sta. Perfetto. Ma almeno dammi uno!”. Un’amarezza che viene stemperata da un aneddoto raccontato in chiusura: una telefonata con Francesco Renga, che lo ha chiamato per confortarlo dopo le critiche ricevute. “Mi ha detto:Cazzo, questo qua ha scritto che il testo è incomprensibile? Doveva sentire me quando sono venuto a Sanremo a cantare Arriverà, e mi ero dimenticato le parole”. Kekko non nasconde un certo scetticismo verso i riconoscimenti ufficiali che a volte arrivano da giornalisti o esperti, rivelando che ciò che conta davvero è l'amore del pubblico. “Non dico che non sia bello ricevere un complimento o un commento positivo, però alla fine penso che sia l’amore del pubblico che fa la differenza. A volte alcune persone ricevono riconoscimenti, ma poi non arriva quella parte lì”. Tornando sul tema della critica musicale, Kekko racconta che, pur ricevendo critiche molto dure, non ha mai risposto in maniera aggressiva, e anzi, ha sempre rispettato la coerenza di certe opinioni, perchè poi si rivelano essere quasi sempre pregiudizi: “Non riuscivo a capire perché Michele (Monina), sempre critico verso di noi, adorasse Gigi D’Alessio, ma poi ho capito che è un fenomeno, un musicista incredibile”. In questo contesto, Kekko riconosce anche che la sua musica non è per tutti, e che non è un musicista eccezionale: “Non sono un grande musicista, ho studiato pianoforte ma non mi considero un esperto, né un grande sperimentatore”. Tuttavia, nonostante la consapevolezza di non appartenere ai vertici della musica, la sua coerenza e professionalità nel lavoro rimangono indiscusse. Il discorso torna poi su Sanremo, con una riflessione sul voto e sulle dinamiche di supporto tra colleghi. Un altro interlocutore racconta di non aver mai votato, ma di aver sempre apprezzato il lavoro degli altri, pur rimanendo fedele alla sua indipendenza di giudizio: “Non voglio influenzare il pubblico con il mio voto, voglio che la gente legga ciò che scrivo e decida da sé”. Questo rifiuto di entrare nel gioco delle dinamiche di voto si mescola con l’idea di non voler fare il piacione, come confermato anche da Kekko: “Non mi piace piacere a tutti, e non ho voglia di farlo”. L'intervista si conclude con una nota più personale e affettuosa, con un aneddoto su Francesco Renga e il loro rapporto di amicizia. Kekko racconta di come si siano sempre supportati a vicenda, anche attraverso battute e messaggi scherzosi. Il loro legame si consolida ulteriormente con l'idea di collaborare insieme per un futuro duetto a Sanremo: “Gli ho detto, magari ti faccio vincere la serata delle cover! Inizialmente noi avevamo in testa di fare il tango della gelosia con Braida e Solieri, i chitarristi di Vasco. Solo che Solieri non aveva capito che era Andrea Braida e siccome loro avevano avuto un po' di scazzi in passato, la cosa è saltata". Su Renga c'è anche un altro aneddoto. Kekko lo sentiva cantare male: “E quindi c'è stato un momento in cui Francesco Renga lo sentivo cantare in maniera completamente diversa. C'è qualcosa che non va, mi sono detto perché sai, ci siamo ritrovati, abbiamo fatto un duetto, gli ho scritto un brano. E lui mi ha confermato: c'è qualcosa che non va, sai, perché sto andando da questo maestro. E lì ho capito tutto”.
![Kekko sul palco](https://crm-img.stcrm.it/images/42441360/2000x/20250213-080232345-1943.jpg)
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