“La famiglia è capace di risolvere qualsiasi problema e possiamo rendere il mondo bello per chi verrà dopo”, ha detto Francis Ford Coppola in un'intervista. Per trasmettere questo messaggio sul grande schermo, il regista ha scelto l'Impero Romano, con i suoi intrighi e amori tormentati, per esplorare la complessità dei rapporti umani. Megalopolis di Francis Ford Coppola segue la storia di César Catilina (Adam Driver), un architetto visionario chiamato a ricostruire New Rome, una città devastata da un disastro epocale. Il suo progetto futuristico promette di trasformare la metropoli, ma si scontra con l’opposizione del sindaco corrotto Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito), deciso a mantenere il potere e a difendere l’ordine costituito. Julia Cicero (Nathalie Emmanuel), figlia del sindaco, si trova divisa tra l’amore per César e la lealtà verso il padre. Nel frattempo, Hamilton Crassus III (Jon Voight), lo zio miliardario di César, appoggia il progetto per interessi personali, mentre il cugino Clodio (Shia LaBeouf) è ossessionato da Julia e disposto a tutto per conquistarla. Tra manipolazioni politiche, sogni che hanno più il sapore dell'utopia, amori proibiti e tensioni sociali, il destino di New Rome è appeso a un filo. E quello dello spettatore seduto in sala?
Il dramma epico di Coppola e la New Rome che ci racconta nel suo ultimo film non ha convinto la critica. Eppure noi che abbiamo visto Megalopolis in anteprima, con non poco sconforto viste le incomprensibili recensioni negative che deflagrano su internet, convinti che il tempo che avremo speso al cinema sarebbe stato vano e la visione un atto sacrificale, possiamo dirvi invece che è un film straordinario. Si ha l'impressione che lo scopo del Maestro del cinema sia quello di regalarci in un’opera difficilissima, mastodontica, diversa da tutto quello che abbiamo conosciuto sul grande schermo, il futuro, la speranza di un domani rischiarato dalle tenebre che oggi lo strangolano.
Coppola sceglie Megalopolis per superare i mali del mondo, e in un certo senso ci riesce. Potremmo dire che il regista sovverte quel discorso che faceva Seneca intorno all’immaginazione, secondo cui: ”Spesso soffriamo di più nella mente che nella realtà stessa”. Ecco che con questo film invece, Francis fa l’operazione opposta. Tenta di fronte alla realtà, al quotidiano non quotidiano, per citare Bene, di anteporre l’immaginazione, la possibilità di un nuovo mondo, New Rome, che invece risolve la realtà e prosciuga lo sgorgare delle sofferenze. Alle domande del 2024, alla fame nera, al dolore che inghiotte noi e il mondo che ci respira addosso, Coppola ipotizza una soluzione. Sembra quasi che questo film sia nato da un interrogativo. Come se qualcuno gli avesse chiesto in un'intervista: “Maestro, lei come se lo immagina il futuro?”. E lui si fosse segnato la domanda per poi, con Megalopolis, e un nuovo modo di fare cinema, risponderci. Nel suo ultimo film coesiste il vecchio e il nuovo, l'antico e il moderno: le inquadrature anni Novanta, i palchi di un teatro sconnesso che si erigono nel vuoto (una scenografia mai vista), l’Antica Roma e poi la Nuova Roma, l’utopia di un mondo ipermoderno e iperconnesso, Apocalypse Now remastered, la cgi, la sfera Lgbtqia+. In questo casino incredibile c’è il dono di un Maestro (che si è prodotto e finanziato un film da 120 millioni di dollari) che merita di essere visto se vogliamo immaginare il futuro con gli occhi del cinema. Attraverso lo sguardo di Francis. Certo, capire Megalopolis non è semplice, perdersi è facilissimo. Addentrarsi in questa impresa colossale però ci ricorda l’emozione e la diffidenza di quell'uomo al volante, protagonista dell'ultimmo romanzo del Premio Nobel Jon Fosse, Il bagliore. Al cui interno un personaggio guida senza sapere davvero dove sta andando. E mentra cerca aiuto nel bosco, perdendosi inevitabilmente, nell’oscurità un bagliore lo sorprende. È Megalopolis.