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Addio a Stefano Benni, lo scrittore che è sempre stato un "classico" (e non un "cult")! Il Bar Sport, il jazz e le battute fulminanti, come vogliamo ricordarlo? Leggendo i suoi libri ad alta voce

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

9 settembre 2025

Addio a Stefano Benni, lo scrittore che è sempre stato un "classico" (e non un "cult")! Il Bar Sport, il jazz e le battute fulminanti, come vogliamo ricordarlo? Leggendo i suoi libri ad alta voce
Stefano Benni se n’è andato a 78 anni lasciandoci le sue parole, che ancora oggi sembrano scritte ieri. Dalle “polacchine” trasformate dai clarkopodi ai Bar Sport diventati "aperiminchia", fino ai reading jazzati e alle battute fulminanti: i suoi libri non erano cult, erano classici. Volete ricordarlo? Ascoltate il figlio Niclas

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

Avete presente le Clark? Quelle scarpe scamosciate che qui chiamiamo, non so il motivo, “polacchine” ma il cui nome originale è “desert boots” e dunque dovrebbero essere scarpe estive da indossare, non so, con i completi sahariani, calzettoni alti, pantaloni corti, cappello da esploratore e che invece molti intellettuali (o facenti le feci – con la “f”) nostrani indossano rigorosamente d’inverno dando anche la misura dell’intelletto intellettuale? Ecco, quelle, non le indosso più da quando, in “Baol”, lessi il seguente passo (“passo” è la parola giusta): “Quando arrivo io c'è un'allegra brigata di gerarchetti e clarette che stanno per andare a una qualche première. I gerarchetti sono clarkopodi, fumano cigarilli snelli e hanno giacche con spallone anabolizzate. Le clarette hanno pantaloni di giaguardami e tigraffierei, aderenti ma aderenti che quando si siedono uno si aspetta che suoni l'allarme. Stanno lì ridendo in posa, come un set di spot di brut. I gerarchetti parlano dell'argomento del giorno, che sta per scadere a mezzanotte. Le clarette pispillano della nuova divisa della polizia disegnata da Jean Paul Charrier, col basco stile rapper e un mitra mignon molto sexy color muschio. Dalla strada, arrivano duelli di clacson e sirene della polizia, l'orchestra di mezzanotte che accorda gli strumenti. La voce di un Prete Pazzo urla minacce cosmicograme. Perché sono qui stanotte, solo e triste a dieci anni dal Duemila? Perché sono un soldato”, e considerate che il libro è stato pubblicato nel 1990 e comunque è da allora che non indosso Clark perché il neologismo (ne ha inventati tanti, Stefano Benni) mi è entrato nel cervello e non voglio essere definito clarkopode da nessuno (ogni tanto mi viene in mente che forse Stefano si riferisse ai mocassini Clark (che sono una rivisitazione dei “penny loafer”, scarpe lapponi poi indossate dagli agricoltori americani e infine da Vittorio Sgarbi che ne fece anche una pubblicità su Repubblica) per cui non indosso più neanche quelli.

Stefano Benni e Pietro Perotti al Museo delle creature immaginarie
Stefano Benni e Pietro Perotti al Museo delle creature immaginarie foto Ansa

Questo per dire che la scrittura di Stefano Benni è senza tempo e se degli altri autori tu puoi scrivere una biobibliografia mentale ripassando gli anni di pubblicazione dei libri, con Benni non puoi: sembrano tutti scritti simultaneamente ieri; non sono “cult” sono “classici” (“classico” è più di “cult”, lo dico per i cerebrosocial che dicono cult per intendere classico, mentre sono due cose diverse e le Cult possono essere a loro volta anche scarpe). E sono libri che non puoi fare a meno di leggere a voce alta, perché a volte ti entrano così tanto nel cervello che devono esondare, essere condivisi, e Stefano era fortissimo nei reading. Al momento mi sembra che sia stato l’unico in grado di leggere i propri libri senza causare attacchi di duepallismo al lettore (io ritengo giusto fare pagare biglietti altissimi durante i reading e le presentazioni dei libri in libreria, perché se tu vuoi andare a sentire un autore che legge se stesso – e che non sia Stefano Benni, ma mi sa che questo treno è già passato, pare sia morto – allora è giusto che il tuo masochismo ti venga fatto pagare (anche per farti godere di più). Benni amava molto il jazz, e nei reading lo accompagnavano spesso i musicisti, che di solito li distingui dall’autore non perché suonano gli strumenti bensì perché allungano il collo (i musicisti hanno questa cosa di allungare il collo quando accompagnano reading, secondo me lo fanno per cercare di farsi vedere oltre le parole) e perché sono convinti che devono suonare il jazz se un lettore legge. E infatti una volta un musicista rimproverò a Benni di leggere troppo veloce e lui gli tirò il collo rispondendo: “Io scrivo swing, sei tu che sei lento”. E infatti amava il calcio (che è un jazz che cerca di diventare swing) e tifava per il Bologna e collaborò anche con Beppe Grillo ma poi disse che si era attorniato da ignoranti, e collaborò anche con Enzo Jannacci e spesso, quando appariva in Rai, lo tagliavano non appena iniziava a parlare (“Forse non gli è piaciuto come ho detto buonasera”). Con il suo “Bar Sport” fu uno dei primi a unire il surrealismo con la cronaca spicciola e tale fu il successo che molti “Bar Sport” italiani misero fuori il cartello “Qui Bar Sport Originale”. Ancora questi bar resistono nei piccoli centri (ora li chiamano borghi) dove ci sono ancora i portaceneri della Cinzano bruciacchiati e nei benzinai lungo le strade provinciali nel nulla mentre in città tutti i Bar Sport sono diventati aperitifici ognuno con la propria specialità, aperidj, aperisushi, aperiminchia (molto gettonato), ma le elezioni, si sa, si vincono in provincia. Credo di dovermi fermare qui anche perché quando inizio a parlare di Stefano Benni poi per fermarmi mi dovete sparare, ma vi lascio con l’invito di Niclas, il figlio: “Buongiorno a tutti, sono il figlio di Stefano. È con grande dispiacere che devo dare notizia della scomparsa di mio padre. Era affetto da tempo da una grave malattia che lo aveva tenuto lontano dalla vita pubblica. Su questa pagina daremo più avanti informazioni su come si svolgeranno le esequie. Una cosa che Stefano mi aveva detto più volte è che gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti. Come alcuni di voi sapranno, Stefano era molto affezionato al reading come forma artistica, lettura ad alta voce – spesso accompagnato da musicisti. Quindi, se volete ricordarlo, vi invito in questi giorni a leggere le opere di Stefano che vi stanno più a cuore a chi vi sta vicino, ad amici, figli, amanti e parenti. Sono sicuro che, da lassù, vedere un esercito di lettori condividere il loro amore per ciò che ha creato gli strapperebbe sicuramente una gran risata. Grazie”. Noi di MOW, leggiamo ad alta voce un passo di "Baol" (perché ce l’ho già in mano, l’ho consultato per i clarkopodi): “È una tranquilla notte di Regime. Le squadre antidroga sparano agli spacciatori, dalle Ferrari in corsa gli spacciatori rispondono al fuoco. Centinaia di gorilla scortano i gerarchetti verso le zone del vizio, ghinze, testacei e perversailles, verso i night e i peep e i party e i bingo. Il centro è intasato. Due strade sono chiuse per sfilate di moda, la polizia vigila, ieri c'è stato uno scontro tra gli stilisti governativi e quelli del governo ombra. Sono scoppiate zuffe in passerella, sette indossatrici ferite e uno stilista morto con un tacco a spillo in fronte. Adesso sfilano armati”.

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