Secondo Kierkegaard la scelta è il modo che ha l’uomo per “appropriarsi della propria esistenza”. Eppure, per Cosimo, si tratta di uno sdoppiamento innecessario, di una fatica che preferirebbe evitare. In questo senso, Scelgo tutto di Valerio Mieli (La Nave di Teseo, 2025) potrebbe essere anche uno Scelgo niente, una rinuncia alla scelta, un abbraccio all’interno del quale si rovesciano non solo le possibilità, ma una libertà che si vede violata dal solo fatto di essere di fronte a un aut-aut. Il brutto, tuttavia, è che il gioco delle tre carte che è la vita ti costringe a scegliere e, realisticamente, Cosimo non può sottrarvisi. Abbiamo due storie, dunque, dettate da una scelta. Anche l’impaginazione salda nella mente del lettore la differenza che intercorre tra il primo e il secondo dei futuri possibili. Nessuna delle due storie è, tuttavia, un bagno termale, piatto, a bassa pressione ed eternamente possibilistica.
Al contrario: le scelte determinano fattualmente la vita di Cosimo. Non è un fatto di sfumature. Semplicemente le scelte hanno un ruolo che impedisce alle altre vie percorribili di essere più praticabili. È come se ogni scelta implicasse, decisamente, definitivamente, la crescita di un bosco alto e inaccessibile sopra tutti gli altri sentieri. Così le due storie, appunto gestite anche graficamente in modo differente, sono due opzioni parallele, inconciliabili, perfettamente simmetriche e per questo distanti. Non ci sono ponti, non c’è una forza del destino che permette di riunire strade diverse, come se tutto dovesse confluire, infine, dove la Provvidenza ha voluto.

In questo senso il romanzo di Valerio Mieli pare ricalcare un esistenzialismo sofisticato, novecentesco, che di Kierkegaard, appunto, ha tentato di fare a meno. La vita è nel modo in cui capita, ma il modo in cui capita definisce l’essenza stessa della vita, che non sarà più stessa. Nulla preesiste alla (libertà di) scelta. L’espediente, certo, non è nuovo. L’idea, pure, è fondamentale. Film, libri eccetera; di esempi ce ne sono, declinazioni diverse di un medesimo tema: la storia controfattuale, il “come sarebbe andata se”. E dunque, cosa si rincorre? Se una possibilità esclude le altre, se una vita, per Cosimo, Cosimino, vale l’altra (nessuna è migliore, infatti), cos’è che un uomo, l’uomo che non riflette sulle alternative, si perde? E cos’è dunque, che Cosimo (ma non solo Cosimo, chiunque nel romanzo) non vuole perdersi? Lo dice, con quattro parole, Mieli: “La caccia grossa con il senso”. Quale che sia la preda, il significato ultimo, fiutalo, scovalo, seguilo. E prendi bene la mira.
