Gazzelle è una sorta di Ultimo per gli hipster e le ragazze indie, quelle che non hanno superato la rottura dei The Giornalisti e di Carl Brave e Franco126, “Mainstream” di Calcutta e sono ancora lì, ferme al 2015. È un cantautore che sa come parlare d’amore, di vita quotidiana, di quelle cose “banali” che attraversano le nostre giornate, a cui spesso non diamo tanta importanza. Gazzelle con il suo nuovo album “INDI” fa se stesso. Niente di più, niente di meno. Ma è “come” fa se stesso che ci interessa.
Gazzelle torna con un disco che ci ricorda che è stato tra gli artisti che hanno contribuito alla "nascita" dell’indie in Italia, o almeno di quell’indie che un po’ tutti abbiamo ascoltato fino a consumarlo (perché sì, erano indie anche Brunori nel 2009 e i Baustelle, nel 2000, ma a qualcuno piace credere che l’indie sia un'invenzione di Calcutta, per citarne uno). Lui è stato, innegabilmente, tra gli artisti che hanno seguito tutta l’evoluzione del genere e che, in un certo senso, l’ha anche visto morire, per rinascere sotto forme diverse, con volti nuovi e nuove modalità di comunicare al mondo la presa male, il cuore infranto, la rotture di coglio*i della vita. E anche con “Indi” Gazzelle riesce a riconfermare quanto detto, anche se con qualche momento cringe (lo che sei stanca / lo sono anche io / sembriano due panda / amore mio). Il cantautore romano è capace di disegnare, con parole e musica, le storture e bellezze di tutti i giorni, fatte di amici che si sposano, amori che finiscono, e tanti dubbi. Apprezzabilissimo l’intro di “Piango anche io”, ripreso fedelmente da una scena di Forrest Gump, che racchiude un po’ tutto il messaggio dell'album: “Vorrei dire qualcosa sulla vita. Ok ma come si fa a parlare della vita? È come se la farina sapesse parlare della pizza che diventerà o come se una giornata stupenda sapesse parlare della giornata tremenda in cui si trasformerà”. Ecco, proprio qui c’è l’invito di Gazzelle che dovremmo fare nostro: non possiamo sapere cosa ci riserverà neanche il secondo dopo a quello che stiamo vivendo. E che ci ricorda, soprattutto, che c’è quella terza opzione segreta a cui spesso non pensiamo: non dobbiamo pensare troppo al futuro, ma goderci nel presente quello che ci fa stare bene, finché ci rende felici, fin quando non diventa un peso.
Nel complesso, quindi, com’è davvero il nuovo album di Gazzelle? Godibile, ma non indimenticabile. Di certo, non il suo miglior disco. Dopotutto, ormai è difficilissimo che un album resti nel tempo, soprattutto se durante il corso della carriera chi lo pubblica ha già fatto uscire progetti che hanno segnato la storia di un genere. Ma ecco, ripensando alle parole di Forrest Gump: godiamocelo oggi. E se ne saremo dimenticati domani, tra un paio di giorni, magari un mese, almeno per quegli ascolti ci avrà lasciato qualcosa in un preciso momento, e andrà bene anche così.