L’intelligenza artificiale è ormai entrata di prepotenza anche nel mondo del cinema. Non si parla più solo di effetti visivi o doppiaggi automatizzati: oggi l’IA può contribuire a riscrivere sceneggiature, costruire scenografie, persino modulare le voci degli attori in lingue che non parlano. E la cosa più sorprendente (o inquietante)? Da quest’anno, l’Academy ha deciso che anche i film che utilizzano l’intelligenza artificiale potranno essere candidati agli Oscar. Ma cosa vuol dire davvero affidare alla macchina una parte del processo creativo? È ancora cinema o è un’imitazione sofisticata? Ne abbiamo parlato con Marco Giusti, critico e autore che da anni racconta il cinema italiano (e non solo). Sul tema dell’intelligenza artificiale, Giusti non ha dubbi: "Quando fai una cosa con l’intelligenza artificiale, che sia un testo o un disegno, in realtà stai copiando da altri. E magari chi ha creato quelle cose neanche sa di essere stato rapinato". Con lui abbiamo parlato anche dello stato di salute del cinema italiano, tra sale sempre più vuote e produzioni in crisi. Giusti è critico verso l’attuale governo: “Il Ministero della Cultura, con Meloni, non ha fatto nulla per aiutare il cinema. Anzi, lo ha massacrato". Forse avrebbe senso ripescare la proposta di Pupi Avati di nominare un ministro del cinema?

Marco Giusti, l’Academy ha annunciato che anche i film che utilizzano l’intelligenza artificiale potranno essere candidati agli Oscar. Lei cosa ne pensa?
Trovo questa cosa tremenda. Però, come si dice, è una questione di confini. Se non si stabiliscono dei limiti, diventa complicato con l’intelligenza artificiale distinguere la creatività di un regista, di uno sceneggiatore o di un disegnatore. Quest’anno agli Oscar c’erano due film — Emilia Perez e The Brutalist — che avevano usato l’intelligenza artificiale per motivi anche validi. Uno, per esempio, per riprodurre la lingua ungherese parlata dai protagonisti. Però, se candidi all’Oscar un autore che non usa la propria lingua ma si affida all’intelligenza artificiale, è discutibile il valore dell’interpretazione. L’altro caso riguardava gli elementi visivi: The Brutalist ha usato l’intelligenza artificiale per ricostruire i progetti dell’architetto protagonista. Secondo me si vedeva: erano brutti, sembravano tirati via. Capisco l’uso dell’IA per la lingua, ma molto meno per quei progetti che erano totalmente inventati. C’è poi un altro aspetto che non mi piace: quando crei qualcosa — un testo o un’immagine — con l’intelligenza artificiale, in realtà stai copiando da lavori di altri. Quello che viene fuori non solo è copiato, ma copiato da autori che magari non sanno nemmeno di essere stati "saccheggiati". E allora, dove finisce la creatività? Anche se, lo ammetto, forse dipende dai casi. In alcuni può avere senso, in altri è soltanto una rapina, niente di più.
The Brutalist ha comunque vinto un Oscar per l'attore protagonista. Secondo lei lo ha meritato?
Sì, lui l’ha meritato. Non si può pretendere che uno impari l’ungherese da zero in poco tempo, quindi in quel caso l’uso dell’IA aveva senso. Però, ripeto, ogni caso va valutato. Se un attore recita in una lingua per qualche minuto, può andare bene. Ma se ha un ruolo importante, allora forse conviene chiamare direttamente un attore ungherese. Altrimenti, se fossi un attore madrelingua, mi chiederei: "Perché non hanno scelto me?"

Le piace la proposta di Pupi Avati per riformare il cinema italiano (istituire un Ministro del Cinema)?
Perché no? Se serve a dare una sveglia al cinema italiano, ben venga. Se porta più attenzione e coinvolgimento, è una cosa positiva.
Forse per la fama, per l’immagine...
Sì, esatto. Però ecco, quando l’IA si usa sui testi — sulle sceneggiature — lì sì che è grave. È una cosa che trovo davvero inaccettabile. In genere, si usa anche per riempire parti mancanti di un’immagine: allargare una scena, aggiungere gambe, un corpo... In quei casi può anche andar bene. Ma se scrivi un testo con l’intelligenza artificiale, no. È tremendo.
Secondo lei si farà mai?
È difficile, il pubblico italiano è sempre meno coinvolto. Le sale sono sempre più vuote. Basta guardare gli incassi recenti.
Il Ministero della Cultura sta facendo qualcosa in questi anni?
Guarda, il Ministero della Cultura del governo Meloni non ha fatto niente, anzi: ha fatto solo scelte negative per il cinema. Secondo i dati dell’ANICA, abbiamo il 70% di maestranze disoccupate. Certo, prima c’era una bolla produttiva — troppa gente su un singolo film, costi esagerati — e forse sarebbe scoppiata comunque. Ma togliere in parte il tax credit, fare una guerra al cinema italiano… così lo hanno distrutto, non certo aiutato.
