Con 30 notti con il mio ex (trasposizione di 30 noches con mi ex di Adriàn Suar) Guido Chiesa porta sullo schermo una commedia che, tra una battuta e l’altra, riesce ad affrontare con un tema complesso, ma fortunatamente trattato negli ultimi tempi: la salute mentale. Seguiamo la coppia Edoardo Leo – Micaela Ramazzotti alle prese con un'idea di famiglia, con un ritorno, loro due che devono stare vicini anche se sono così diversi. Bruno (Leo) è un padre ansioso e metodico, che da due anni cresce la figlia Emma. La sua vita, fatta di regole e controllo, viene improvvisamente stravolta quando scopre che Terry (Ramazzotti), la sua ex moglie, sta per uscire da una clinica psichiatrica dopo un lungo percorso di recupero e ha bisogno di un reinserimento graduale nella quotidianità. La proposta (che suona più come un’imposizione) è quella di ospitarla per 30 notti, 30 giorni per ritrovarsi. Ancora una volta.


Ma sarà proprio la convivenza forzata tra due ex – lui razionale fino all’ossessione, lei imprevedibile e ancora fragile – a generare inevitabili scontri, momenti surreali e risate amare. Ma anche piccole, inattese aperture. Verso gli altri, verso se stessi. E in fondo, il film è tutto qui: nella possibilità di ridisegnare rapporti rotti, di costruire qualcosa di nuovo da ciò che sembrava definitivamente perso. Una sorta di terapia di recupero dell'amore, insomma. Quello normale. Quello che fa i conti, giorno dopo giorno, con la paura di tutto. Il fim di Chiesa riesce a restare in equilibrio, senza scivolare nel pietismo o nella retorica anche se nella narrazione si mostra un po' prevedibile. Sta di fatto che in 30 notti con il mio ex il ritorno alla “normalità” dopo un periodo di crisi è al centro di ogni cosa, da cui partono tante domande. Ma come si riparte? Qual è il primo passo da fare, quando ogni strada è da tracciare di nuovo, specie se si è in due? Forse proprio come ci mostra la protagonista di questa storia bisogna prima capirsi, affermarsi, e poi, una volta pronti, buttarsi a capofitto nell'amore. Nuovo e più consapevole. Insomma, il film non ha la pretesa di risolvere nulla, né di cambiare qualcosa, ma quantomeno apre uno spazio – ironico, affettuoso, umano – dove sorridere insieme attraverso il dialogo davanti al precipizio delle nostre fragilità, e finire per riscoprirsi ancora, nonostante tutto, follemente innamorati dell'amore e della vita.
