David Lynch è morto. Aveva 78 anni, era malato da alcuni mesi. La scorsa estate gli era stato diagnosticato un enfisema. Lynch fumava molto. È bello pensare che nemmeno alla fine abbia rinnegato il suo vizio: per un uomo che ha vissuto di immagini, rinunciare alla sigaretta sarebbe stato togliere un colore dal mondo. Sui social scorrono infinite le foto, i capelli grigi, i set con Kyle MacLachlan, i capelli di Laura Palmer. Appare un video di qualche anno fa. David Lynch non c’è. L’arcinota presenza assente. Al pianoforte siede Angelo Badalamenti, il compositore della colonna sonora di Twin Peaks, scomparso nel 2022. C’è anche su YouTube, dura poco più di quattro minuti. Badalamenti racconta di come insieme al regista abbia scritto il “Laura Palmer’s Theme”. “David, what do you see?”, “David, cosa vedi?”. Una domanda forse banale, chissà. Magari fanno così tutti, ma detta da un compositore fa più effetto. L’esecuzione è diversa da tutte le altre. Angelo cercava un’immagine da sentire, un suono da vedere. “Siamo nell’oscurità di un bosco, c’è un leggero vento che soffia tra gli aceri. C’è la luna in cielo e in lontananza si sentono dei rumori di qualche animale e il verso di un gufo”. Portami lì, chiede Lynch. Le mani passano sui tasti del pianoforte. Quell’oscurità è una meraviglia. Più lentamente, più lentamente. Il compositore e il regista iniziano a vedere un mondo. E noi con loro. Qualcosa cambia. Una donna è nel bosco, sola e bellissima. È Laura Palmer. Si avvicina, ci guarda con una tristezza che nessuno saprebbe descrivere. Per fortuna: se bastasse una spiegazione non sarebbe nato il cinema. Certe cose vanno solo mostrate. La donna cammina verso di noi. Mano a mano che la musica sale di intensità, quell’immagine si fa più nitida. David la vede, Badalamenti la sente. Noi siamo gli ultimi e più fortunati testimoni. Arriviamo al culmine della composizione. Forse coincide con un sorriso, la mano che passa tra i capelli. Sul viso scende una lacrima che condensa la consapevolezza del suo destino. Laura se ne va.
Ora siamo noi, quelli rimasti soli. “Keep falling, keep falling…”, le dita del compositore rallentano di nuovo. Il suono svanisce. “Thats’it, questa è Twin Peaks”. Badalamenti rassicura il regista: una volta tornato a casa ci lavorerà ancora. “No, non cambiare una singola nota: io vedo Twin Peaks”. L’arte non è follia. Ogni opera è stata rivista, aggiustata, riscritta, distrutta e rifatta da capo. Almeno qualche frammento, però, è stato realizzato una sola volta. La pagina più memorabile, la nota che ci è rimasta sulla pelle: per quelle è buona la prima. È passato più di un secolo dall’invenzione del cinema. Filosofi, registi, storici dell’arte e persino gli psicologi hanno cercato di comprendere quell’indecifrabile alchimia che lega l’immagine alla musica. David Lynch non ha mai amato parlare dei suoi film: andate e vedete. Solo lui conosceva la formula di Twin Peaks. Un’opera che è un sogno, contenuto in sogno più grande di qualcuno che dorme chissà dove. Come una matriosca. Pochi come lui hanno preso sul serio l'essenza del cinema. I suoi film sono un invito: perdetevi, perdiamoci. È meraviglioso. Almeno per qualche istante non chiediamoci chi è il sognatore. Viviamo quanto possiamo, ascoltiamo senza tenere il tempo. Se è il destino o il caso che l’hanno voluta non importa, quella musica è già un miracolo. Angelo Badalamenti è morto nel 2022, David Lynch oggi. E rimane un compito, per noi che li abbiamo amati: tenere vivo quel fuoco che hanno accesso, per continuare a camminargli accanto.