Per riferirvi di costui, ho dovuto mostrare una grande prova di pazienza. Con me stessa più che altro, per non dare di matto. Non mi sono preoccupata di recuperare sul web la sua età, sarà un trentenne-quarantenne, deduco di origini siciliane da alcuni brani biografici gettati nei reel che pubblica su Instagram. L’autorevolezza dei cosiddetti coach motivazionali è tutta sintetizzata nel proclama - sul genere fanfara - promulgato da certo Alessandro Arnao. Si legge nella biografia: fondatore della prima accademia di self publishing, la più grande community d’Europa. Questo signore porta avanti un bel discorsetto, a metà tra rabberciati asset finanziari (l’inglesismo inutile è d’obbligo, così da non capirci un accidente) e editoria, pedagogia rionale e new age da cassamortari. Nel senso: nulla. Anche stavolta. Però vedete, nel qual caso mi prende male. Il signore in questione mischia tutto ciò, confusamente certo, inserendo nell’insieme pasticciato anche l’ingrediente editoria, letteratura, ma lui, il tipo, genericamente intende infilare tutto nello sfintere a suo uso definito: libro. Ecco, dice: se hai un forte perché, non lavori e diventi ricco. Come: con il self publishing. Cioè ti pubblichi un libro da solo e lo piazzi su Amazon. Se non hai un forte perché pazienza amico. Quindi a scanso di equivoci se frequenti il suo corso e poi resti tale e quale lo sfigato che sei: è solo colpa tua.
Applauso. Ricapitolando, fai un corso e poi ti pubblichi un libro. E dice, questo signore, Arnao: altro che un libricino. Chi vi scrive: scrive. Voglio dire: scrivo romanzi. Nel senso: faccio parte di quel giro di anime infelici che hanno a che fare con la parola, con la scrittura. Qui viene liquidata in due passaggi. Interessante. Coach motivazionale, al secolo Alessandro Arnao. Chissà se ha letto Steinbeck. Lascio stare i russi, i miei amati russi. È abbastanza un’ovvietà verificata l’assoluta ignoranza con cui si riduce la questione altissima della letteratura che può accomodarsi parzialmente in un libro, con ciance di una tale portata. Mi domando ancora una volta: quale babbeo può cadere in una trappola concepita così stupidamente e maldestramente. La brillante idea del self pubblishing con tanto di Accademia folgora il signor Arnao in piena pandemia. Pensa te.
E ne fa il resoconto con autentico entusiasmo sul suo profilo Ig: “Quanti business online ti danno la possibilità di creare un prodotto praticamente a costo zero? In questo caso, il libro è stato prodotto in totale autonomia... E, come avrai potuto capire dalla precedente testimonianza, è un prodotto di altissima qualità. Superare una casa editrice americana, avere un ottimo riscontro lato recensioni, sono tutti segni di quanto si sta lavorando bene”. Mi manca il quid dell’indignazione, siamo oltre. Oltre la banalità, la mancanza di eleganza persino nel raccontare l’improbabile. Se c’è il recondito sospetto che si voglia fottere il mondo, costui lo fa proprio male, scarsamente direi. Avrebbe bisogno di frequentare un corso motivazionale tenuto da sé medesimo sul tema: se devi fottere il mondo, almeno fottilo come si deve. Non sono fenomeni, nemmeno da baraccone. Non sono nemmeno paraculi. Se la cavavano meglio i venditori di pentole e di enciclopedie, i venditori di smacchiatori miracolosi nelle fiere campionarie. Non sono nemmeno Arsenio Lupin nella vocazione. Un esempio ammirevole di scaltrezza, di figaggine applicata negli ambiti della noiosissima esistenza, per gabbare l’altro. Macché. Insiste con coraggiosa tenacia il mister: “E così un libro può ambire a diventare un Best Seller......oltre che un asset in grado di generare una bella rendita mensile, esattamente come un attico nel centro di Milano. Ma l'attico ti costerebbe più di un milione di euro per l'acquisizione, mentre il libro puoi produrlo con zero euro. Ti suona bene come cosa?”. (Notate – oltre che le estemporanee emoticon - il numero di puntini di sospensione, la grammatica ortografica ne pretende solo tre, qui siamo proprio alle aste, nda). Dici se mi suona bene? Uh, puoi contarci, fratello.