Esplodere non è sempre distruzione. In molti casi, è liberazione, espansione, trasformazione. Questa visione di esplosione come qualcosa che non porta alla fine, ma alla creazione, è il cuore pulsante di Schegge, l'ultimo lavoro di Giorgio Poi. Dopo tre anni di attese, cambiamenti e, appunto, esplosioni personali e collettive, l’artista romano ci offre un album che sembra raccogliere tutti i frammenti della sua esperienza e ricomporli in una forma nuova, più matura e consapevole. Per comprendere appieno il significato di Schegge, è necessario fare un passo indietro e ripercorrere l’evoluzione artistica di Giorgio Poi. Il suo esordio, Fa niente (2017), aveva portato una ventata d’aria fresca nel panorama dell'itpop italiano, con sonorità lo-fi, chitarre piene di chorus, e un basso plettrato che ne costituiva il cuore pulsante. Il suo tour del 2017 è rimasto nella memoria di molti come uno dei momenti più brillanti della scena alternativa dell’epoca. Con il secondo album, Smog (2019), Giorgio Poi ha levigato il proprio stile, introducendo maggiormente i synth e aumentando la complessità degli arrangiamenti, pur mantenendo una grande attenzione al dettaglio e alla struttura melodica. Le chitarre erano sempre presenti, ma meno protagoniste. Questo processo di evoluzione continua in Gommapiuma, dove la chitarra elettrica lascia spazio a quella acustica, e la musica si fa più libera e ariosa.

Schegge rappresenta il culmine di questo percorso. Il disco è asciutto, misurato, elegante. Pur mantenendo gli stilemi del suo suono, Giorgio Poi li rielabora, li ordina e li fa crescere insieme a lui. La scrittura diventa sempre più centrale, e la musica trova una nuova forma, più compatta e riflessiva. I brani dell’album sono come schegge di un puzzle emotivo che si ricompongono pezzo dopo pezzo, fino a trovare un equilibrio. Per quanto riguarda la produzione, Schegge è un disco in cui Giorgio Poi ha suonato tutti gli strumenti, curando ogni singolo dettaglio sonoro con grande meticolosità. Il risultato è un album in cui la parte musicale e quella emotiva si fondono perfettamente. Giorgio ha gestito personalmente tutti gli aspetti della produzione, con la supervisione amichevole di Laurent Brancowitz, chitarrista dei Phoenix. Brancowitz, uno dei protagonisti della scena musicale francese degli ultimi decenni, ha sempre nutrito una profonda ammirazione per la musica del cantautore romano e ha messo a disposizione la sua esperienza per contribuire a questa creazione. In Schegge, Giorgio Poi esplora la sua crescita personale e artistica attraverso un album che riflette un profondo processo di esplosione e ricomposizione. Il disco si apre con Giochi di gambe, che, pur essendo l'ultimo pezzo scritto, diventa il perfetto punto di partenza. La canzone raccoglie frammenti di pensieri e sensazioni che l'artista ha accumulato nel corso del tempo. La sua struttura è volutamente confusa, come se raccogliesse in sé tutto il caos emotivo del percorso di creazione dell'album. La musica accompagna questo stato di incertezza, ma allo stesso tempo offre un senso di liberazione, come se ogni elemento che si frantuma alla fine trovasse una propria collocazione. La traccia successiva, Nelle tue piscine, rappresenta il tema del desiderio di rimanere nel confortevole e rassicurante, ma anche la necessità di uscire da questa zona sicura per scoprire qualcosa di più autentico. Giorgio descrive una relazione sentimentale attraverso l'immagine della piscina, che è affascinante ma che non basta a soddisfare i veri bisogni, spingendo il protagonista a cercare oltre. La canzone si muove in un equilibrio tra la sicurezza e il coraggio di avventurarsi nell'ignoto.

Tra i brani più originali e significativi del disco, Uomini contro insetti è un piccolo esperimento di caos controllato. Non ha un vero ritornello, né un tema unico: è un flusso di pensieri che si rincorrono, si scontrano e si dissolvono come se l’ascoltatore facesse zapping tra canali che trasmettono ossessioni quotidiane, paure ambientali, amori complicati e ironie taglienti. Con Non c’è vita sopra i 3000 kelvin, Giorgio affronta l'idea dei grandi amori incompleti, quei legami che, pur non riuscendo a compiersi totalmente, restano comunque travolgenti e pieni di passione. Il brano trasmette un senso di intensità e di difficoltà nel rinunciare a ciò che si ama, anche quando si capisce che manca una parte per raggiungere la pienezza. La sezione di batteria diventa un elemento centrale su cui si costruisce l’intero brano, creando una base solida su cui si ergono le emozioni più fragili. In Les jeux sont faits, Giorgio fa un passo avanti nel suo percorso emotivo. Il brano segna la fine di una fase e l'inizio di un’altra, in un contesto che non lascia spazio ai rimpianti. "I giochi sono fatti", una frase che racchiude l'inevitabilità delle scelte fatte, diventa il mantra di una traccia in cui ogni elemento sonoro è stato tagliato e raffinato con precisione. L'arrangiamento si fa essenziale, quasi minimalista, sottolineando l'idea di una decisione che non può più essere cambiata. Il cuore dell’album arriva con la traccia strumentale, Schegge. Qui, la musica diventa l’unica protagonista. Senza parole, il brano esplora la frammentazione e la ricomposizione, come se ogni strumento fosse una scheggia che, pur essendo esplosa, trova il proprio posto nell’universo sonoro del disco. La melodia è delicata ma potente, evocando l’immagine di un processo di crescita interiore che avviene in silenzio, attraverso l’accettazione delle proprie imperfezioni e dei propri pezzi sparsi. Tutta la terra finisce in mare rappresenta un altro momento di riflessione, stavolta con uno sguardo più distaccato e panoramico sulla vita. La morte, la fine di tutte le cose, è presentata come inevitabile e persino accettabile, un dato di fatto che non fa più paura. Giorgio usa questo concetto per affrontare una visione globale della vita, con un approccio che mescola malinconia e serenità. In Un aggettivo, un verbo, una parola, l'artista esplora la grammatica di un addio. Il brano è un’eccezione rispetto agli altri: scritto in un momento presente, anziché riflettere sul passato come suo solito, si concentra sul dolore del distacco e sull'incertezza del futuro. La musica si regge su un equilibrio armonico preciso, che conferisce al brano un tono intimo e malinconico, un po' fuori dagli schemi rispetto a quanto fatto finora. Infine, Delle barche e i transatlantici chiude l’album con un messaggio di fiducia e speranza. Con un ritmo lento e rilassato. Schegge è un album che riflette una crescita artistica e personale importante per Giorgio Poi. Ogni traccia racconta un passo in un viaggio di consapevolezza, tra esplosioni di emozioni e ricomposizioni di frammenti. Un’opera complessa, ma che alla fine trova la sua serenità nell’accettazione di ciò che siamo, dei pezzi sparsi che compongono la nostra esistenza.

