Antonio Ricci si converte al woke washing e la “voce della complottezza” diventa voce della compostezza. Tante novità importanti e tanti punti a favore della nuova stagione di Striscia la notizia, su tutti l’arrivo di Fabrizio Gatti, uno dei migliori giornalisti di inchiesta italiani. Anche il duo Caressa, padre e figlia, che con gli "Oscar dei Caressas" spagelleranno lo spagellabile della politica trash à la Caressa, quindi si spera con tanta bonaria incazzosità pechinese (lo ricordate nel programma di Sky no, quando rifiutò la mano ai pasticcieri che li eliminarono), ci piacciono. Ma il Velino maschio e trentasettenne avrebbero potuto evitarlo. Torna una scelta fatta in passato, poche volte, e che non funziona poi granché. E ripresentarlo, ora, è un problema. E il motivo è di ordine logico-filosofico, quindi gli amici di Striscia, che spesso ci hanno rimproverato a partire da Umberto Eco, apprezzeranno. Sì, perché le veline, a detta di molti, sono il trionfo della sessualizzazione del corpo femminile, tutta materia e niente spirito (neanche satirico, come vorrebbero). Noi lo abbiamo detto in un paio di occasioni, ma Striscia ha giustamente fatto valere le loro ragioni. Le Veline, infatti, non sarebbero altro, ci ricorda Ricci nel suo monumentale Striscia la tv (Einaudi, 1988), che il “velino” di carne di vitello, una pergamena fatta di ciccia antenata dalle veline, appunto, inviate dai potenti ai centri di informazione. Ora, di bovino in bovino, si è passati al manzo Gianlunca Briganti, le cui doti di attore di musical saranno messe a disposizione dell’altare della satira giornalistica di Mediaset, il tavolo dei presentatori. Bene, ma neanche troppo, perché la sua presenza è una conferma implicita di quanto Striscia si impegna da anni a negare, ovvero che le veline siano donne oggetto.
Arrivando al punto, se di sessualizzazione non ce n’è, nel ruolo delle veline, perché cambiare sesso a una di loro? Il velino Briganti è riconoscibilmente un maschio e la novità è proprio questa. In un mondo in cui il corredo cromosomico conta più dei meriti, inutile negare che tra il Briganti attore e il Briganti xy avrà la meglio, sui giornali e tra il pubblico, il secondo. Cos’è, serviva apparare l’oggettificazione del corpo? Un po’ come a dire: non lo abbiamo mai fatto con le donne, ma nel caso in cui crediate che lo abbiamo fatto, non c’è discriminazione o misoginia, poiché oggettifichiamo entrambi i sessi senza problemi. Si perde un po’ il senso della satira, il senso traslato delle performance. Che messaggio vuole mandare Striscia se non quello di aver corretto, a favor di woke, il tiro? Della satira non resta nulla poiché velina e velino, da pagine “in pelle umana” perculanti i settimanali Espresso e Panorama, diventano solo pagine bianche, con in basso un piccolo e triste timbro in grigio scuro: “Anche noi ci siamo arresi”.
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Pubblichiamo la risposta di Striscia al nostro articolo
Besugo di un Canaletti,
siamo noi ad aver preceduto il “woke washing”, poi lui si è adeguato a noi! A Striscia la notizia ci sono già stati 4 Velini… e che Velini! Il primo, nel 1992, è stato quel pompatone di Edo Soldo, poi nel 2004 è toccato a Luca Maria Todini, il “velino” della Sconsy. Poi, belandi, nel 2013 ho ballato addirittura con una coppia di Velini: Elia Fongaro e Pierpaolo Pretelli. Mea, Antonio Ricci già negli anni 80 aveva anticipato il politicamente corretto, quando a Drive In si era inventato i Ragazzi Fast Food che prendevano addirittura gli sberloni dalleRagazze Fast Food.
Altro che oggettificazione, si tratta semplicemente della nostra storica tendenza all’inclusività, belandi! E te lo dice un pupazzone rosso che di fluidità se ne intende.
Se vedemu
Il Gabibbo