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Abbiamo visto “Mercoledì 2” parte 2, ma com’è? Tim Burton e i suoi figli hanno rotto il caz*o: e non ci serve una “Buffy l’ammazzavampiri” di serie B

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

3 settembre 2025

Abbiamo visto “Mercoledì 2” parte 2, ma com’è? Tim Burton e i suoi figli hanno rotto il caz*o: e non ci serve una “Buffy l’ammazzavampiri” di serie B
Diamoci un taglio (che ne dici Edward?). Tim Burton è arrivato a scadenza, o lo mangi o lo butti. Abbiamo provato a mangiarlo, ma quello che abbiamo visto – e cioè Mercoledì 2 – non ci è piaciuto. Forse è giusto ricordare i grandi film del regista e sancirne la fine. Ci faremmo tutti, lui compreso, una figura migliore

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

La tristezza arriva quando ti accorgi che i morti creati da Tim Burton (La sposa cadavere, Nightmare Before Christmas) sono più vivi del suo genio, di cui resta sì e no la suggestione, qualche colore, qualche profilo, qualche bozza di buon livello e il cinquanta per cento di una serie partita bene e trasformatasi presto in una Buffy l’ammazzavampiri fuori tempo massimo. Si è conclusa la seconda stagione di Mercoledì, la produzione Netflix con Jenna Ortega. Nonostante qualche scena diventata virale (il ballo della prima stagione), la rapidità con cui un teen drama horror e gotico si è trasformato nel giro di qualche episodio in una noia da annali delle serie in streaming è da apprezzare. Difficile sancire in modo altrettanto chiaro la fine di una carriera che ha avuto delle vette di genialità e stile. Tim Burton, che da qualche tempo aveva iniziato a licenziare pessimi progetti, da Big Eyes agli Alice in Wonderland, è quell’uomo che, quando ti lascia, può farti soffrire, ma che ti fa soffrire sicuramente se sei costretto a vederlo morire lentamente. Il regista di Edward mani di forbici è diventato un algoritmo e nell’epoca della riproducibilità tecnica il suo stile è diventato una scusa con cui mascherare pessime trame e scarsa inventiva. Il risultato? Un prodotto vuoto ma, ehi, ricorda i fasti del grande regista.

Tim Burton
Tim Burton Ansa

A casa ho una raccolta dei suoi disegni e qualche poesia, che poesia non era. I dvd dei suoi primi film, uno dei quali consumato a forza di vederlo: Il mistero di Sleepy Hollow, che ogni 31 ottobre tornava fino a qualche anno fa a girare nel nostro lettore videoregistratore e che ora guardiamo in streaming. La sposa cadavere, perfetto e una grande dimostrazione di stile e originalità, a metà tra musical gotico e fiaba maledetta. In un’intervista del 2023 Tim Burton si è definito “come un vampiro: sono stato ucciso e sono resuscitato molte volte”. Ma stavolta potrebbe servire qualcosa in più della resilienza dei non-morti. Servirebbe un miracolo. Forse ad appesantire il tutto è anche il cast di altissimo livello della serie – i decani Catherine Zeta Jones, Steve Buscemi, Luiz Gùzman, la special guest Lady Gaga, i talenti emergenti Ortega, Emma Myers e Hunter Doohan – e lo scempio di vederli completamente sprecati, incastrati in ruoli bidimensionali in cui l’autoironia si trasforma in caricatura e la caricatura in sorrisi amari. Nonostante la presunta comicità, qualche punta di orrore, vorremmo che le ultime puntate scorressero alla velocità della sabbia nella clessidra del professor Lumacorno, ma quella è un’altra storia e un altro universo magico, decisamente migliore (e per questo speriamo che l’ennesima serie nostalgica non tenti di rovinarlo; intanto Chris Columbus, il regista de La pietra filosofale, si è chiesto in che modo possa essere utile una serie che, dai primi frame trapelati, potrebbe essere tale e quale ai film).

La famiglia Addams in "Mercoledì"
La famiglia Addams in "Mercoledì"

Anche l’estetica, vi prego, non è gotica, né magica, né teen, è tutto tra il viola e il nero, tonalità e sfumature che restano petalose, un gradino sotto Casper, come se avessero raccolte le cartucce scariche di Betteljuice 2 e avessero provato a mischiare quanto restava dell’inchiostro. Ecco lo scarabocchio a tinte cupe, sostenuto con magistrale dimostrazione di banalità da remake classical pop di hit. Se avessero scritturato Jacop Elordi avrebbero raggiunto l’orgasmico punto omega dell’algoritmo XXX degli adolescenti arrapati e tristi, qualcosa di molto simile alla fase emo di chi adolescente è stato dieci anni fa. Ma a che serve Mercoledì? A garantire del pubblico, a spendere soldi in eccesso? Ma i soldi non sono mai in eccesso e il pubblico Netflix lo ha già. Per non parlare dell’uso smodato della mixology, con hyde, zombie, fantasmi, angeli custodi e lupi mannari. Va bene raccogliere alla corte del Re Burton il meglio dei topoi dell’orrore, ma a che serve se poi vengono sterilizzati? Forse l’unica a far paura è Jenna Ortega, che riesce ad avere per otto episodi sempre la solita espressione, che è poi la stessa della prima stagione, di Scream e pure di Miller’s Girl (ma in quel caso si tratta di un film horror per motivi diversi). Pessima la scelta anche di rendere mano emotivamente instabile e piagnona. Restano molti dubbi e grandi perplessità.

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