I cartoni animati di oggi hanno abnormi difetti: design poco curati, dialoghi no sense dove si urla e si sbraita e colori talmente forti che offuscano la vista. Per non parlare del politicamente corretto e del perbenismo che cresceranno una generazione di scemi. Al di là della mandria di robot degli anni ’70 che imperversavano sulla Rai, quando è esplosa la tv dei ragazzi prima con Fininvest poi con Mediaset abbiamo assistito ad una moltitudine di cartoni giapponesi curati nei miei dettagli, dai disegni ai dialoghi, finanche le sigle. Vale la pena citarne alcuni come Mila e Shiro due cuori nella pallavolo, Pollyanna, Papà Gambalunga, le varie serie di Holly e Benji e Sailor Moon, le maghette Emi, Creamy ed Evelyn, o Piccoli problemi di cuore. Dagli anni ’80 fino ai 2000, la tv dei ragazzi Mediaset ha sfornato fior fior di cartoni e sigle che tutti ricordano e cantano tutt’oggi, dagli adulti ai bambini; è stato un pezzo di televisione florido per i pargoli e di relax per i genitori perché i figli erano incantati per ore davanti al piccolo schermo, che oggi non è così tanto piccolo. Anche la Rai ha avuto un ruolo importante nella messa in onda di cartoni animati quali Gargoyles, Principessa Sissi, Biker Mice e Winx, però aveva meno ore di programmazione dedicata a bimbi e teenager, quindi il telespettatore tendeva più a ricordare Bim Bum Bam, Ciao Ciao e Game Boat spalmati su Canale 5, Italia 1 e Rete 4.
Tornando alle storie, c’erano drammi familiari che dovevano essere seguiti per capire se ci sarebbe stato un risvolto positivo, problemi sentimentali che finivano puntualmente in un bacio, legami di amicizia iniziati male per poi finire bene, attenzione al rapporto uomo-animale e al corpo umano. Sotto forme diverse, i cartoni animati per trent’anni hanno avuto una funzione fortemente educativa e con una morale d’impatto; affrontavano temi duri in maniera delicata, in modo che il più piccolo come il più grande potesse comprendere la storia e tirarci fuori un valido insegnamento per la vita quotidiana e il futuro.
Attualmente, tra la decina di canali dedicati a bambini e adolescenti, incastrati tra i numeri 40 e 50 del digitale terrestre e dentro un cospicuo pacchetto Sky, ci sono pochissimi cartoni animati con una trama che appassiona chi li guarda. Molti pensano che i disegni sconclusionati e i dialoghi veloci, nonché senza senso, piacciano ai bambini; non è così, semplicemente si vuole propinare loro solo quel modello perché son prodotti scadenti e che costano relativamente poco al broadcaster. Bene pensare alle finanze ma poi si deve far sempre i conti con gli ascolti e quei canali sono in share da “zero virgola”. Da non sottovalutare l’importanza dei conduttori nei vari contenitori, i quali intrattenevano il telespettatore, davano appuntamento al giorno successivo e introducevano il cartone; al momento, la programmazione per ragazzi è composta da cartoon e una valanga di pubblicità, in sintesi senz’anima.
I “grandi” canali non investono più nella fascia ragazzi e fanno male; ne è un tipico esempio Italia 1 che, dopo l’abbandono progressivo di questa fascia, ha iniziato un forte declino perché cartoni e programmi per un determinato target permettevano alla rete di crescere con loro. Investimenti intelligenti e mirati permettevano alle reti di avere prodotti di qualità, far crescere il piccolo telespettatore in maniera intelligente ma soprattutto fidelizzarlo nel lungo termine. Tutto questo non accade più, semplicemente perché non c’è più appeal e il bambino, appena diventa un minimo maturo, prende in mano tablet e cellulare; non che questo sia un male ma dare al telespettatore, al bambino come al genitore, un’alternativa che rincoglionisce meno e dal quale impara di più sarebbe cosa buona e giusta.