Di Vinicio Marchioni conosciamo già la sua attenzione rivolta ai giovani. Le nuove generazioni, coscienti di cosa non sta funzionando sul nostro pianeta, annebbiate dal cambiamento climatico, dalla comunicazione ansiogena sui social, da un mondo che semplicemente sta cadendo a pezzi. E a loro, ai ragazzi, l’attore romano con le iniziative indette da Anton Art House, la sua casa di produzione teatrale e cinematografica fondata nel 2018 insieme a Milena Mancini, dedica gran parte del tempo. “Dovremmo occuparci di più dei giovani. ‘Occupare’ che significa provare ad accendere delle luci davanti a loro, lasciandogli totale libertà d'azione, totale libertà di errore, senza fargli sentire che hanno il mondo sulle spalle, perché mi sembra che di responsabilità se ne sentano e se ne assumano già moltissime”. Ed è bello sentire, anche solo per la durata di una breve intervista, che quello che ci ha raccontato Vinicio nel buio di una piccola stanza assomigli a un messaggio di speranza rivolto a chi è arrivato nel mondo dopo di lui, e guardare le sue parole trasformarsi pian piano in luce, capaci di rischiarare il futuro di qualcuno. Marchioni durante la nostra chiacchierata ci ha anche svelato qual è il più grande insegnamento di Anton Čechov da tramandare ai ragazzi, il drammaturgo che forse più di ogni altro ha accarezzato la carriera teatrale dell’attore, regista e da qualche tempo anche scrittore di successo (qui vi avevamo raccontato il suo romanzo Tre Notti). Ecco l'intervista esclusiva a Vinicio Marchioni.
Vinicio, sei alla Festa del Cinema di Roma, anche in occasione del Premio Unita, una realtà importante per il mondo dello spettacolo italiano. Oggi, a distanza di qualche anno dalla sua fondazione, qual è il traguardo più importante che senti e sentite di aver raggiunto?
Sono molteplici. Il primo quello di aver riunito nell’associazione più di 1500 attori e attrici del panorama teatrale, professionisti provenienti dal mondo audiovisivo e cinematografico. II secondo è quello di essere riusciti a entrare in dialogo anche con i vari sindacati e aver sfiorato l'approvazione della legge sulla discontinuità poi trasformatasi in un sussidio. Con Unita stiamo continuando le nostre battaglie. Ad esempio, posso dirti che siamo ai tavoli per il contratto collettivo nazionale per l’audiovisivo che non esiste ancora. C’è sicuramente tanto lavoro da fare, ma abbiamo fatto diverse cose importanti.
Anton Art House è la casa di produzione teatrale e cinematografica fondata nel 2018 da te e Milena Mancini. Qual è l'insegnamento più importante di Anton Čechov da tramandare ai giovani?
Ce ne sono tantissimi. Ma c'è un aforisma tratto da Zio Vanja che risponde perfettamente a questa domanda. “Bisogna fare”, quindi non bisogna parlare, non bisogna lamentarsi, non bisogna piangersi addosso, non bisogna recriminare, bisogna fare. Credo che agire sia l'unico mezzo che abbiamo nella vita per avvicinarci ai nostri sogni e obiettivi. Quindi forse è questo il consiglio che darei soprattutto agli attori e alle attrici più giovani. Come hai già detto tu, insieme a Milena Mancini nel 2018 abbiamo fondato Anton Art House, una realtà in cui facciamo diversi laboratori, stage, e abbiamo collaborato a svariate iniziative di Alice nella città, de La Pergola di Firenze e altro ancora. Noi diciamo sempre “fate” ai ragazzi, senza aspettare che il telefono squilli, che qualcuno vi chiami. L’importante è darsi da fare anche con cortometraggi girati con l'iPhone, attraverso spettacoli teatrali organizzati nelle cantine soltanto per i parenti. Non importa. Quello che conta è muoversi.
A proposito di Zio Vanja, c’è una citazione che mi ha colpito molto dell’opera. “I vecchi sono come i bambini, vogliono che qualcuno li compatisca, ma nessuno ha compassione dei vecchi”. Oggi dei ragazzi chi è che se ne prende cura culturalmente?
Eh, pochissimi. Si parla di tanti problemi, ma quasi mai della scuola, sembra che funzioni tutto, che vada tutto bene. Io negli ultimi due anni sto dicendo a chiunque che, anche grazie all'esperienza del romanzo che ho scritto, Tre notti, che racconta la storia di un adolescente, ogni tanto dovremmo dire ai ragazzi che sono bravissimi. Perché hanno ereditato un mondo di merda e una comunicazione ansiogena. Sui social non vediamo altro che orrore, e i più giovani vedono le stesse cose che vediamo noi ma forse le percepiscono come qualcosa di più grande avendo meno mezzi critici per analizzarle, considerata l’età (non che siano inferiori, naturalmente). Quindi credo sia importante dire a questi ragazzi e ragazze che sono bravi e brave. Anche perché spesso sono molto più coscienti di noi, di quando eravamo adolescenti. lo ad esempio non avevo idea delle risorse della terra, non avevo proprio mai sentito parlare di questo tema importantissimo. Loro invece sono coscientissimi di tutto quello che succede nel mondo, degli orrori, delle difficoltà ambientali, climatiche e via dicendo. Argomenti, temi, urgenze che in un certo senso forse noi non sospettavamo perché semplicemente il mondo in quarant’anni è cambiato. Penso che dovremmo occuparcene tutti di più delle nuove generazioni, ritornando alla tua domanda. “Occupare” che significa proprio provare ad accendere delle luci davanti a loro, lasciandogli totale libertà d'azione, totale libertà di errore, senza fargli sentire che hanno il mondo sulle spalle, perché mi sembra che di responsabilità se ne sentano e se ne assumano già moltissime.
Pensi che se ne assumano di più rispetto alle generazioni passate?
Sì. Penso che le nuove generazioni si assumano delle responsabilità enormi e che spesso sia colpa, generalizzando naturalmente, proprio di chi li ha preceduti. Ogni tanto vedo dei padri e delle madri che vengono portati per la mano dagli stessi figli. Ogni tanto noi, come generazione, dovremmo recuperare un po' di autorità e autorevolezza, perché solo l'autorità non conta nulla, e un po' di autorevolezza sicuramente sì.
Durante un incontro al Cinema Troisi, Alice Rohrwacher ha detto a Francis Ford Coppola che in passato si usava chiedere a una persona sconosciuta “a chi appartenesse” per identificarla. Qual è, invece, la domanda che tu, Vinicio Marchioni, faresti a qualcuno oggi, nel 2024, per conoscerlo meglio?
“Chi ami”?. Penso che conoscere chi si ama, dica molto di noi. Chi o che cosa si ama? Credo che domanderei questo, sì. Perché attraverso il nostro amore, le nostre passioni per le persone, per i temi, per gli ideali, si può capire molto di noi.
Dove ti vedremo a breve su grande schermo?
A breve, non lo so. Nel senso che deve uscire il film di Antonio Capuano, Angry Bird, credo il prossimo anno, ma ancora non so dirti. Ora invece sono sul set del nuovo film di Daniele Vicari con Gabriel Montesi e altri bravissimi attori e attrici.