Tanto Cronenberg, parecchio Kubrick, una valanga di Lynch, tutto questo è The Substance di Coralie Fargeat, il body horror perfetto per un fine settimana da brivido (in tutti i sensi). Sì perchè l’opera seconda della regista con Demi Moore e Margaret Qualley è sexy, dinamica, fresca. C’è tanta novità in un lungometraggio dall’estetica già vista (ma mai scontata), che omaggia i classici della storia del cinema horror e ne fa uno stile personale. La storia? È quella di una donna, Elisabeth Sparkle (Demi Moore), una celebrità invecchiata che deciderà di usare una droga illegale capace di generare un’altra versione di se stessi più giovane, più bella, semplicemente perfetta. Da lei, nascerà un’altra Elisabeth che si farà chiamare Sue (Margaret Qualley). L’unica regola da rispettare affinché tutto funzioni? La condivisione del tempo. Elisabeth dovrà tornare Elisabeth per una settimana e concederne un’altra soltanto per Sue. Insomma, sette giorni a testa. Vietato sgarrare.
L’aspetto più interessante di questo film, oltre al dinamismo scalpitante che a fatica trattiene lo spettatore seduto in sala (guai a vederlo in streaming, perde totalmente la sua dimensione estatica e allucinogena), è ovviamente il messaggio intuibile già nella prima scena del film: essere giovani è meglio di essere vecchie. Dunque Elisabeth, una donna di mezza età dall’accecante bellezza interpretata da Demi Moore (questa storia ci fa osservare la stessa biografia e gli interventi chirurgici dell’attrice hollywoodiana con una nuova sensibilità), non accetta il cambiamento, la pelle che inizia a cedere del suo corpo e la fine dei suoi ingaggi lavorativi che dipendono in gran parte dalla sua avvenenza oltre che dalla sua capacità di stare sul palco. “Le donne belle devono sempre sorridere”, ripete quel bacucco del datore di lavoro di Elisabeth. Una battuta amara che noi donne ci siamo sentite ripetere almeno una volta nella vita. E la tristezza? E l’amarezza nei confronti di una vita che qualche volta ci delude? La mai citata rabbia che provano anche le femmine? Le donne belle, come vi avevamo detto anche nella recensione di Parthenope di Paolo Sorrentino in fondo non piacciono a nessuno. C’è il possesso di un altro dietro di loro, la pretesa di un uomo che le vorrebbe avere per sè ma a determinate condizioni, il più delle volte giovani e col sorriso stampato in fronte esattamente come in Parthenope e The Substance. Così, tornando al nostro film, Elisabeth non ci pensa due volte ad assumere quella sostanza, quel liquido verde fluorescente capace di interrompere almeno per la durata di qualche settimana, il peso dell’età che avanza.
C'è solo un "ma". The Substance è un film affascinante e moderno che si sgretola però in un moralismo zuccherino verso il finale. “Il medium è il messaggio”, ripeteva McLuhan, e in questo film la morale è già chiaramente espressa sin dalla prima scena. Di minuto in minuto la regista ci ricorda quanto spesso le donne vengano trattate come pile usa e getta (dentro e fuori dal film), pronte per essere scartate (specie con l'avanzare dell'età). Le frasi e i continui close-up sugli uomini che lavorano al programma televisivo erano già sufficientemente espliciti (sono brutti, coatti, maniaci e schifosi che addentano scampi al ristorante come fossero tritacarne), dunque viene da chiedersi a cosa sia servito ricordare anche nell’ultima mezz’ora attraverso la costruzione di una creatura terrificante (il rewatch/tributo alla filmografia di Cronenberg è palese) e un sottotesto didascalico che tutto quello che abbiamo visto fino a quel momento fosse sbagliato. Ecco, sarebbe stato meglio chiudere questa storia senza ulteriori risposte, lasciandoci con una domanda che echeggiasse come la straziante frase che Elisabeth adulta rivolge al suo alter ego più giovane: “Ho bisogno di te perché odio me stessa”. Sarebbe stato bellissimo.