Un romanzo dentro un romanzo (più o meno). L’ultimo film di Paul Schrader, Oh, Canada, si ispira a I tradimenti di Russell Banks, scrittore con cui il regista di American Gigolò aveva un legame molto profondo. In una recente intervista a Vogue, Schrader ha rivelato quanto la perdita di Banks lo abbia segnato, un dolore amplificato dalla consapevolezza che, in questa fase della sua vita, sta dicendo addio a molte persone care. Ma com’è questo nuovo lavoro del regista, sceneggiatore ed ex critico cinematografico? Parecchio deludente. La trama segue le vicende di un grande documentarista canadese (Richard Gere), ormai un’icona circondata da un alone di mito, che decide di concedere un’ultima intervista a uno dei suoi ex studenti. Quell’incontro, inizialmente professionale, si trasforma pian piano in una confessione intima e spiazzante, in cui ogni segreto della sua esistenza viene messo a nudo. A interpretare il documentarista nei suoi anni giovanili è Jacob Elordi, mentre la presenza silenziosa e carica di tensione emotiva della moglie (Uma Thurman) arricchisce il racconto: testimone muta di verità in grado di riscrivere il suo stesso passato e ridefinire il futuro che verrà.
Non tutte le grandi trame di un libro riescono a trasformarsi in un film riuscito. Così come non sempre (anzi, quasi mai) un cast vincente riesce ad aggiustare una storia incompleta. Il critico Peter Bradshawn sul Guardian, parla chiaro: “(Oh Canada) è confuso, anticlimatico e spesso interpretato in modo timido, questo nuovo film di Paul Schrader, stranamente privo di passione, è una delusione”. Ora, il cuore c'è, specie dopo aver letto di un'amicizia stretta che legava Schrader con Banks, peccato si intraveda a malapena. Che il film invece sia una delusione, beh, è fondata e amara verità.
Con un ritmo pressoché inesistente e continui sbalzi temporali tra un presente annebbiato e un passato menzognero del protagonista che trasformano la narrazione in un flashback da telenovela, Oh, Canada fatica a mantenere un filo logico, lasciando lo spettatore disorientato, perso in un labirinto da cui intravede, solo all'orizzonte, una possibile via di fuga. Ma è lontanissima. Chi sono, chi è lui, cosa sto facendo io davanti a tutto questo. Tante le domande di chi osserva sul grande schermo l'ultimo progetto di una delle più grandi penne della settima arte mondiale. Un film probabilmente vittima di un montaggio caotico che non fa che amplificare frammentarietà e stordimento, sensazioni inutili in quella che dovrebbe essere una storia semplice. Che sia colpa anche della sceneggiatura? Insomma, questa volta tessere lodi sperticate sulla bravura di Richard Gere o Uma Thurman (o dei giovani interpreti), e dirottare così un'intera recensione in favore dell'indubbia dose di talento del cast, non riuscirà a salvare Oh Canada, un film con un po' di cuore ma senza meta.