Achille Lauro è camaleontico, forse fin troppo. Con “Banda Kawasaki”, brano in collaborazione con Salmo e Gemitaiz, ci sembra quasi di aver ritrovato il cantante di “Thoiry”. Una canzone che comunque strizza l’occhio al pubblico, a qualche possibilità di finire in classifica e a essere apprezzato anche da chi aveva smesso di ascoltarlo. Una mossa vincente, anche se gli streaming non sono proprio dalla sua parte, con circa due milioni e trecentoottanta mila ascolti. Ma non vogliamo focalizzarci solo sui numeri, perché “Banda Kawasaki” è merita, al di là di tutto. Adesso Achille Lauro ci riprova con una canzone che dal titolo dice già tutto: “Amore disperato”.
Quelli ad essere disperati siamo noi quando lo ascoltiamo? A tratti sì. Non è di certo la “prima volta” di Achille Lauro con un brano d’amore. L’abbiamo detto, è camaleontico, si muove tra i generi. Non è l’unico che lo fa, ma è probabilmente tra quelli che lo fa più spesso. E quindi, com’è questo “Amore disperato”? Insipido. Il testo, nonostante sia scritto insieme a Federica Abbate, tra le migliori autrici che abbiamo in Italia quando si parla di hit, e Federico Olivieri (in arte Olly), è di una banalità unica. Per descrivere un amore disperato ci saremmo aspettati qualcosa di più struggente da Achille Lauro, che quattro anni fa ha pubblicato un brano come “16 marzo”. Una canzone che, a riascoltarla oggi, sembra parlare di un amore disperato in maniera molto più centrata di quest’ultimo singolo. A ripetersi, trovando una chiave diversa per descrivere la stessa cosa, non si fa sempre bene.
Ci aspettiamo di più da Achille Lauro? Sì. Anche perché la sua carriera è fatta di ascese e discese, di momenti molto buoni, e altri meno. Noi lo sentiamo poco ispirato, anche se in questo brano vuole raccontare una storia nata ai confini del raccordo anulare di Roma, in via Tina Pina, icona delle pellicole di Luigi Comencini e del capolavoro del neorealismo rosa “Pane, amore e fantasia”. Chissà che l’avventura a X Factor 2024, dove è giudice per la prima volta, non gli faccia bene. In mezzo a tante voci emergenti, tanta creatività e anche qualche stonatura e performance deludente, Achille Lauro potrebbe ritrovare un po’ d’ispirazione. E, perché no, magari svestire i panni del camaleonte per trovare una nuova identità. Che chissà, però, quanto potrà durare.