Penn Badgley, protagonista della serie Netflix You, ha raccontato in esclusiva a People di essere cresciuto con il personaggio di Joe Goldberg e che crede che gli mancherà un po’. E a noi, arrivati all’ultima stagione della serie, mancherà tutto questo? Assolutamente no. Dopo le prime due stagioni You è diventata ripetitiva e monotona. Persino i colpi di scena sono diventati prevedibili per chi ha seguito le vicende di Joe dalla prima puntata della prima stagione. E arrivare in fondo a questi dieci episodi della quinta stagione non è stato facile e di una noia che nessuno, probabilmente, si aspetterebbe da una serie che parla di un serial killer. Persino l’invito alla riflessione sull’amore tossico qui sembra essere scontato.

Ci sono degli aspetti positivi, quindi, in questa quinta stagione di You? Sì, che è finita. E si è conclusa nell’unico modo possibile: con l’arresto del cattivo e il lieto fine per tutti gli altri protagonisti. Un finale che poteva tranquillamente arrivare dopo la seconda stagione, ma perché non spingersi più in là, riproponendo le stesse dinamiche per altre tre stagioni? Perché non dirci che l’amore e il desiderio di essere amati rendono ciechi a tal punto da non renderci conto che siamo dei mostri? Questo l’avevamo già capito dopo la prima stagione, ma il messaggio evidentemente doveva essere portato avanti allo sfinimento, tanto da diventare stereotipato, banale, quasi superficiale. Alla fine noi entriamo solo parzialmente nella testa del protagonista che, nonostante omicidi e bugie, non riesce ancora a capire di essere lui il problema, e non gli altri. O, anzi, le altre. Certo, questo è un tema di strettissima attualità, pensando ai femminicidi che vengono compiuti, non solo in Italia, e all’odio per le donne che viaggia velocissimo in rete, tra forum e subreddit, pagine Instagram e gruppi su Facebook. Il punto però è che si arriva a parlare di queste tematiche tirando la corda, allungando il brodo e propinandoci una serie di donne all’apparenza forti che in realtà sono fragili, insicure e costantemente alla ricerca di un uomo da salvare (o da cui essere, apparentemente, salvate). “La fantasia di un uomo come te è come noi sopportiamo la realtà di uno come te” dirà Bronte (protagonista femminile di quest’ultima stagione, interpretata da Madeline Brewer) nell’ultima puntata di questa quinta stagione. Quindi, cosa vuole dirci? Che le donne creano un uomo perfetto nella loro testa per sopportare quello che hanno accanto? Che non vedono chi amano per chi è davvero, ma solo per chi vorrebbero che fosse? Quello che viene da chiedersi è se ci volessero cinque stagioni per arrivare a questa conclusione. Perché a rimanere, più che interrogativi sensati, è moltissima noia. Il dolore quasi scivola via, non ci sfiora nemmeno. Non ha più senso, arrivati a questa quinta stagione che ci ha riproposto la stessa storia con qualche carta mescolata in modo diverso. E a tirare così per le lunghe una serie tv, anche di successo, si rischia che diventi quasi anacronistica. Perché di storie come quelle di questi 50 episodi di You ne abbiamo viste anche troppe nella realtà, così tante che rivederle sul piccolo schermo non ci dice più niente. Non ci emoziona, non ci turba, ma ci annoia, e basta. E l’unica certezza che abbiamo, come detto anche nell’ultimo episodio da due personaggi minori della serie, è che per uno in carcere ci saranno tantissimi altri Joe Goldberg li fuori, pronti a scrivere un’altra storia identica, con la stessa trama, ma personaggi diversi.
