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Abbiamo visto “Il Giardiniere” su Netflix: ma com’è? È la serie più vista in Italia (più di Black Mirror) senza un vero motivo. O forse il pubblico si aspettava un’altra Adolescence?

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

15 aprile 2025

Abbiamo visto “Il Giardiniere” su Netflix: ma com’è? È la serie più vista in Italia (più di Black Mirror) senza un vero motivo. O forse il pubblico si aspettava un’altra Adolescence?
Più di “Adolescence”, più della settima stagione di “Black Mirror”: la serie più vista in Italia è “Il Giardiniere” di Mikel Rueda e Rafa Montesinos, con Álvaro Rico (Elite). Al di là delle mancanze a livello narrativo, della lunghezza inspiegabile e delle scelte grossolane, ciò che è peggio è la patina di pseudo-impegno depositata sulla superficie della serie, la voglia di “dirci” qualcosa su di noi e sul mondo. E il risultato in termini di riscontro del pubblico non ha un vero motivo se non uno: la gente sperava in una nuova “Adolescence”

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Tre delle serie più viste di queste settimane condividono un elemento formale evidente: l’uso del piano sequenza. È così in The Studio (Apple+), Dieci Capodanni (Rai Play) e soprattutto Adolescence (Netflix). Non serve essere cultori per accorgersene. Limitiamoci a tener buono il punto e chiediamoci: perché? C’è chi dice che sia una moda, chi un modo per esaltare le capacità dei registi. Altri, invece, sottolineano che per definizione il piano sequenza serve a rinforzare il legame emotivo con i personaggi. Anche qui: niente di nuovo, anzi. Ma questo ci porta a un altro elemento. Le serie più di successo di questo periodo mettono al centro l’empatia. L’esempio più chiaro è Adolescence. Al primo posto in classifica dei titoli più visti uno si aspetterebbe di trovare la settima stagione di Black Mirror. Invece, almeno ad oggi 15 aprile 2025, non è così: la serie più vista è Il Giardiniere. Difficile pensare che le persone l’abbiano vista per la fama dei registi Mikel Rueda e Rafa Montesinos. Né tantomeno per quella degli attori. Forse qualcuno incuriosito dal protagonista, Álvaro Rico, già in Elite (Netflix), ma da qui a superare Black Mirror ce ne vuole. C’è però un tema condiviso con uno dei successi che abbiamo ricordato all’inizio. Si parla di empatia, come in Adolescence. E si parla di violenza di genere. Stavolta senza insistere sul piano sequenza. Il Giardiniere non era nemmeno ricordata nel post di Netflix Italia di inizio mese, quando vengono annunciate le uscite, per dire. Forse il successo non se lo aspettavano nemmeno loro? O forse speravano di essere trascinati dall’aura ancora forte dell’altra serie, stabilmente in cima alla categoria “Più viste in Italia”? La trama: Elmer (Álvaro Rico) è un ragazzo solitario, fa il giardiniere e a causa di un incidente ha perso la capacità di provare emozioni. La China Jurado (Cecilia Suarez), sua madre e proprietaria del vivaio in cui lavora, sfrutta questa sua menomazione per trasformarlo in un sicario a pagamento. Vuole guadagnare abbastanza soldi da ricomprare la casa di famiglia in Messico. Elmer uccide su commissione, magari mariti violenti, nascondendo i corpi nel giardino, facendoli diventare concime. Perché per lui, il miglior giardiniere della città, il concime è tutto. Conosce Violeta (Catalina Sopelana), una di cui si parla soprattutto per un fatto di cronaca: il suo ex fidanzato si è ucciso, pare. Ma la madre di lui non è convinta. Anzi, ritiene colpevole la ragazza, e per questo si rivolge a La China e Elmer. Peccato che il giardiniere scopra di poter provare di nuovo delle emozioni e si innamora di Violeta. Questo non solo per la forza del sentimento, ma per un tumore che ha “riattivato” quella parte del suo cervello. La China prova a mettersi in mezzo: lei vuole che Elmer porti a termine il compito. Per i soldi e la casa in Messico. In tutto questo, due agenti della sezione persone scomparse cercano di ricostruire il quadro.

"Il Giardiniere" su Netflix
"Il Giardiniere" è la serie più vista su Netflix
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Gli episodi sono sei, nemmeno troppo lunghi, circa 45 minuti ognuno. Non si sa se ci sarà una seconda stagione. L’ultima scena post credit rende chiare le speranze di Netflix. Peccato che già così ci fosse molto da tagliare. Gli episodi centrali sono praticamente identici, tranne che per un paio di digressioni sul passato di China e Violeta. Più che con effettive necessità narrative, la lunghezza è giustificata dall’incompetenza dei due agenti, più impegnati a costruire una storia d’amore parallela che a svolgere il loro mestiere. Morale: non fanno né questo né quello. Per carità, mica si pretende sempre un’indagine da film di David Fincher, ma Elmer si mette per la prima volta i guanti sulla scena del crimine nell’ultima puntata. E alcuni passaggi come “le piante sono più semplici da capire delle persone”, “perché non sei arrivato prima nella mia vita” o banalità sull’alternanza amore-dolore fanno venir voglia di lasciar perdere. Che Violeta non racconti la verità, poi, rimane l’unica soluzione per garantirsi una seconda stagione. E sul Lacrimosa di Mozart usato in una scena di notte, con la pioggia, mentre Elmer piange, perderebbe le speranze chiunque. Mica perché la sinfonia sia sacra, ci mancherebbe, ma perché non si meritava un accostamento tanto retorico. C’è anche Billie Eilish tra le canzoni della colonna sonora (I love you, in una scena di sesso – si veda sopra per il commento). Si sarà pure speso tanto, quindi, risparmiando sulla fotografia (le immagini della nonna di La China è palesemente fatta - male - con l’IA). Fino a qui nulla di cui troppo grave, comunque. Di peggio c’è solo la voglia di mettere al centro il tema impegnato: il rapporto tra i giovani amants criminels, la scoperta dell’amore (tossico) e l’incapacità di gestire il “no”, la manipolazione genitoriale come residuo di una cultura che vede nella relazione sentimentale quella escludente di tutte le altre. E, ovviamente, la madre che incolpa la fidanzata della morte del figlio, nonostante quest’ultimo fosse un palese abuser. Niente di tutto questo, però, viene minimamente approfondito, ma semplicemente lasciato lì, come un’etichetta “attuale” da legare alla serie. Peccato che questa non ci dica nulla che già non sapessimo. Non per tutti Adolescence è riuscita nel trattare adeguatamente i temi che si propone si sviscerare. E non è nemmeno detto che una serie di genere (supponiamo che Il Giardiniere sia un thriller) debba per forza dirci qualcosa sul presente. Una storia può essere anche solo una storia. Anzi, i continui spiegoni della madre/La China in voice over ci fanno passare la poca voglia di “imparare” che ci è rimasta. Adolescence, dicevamo: se ne è parlato, se ne parla, se ne parlerà (sembra che ci sarà una seconda stagione). Senza gridare al capolavoro, un effetto reale in quel caso c’era stato. Al primo posto delle serie più viste su Netflix c’è Il Giardiniere. E forse, nonostante gli sforzi di interpretazione, la spiegazione di questa scalata ce la siamo data: merito della speranza di vedere un’altra cosa “finalmente” attuale.

"Il Giardiniere", una serie Netflix
"Il Giardiniere", una serie Netflix
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