In Autogrill, Guccini cantava: “Non so come cominciare... Non la vedi, non la tocchi, oggi la malinconia?”. In un certo senso, è iniziata così la nostra intervista a Edoardo Purgatori, attore romano che di recente abbiamo visto a teatro diretto da Ferzan Özpetek, al cinema al fianco di Michela Giraud in Flaminia, oggi alla Festa del Cinema di Roma per Eterno Visionario di Michele Placido. La nostra conversazione si è mossa lungo quel filo malinconico di cui parlava il cantautore emiliano, tra sogni nascosti e silenzi scalfiti 'dalle chimere della mente', che entrano e non ci lasciano più. Nel guardare al presente, tra guerre, devastazione e un’aridità culturale che martoria l’Italia, i pensieri di Purgatori si sono rivolti indietro, alla ricerca di chi nel passato ha segnato l'arte del nostro Paese. Del resto, sono tanti i film in programmazione alla Festa che fanno la stessa cosa. Titoli che scelgono di raccontare le vite degli altri, di chi anni fa ha cambiato (in meglio) l'Italia come Eleonora Duse, Luigi Pirandello, Oriana Fallaci e Mike Bongiorno. Tutti nomi apparentemente distanti gli uni dagli altri, ma che, per l'attore, hanno qualcosa in comune: “Se pensiamo a Berlinguer e a Pirandello, sono mondi molto diversi, ma anche simili, perché entrambi hanno segnato la nostra storia. E in un momento in cui la cultura si sta impoverendo, è bello riportare alla luce figure come queste”. Tra passato e futuro, nel mezzo c'è l'inferno di un presente impossibile da inquadrare sotto un solo genere cinematografico. “Penso che la bellezza stia proprio nel trovare il genere giusto per la storia che vuoi raccontare”. Con l'insegnamento di suo padre fra le mani, il giornalista Andrea Purgatori, “di dire apertamente quel che si pensa” per amore, forse, di se stessi e degli altri, il nostro ospite ci ha spiegato anche perché, secondo lui, Carmelo Bene aveva ragione quando parlava di un teatro 'libero' che non deve dar da pensare a chi lo osserva, e ci ha svelato che forma hanno i suoi sogni per il domani. Ecco l'intervista completa a Edoardo Purgatori.
Ciao Edoardo. Sei alla Festa del cinema di Roma per Eterno Visionario di Michele Placido su Pirandello. Hai notato che nella programmazione di quest'anno, penso al film su Eleonora Duse, la serie Mike, Miss Fallaci e Berlinguer ci sono davvero tanti biopic? Ti sei dato una spiegazione?
Sinceramente non lo so. Però credo che sia importante parlare di culture e di persone che hanno reso grande il nostro Paese. Se pensiamo a Berlinguer e a Pirandello, sono due mondi molto diversi, ma anche simili se vuoi, perché entrambi hanno segnato la nostra storia. In un momento in cui la cultura si sta impoverendo, è bello riportare alla luce figure come queste. E poi, i film non sono solo documentari, ma raccontano anche storie interessanti. Ad esempio, nonostante avessi studiato Pirandello a scuola, non conoscevo molto della sua vita privata. E ora sono curioso di vedere come racconteranno Berlinguer, che è un personaggio complesso. In questo modo, non solo parliamo di personaggi importanti, ma anche di un periodo storico significativo.
Al cinema e nelle serie tornano gli uomini e le donne che hanno segnato la nostra storia, ma anche la guerra. Alla Mostra del Cinema di Venezia, film italiani come Campo di Battaglia di Gianni Amelio e Vermiglio di Maura Delpero affrontano il periodo cruciale della Guerra Mondiale. Ti sei chiesto perché ci stiamo concentrando tanto su questo capitolo della storia proprio adesso?
A volte penso che ci stiamo quasi anestetizzando di fronte a queste atrocità. Tra la guerra in Ucraina e quello che sta succedendo da un anno in Israele e Palestina, siamo talmente bombardati di notizie che capire le cose nel profondo diventa complicato. Raccontare storie come quella di Vermiglio o Campo di Battaglia è importante: non si parla tanto della guerra in prima linea, quanto del dolore delle famiglie e dei feriti, che sembrano macchine da riparare per poi rimandarle al macello. La Prima e la Seconda Guerra Mondiale hanno modi di fare guerra diversi, la Prima è molto simile a quello che sta succedendo in Ucraina, con tutto quel combattimento in trincea. Le storie che arrivano dal fronte sono davvero agghiaccianti. E in Israele e Palestina, la situazione è altrettanto pesante. A volte sembra quasi che ci si dimentichi dell’umanità. Credo che vedere questi film, cercare di arrivare alle radici del male, capire attraverso queste storie cosa è successo, serva anche per indagarsi e leggere meglio il presente.
Sei molto seguito sui social. Quanto è importante, se lo è, prendere posizione su queste tematiche?
Io non ho problemi a farlo. Allo stesso tempo però sono un artista. Diciamo che in quanto cittadino italiano posso dirti che ho l'impressione che il nostro governo si stia accorgendo soltanto ora, quando siamo stati attaccati in prima persona in Libano, di quello che sta facendo Israele. Allo stesso tempo, sovvenzionare lo stato di Israele tramite alleanze è qualcosa che molti fanno fatica a capire. Insomma, è un discorso complesso, quello che mio padre mi ha sempre insegnato però è di dire apertamente quello che penso. E così faccio. Per me la guerra è il male. In questi casi viene fatta per motivi religiosi, etici, se vuoi, però in realtà dietro c'è sempre un interesse economico di un qualche tipo e i primi a pagarne il prezzo sono i civili, molto spesso donne e bambini. Quindi dire che per me tutto questo è sbagliato è importante. Io ho due figli, pensare che una persona nei miei panni in un'altra parte del mondo, della mia età, debba scappare dalla guerra per paura che possano ammazzare i propri figli è qualcosa che mi tocca personalmente tantissimo. Quindi sì, è importante parlarne. Per me lo è.
Tornando al cinema, qual è il genere cinematografico che secondo te inquadra meglio l'oggi?
Non lo so. Penso che la bellezza stia proprio nel trovare il genere giusto per la storia che vuoi raccontare. Per esempio, mi incuriosisce che il nuovo Joker venga descritto come un musical, mentre il primo richiamava film come Taxi Driver. Cioè, ogni genere ha il suo modo di raccontare, e da spettatore mi aspetto che mi dia qualcosa di diverso. Oggi poi si mischiano tantissimo i generi: non più solo le solite rom-com, ma storie che prendono un po’ qua e un po’ là. Noto che il cinema di genere sta tornando forte. Tipo L'ultima notte di Amore, che è quasi un noir e che ho adorato. Anche in altri film recenti trovi richiami a vecchi classici come il western, riadattati a contesti più moderni. Alla fine, però, ti dico la verità, non so se esista un genere perfetto per raccontare la nostra epoca.
Noi ti conosciamo anche come attore di teatro. Carmelo Bene diceva il teatro 'è un luogo che deve essere gioco e non pensamento'. Sei d'accordo?
Credo che Carmelo Bene avesse proprio ragione. Se vado a teatro solo per nutrire solo la mia parte intellettuale, tanto vale restare a casa e leggermi un libro. Più che il puro gioco dell'attore, quello che cerco è l’esperienza condivisa. Tendenzialmente se io guardo uno spettacolo – soprattutto a teatro – voglio vivere qualcosa insieme agli attori in scena. Se l’attore davanti a me sta giocando seriamente con ciò che fa, riesce a coinvolgermi, e così posso fare un’esperienza che magari lascia un segno, che mi cambia dentro. Se invece mi sento solo uno spettatore distaccato, lì che osserva da fuori, finisce che mi annoio.
Hai lavorato spesso con Ozpetek. Qual è l'insegnamento più grande che ancora oggi porti con te della sua regia?
Ferzan ha la più grande capacità di creare un caos controllato e di dare all’attore tutto il necessario per entrare in un mondo perfetto per la storia che racconta. Questo, secondo me, è anche uno degli aspetti che fanno innamorare il pubblico del suo modo di fare cinema, teatro e anche di scrivere. Lascia spazio e libertà all’attore, ma al tempo stesso lo responsabilizza, ed è davvero stimolante. Negli ultimi anni, ad esempio, gira usando due macchine da presa: significa che non c'è bisogno di ripetere ogni azione in modo identico per esigenze tecniche. Di solito, devi stare attento ai movimenti perché al montaggio devono coincidere, ma con Ferzan questo problema sparisce. Così, come attore, puoi immergerti davvero nella scena, e questa cosa è fantastica.
Pensi che sia uno dei registi che ha saputo raccontare meglio l’intimità femminile?
Mi viene da dire l’intimità in generale. Nel suo prossimo film, Diamanti, rende quasi omaggio all’universo femminile, raccontando la vita di 17 donne. Credo che Ferzan abbia una grande capacità di entrare nell'intimità delle persone, ha un grande ascolto.
Ti occupi anche di doppiaggio, ma preferisci guardare i film doppiati o in lingua originale?
Assolutamente in lingua originale. Però, da buon tedesco (mia madre è tedesca) e avendo studiato in Inghilterra, posso dire che i doppiatori italiani sono i migliori al mondo, senza dubbio. A volte, anzi, mi capita di apprezzare di più alcuni film in italiano. Per esempio, adoro vedere Cyrano de Bergerac con la voce di Oreste Rizzini che doppia Gérard Depardieu, è incredibile. Ma comunque penso che togliere la voce originale all’attore sia un po’ come togliergli l’anima. Per questo cerco di guardare tutto, anche i film coreani, con i sottotitoli.
Molti attori ultimamente stanno sperimentando la carriera da registi. Ci hai mai pensato?
Assolutamente sì! Trovo ridicolo chi dice: “Ecco, un altro attore che si mette a fare il regista”. Perché non provarci, se si sente la necessità di raccontare una storia dietro la macchina da presa? Amo fare l’attore e voglio dare il massimo in questo, ma non vedo niente di male nell’esplorare la regia, anche a teatro. Non a caso molti dei registi più bravi del passato erano attori, e questo li rendeva davvero bravi a dirigere. Quindi sì, anzi sicuramente.
Chi è Edoardo Purgatori quando nessuno lo guarda, fuori da un set o da un palco?
Non te lo dirò mai (ride, ndr)! Sono un “papà”, ho due figli che amo alla follia e con cui sono felicissimo di crescere insieme a mia moglie. Amo lo sport, ora mi sto dedicando al pugilato e al brasilian jiu-jitsu e poi...il resto è un mistero.