L'aspetto più interessante della creatura di Sean Baker che ha trionfato al Festival di Cannes e si è aggiudicato ben cinque premi Oscar, forse non è stato ancora raccontato. Tra le palesi lotte di classe, sogni o incubi americani sul grande schermo, l'oramai inflazionata questione del corpo femminile usato come oggetto, scudo e arma, la fotografia da paura a cura di Drew Daniels e una perfetta Anora, interpretata da Mikey Madison (miglior attrice protagonista benedetta dall'Academy), c’è un tema su cui vorremmo soffermarci e di cui non parla nessuno: il rapporto di lei con gli uomini, il mondo delle sue relazioni. Anora è una sex worker che se ne frega completamente di quello che le dice la gente, la famiglia, i ragazzi. Anora non ha paura di niente, o perlomeno così pare, visto che il suo stesso passato resterà praticamente un mistero per l’intera durata del film. E in fondo va bene così, perché tutta questa vaghezza è ciò che serve allo spettatore per guardare ad Anora con gli occhi del mondo. Perché Anora non è solo Anora ma è dentro di sé tutte le donne che almeno una volta nella vita si sono sentite ingannate, tradite, prese in giro da un amore che non è mai stato reale.


Figlia di un padre sconosciuto e di una madre assente, Anora vive con la sorella in un monolocale. Una sera, grazie al russo imparato dalla nonna uzbeka, nello strip club in cui lavora le viene chiesto di intrattenere un giovane viziato e immaturo di nome Vanya (Mark Eydelshteyn), figlio di un potente oligarca. Colpito dalla ragazza, Vanya le propone di rivedersi nella villa di famiglia. Lei accetta, motivata da un misto di interesse materiale e simpatia per la sua spensieratezza ma, a poco a poco, la loro relazione fatta di rapporti sessuali a pagamento si interrompe. Il ragazzo dopo averle offerto 15.000 dollari per fingere di essere la sua fidanzata per un’intera settimana, le chiederà di diventare sua moglie. Da qui in poi, comincia la favola di una Cenerentola che sembra aver trovato il lieto fine perfetto a una vita che non sapeva da che parte stesse andando. O almeno, questo è quello che vediamo e che speriamo per lei nella prima parte del film.

*Spoiler*
Poi tutto cambia. Velocemente. Vanya impaurito dalla reazione dei genitori per la notizia del matrimonio improvvisato scappa, fugge anche dalla donna che aveva tanto voluto (o perlomeno così ci era sembrato). E se all'inizio, lei, la nostra Anora, cerca di giustificare le sue azioni anche di fronte all'evidenza, indaga e si sforza di capire il comportamento di suo marito, nonostante i commenti pungenti dei tre scagnozzi assoldati dal padre del ragazzo per farli divorziare, finisce per cedere brutalmente alla realtà dolorosa delle cose. E quando un uomo che le è sempre stato accanto le rivolge con delicatezza poche, ma preziose parole d'affetto, Anora reagisce improvvisamente, riversando su di lui tutta la rabbia e il suo grido che è fortissimo. È tutto il dolore del mondo. In questo va resa universale la storia di Anora, che è in qualche modo la storia di tutte noi. Parla a chi, almeno una volta nella vita, si è fidata ciecamente del proprio partner che si è rivelato soltanto un emerito bastardo. Anora parla a queste stesse persone che con una grande dose di delusione per degli amori marci guardano con sconforto al futuro. E si ribellano, si scontrano, non accettano e forse neppure capiscono chi invece potrebbe volersi prendere cura di loro. Ed è lì per restare.
