È "Bellissima", la "Mon Amour" d'Italia. Annalisa, dopo lunghi anni di carriera più fosca che splendente, è riuscita a coronare il sogno di diventare la regina del pop nostrano. Non era scontato, di certo non impresa da tutte. Per festeggiare, ecco il suo primo concerto all'Arena di Verona che si è tenuto il 14 maggio scorso ed è andato in onda nella prima serata dell'ammiraglia del Biscione a sancire la fine dell'estate, giovedì 5 settembre. Come è stato? Su X, oltre all'euforia generale, si leggono copiose lamentele in merito al fatto che la scaletta del live sia stata stravolta da Mediaset che avrebbe tagliato alcuni brani e modificato l'ordine di apparizione, forse nel tentativo di dare più ritmo allo show. Uno sforzo riuscito soltanto in parte. Se è innegabile che ci siano stati momenti intensi, perfetti per i social, come i duetti con Giorgia ed Elisa, d'altra parte risulta parimenti cristallino che Annalisa sia ancora impacciata sul palco, ai limiti della goffaggine, imbrigliata in abiti e coreografie di cui le interessa poco e niente. Mentre incede in scena, mai spontanea, la si può quasi sentire contare i passi con le pupille concentratissime, oltre gli argini del puro terrore. Non vuole sbagliare, è una perfezionista. Una perfezionista a cui è stato affibbiato l'ingrato compito di cimentarsi in cose che non le appartengono (balletti in primis) quando, se lasciata libera, sarebbe capace di sfornare brani e performance di proprio natural conio che raggiungerebbero senza sforzo i livelli di "...E Poi" o "Come Saprei" in sù. A non essere fanatici della 'queen' - oramai siamo rimasti in pochi - lo show è nel complesso super catchy ma stanco, insipido. Forse anche perché le hit davvero celebri e strappamutande la nostra le ha sfornate negli ultimi due anni. Prima, ossia in più di un decennio di carriera, ha vivacchiato di featuring dimenticabili, ballad purtroppo passate in sordina e "Avocado Toast". Come le riempi, davvero, due ore e passa di concerto con questo repertorio? Di sicuro, senza la pretesa di far cantare tutti mano sul cuore, ahilei. Vediamo cosa ha funzionato e cosa no nel vortice (di noia) di colei che al momento regge sulle proprie spalline anni Ottanta l'italico pop.
Non è un animale da palcoscenico. Fosse per lei - e in un mondo giusto che, però, purtroppo non è quello in cui viviamo - se ne starebbe a incantare noi comuni mortali con la potenza cristallina delle sue corde vocali, piano e voce. Nessuno, tra l'altro, avrebbe da ridire. Invece, le tocca fare uno show ammiccante che non le appartiene. Mentre la calano, imbragatissima, sul palco per iniziare il live, si può vedere distintamente quanto la nostra abbia voglia, piuttosto, di condurre un TedTalk sulla fisica quantistica. Sarebbe, di certo, meno a disagio. Se è bello che "Nali" si emozioni al cospetto delle già citate Giorgia ed Elisa con cui duetta (sulle note di 'Come Saprei' ed 'Eppure Sentire'), la scaletta, nonostante le modifiche apportate da Mediaset, vive momenti di vuoto e smarrimento. Vuoto e smarrimento che rispecchiano l'impressione che restituisce la stessa protagonista del live. Chi la gestisce lo sa. Infatti, Annalisa non è mai sola in scena. Circondata da un nutritissimo corpo di ballo che si muove sexy come fosse costantemente impegnato in un tarantolato amplesso. Tarantolato amplesso del tutto fuori contesto rispetto ai brani fatti scendere in campo. Ma la presenza di questi manzi (e manze) sinuosi è indispensabile: le stanno sempre intorno, in modo da dare l'impressione che anche lei si muova, che quasi danzi. Non è così, Annalisa riesce a prodursi soltanto in qualche mossetta studiata e, immaginiamo, sudatissima. Insomma, povera anima, a Roma si direbbe che è "de legno". Del resto, mica si può (o si deve) saper far tutto. Perché, dunque, imporle questa tortura totalmente innecessaria? Mistero fitto.
Elodie con un palo (da lap dance) solleva il mondo - e le polemiche - è un'ottima performer, ogni suo movimento costituisce show a se stante. Annalisa è l'esatto opposto. Ma è come se sia costretta a sgambettar lo stesso, contronatura. Quando le basterebbe un acuto, un ponte, una ballad qualunque che pur ha in repertorio per incantare l'universo intero. Troppe sovrastrutture non fanno bene allo show che diviene così un carrozzone di vorrei ma non posso, un grido d'aiuto costante. Che qualche anima pia la scampi e liberi da queste catene, non ne ha bisogno. Davvero. Poi, ci sarebbe la questione dei paria...
Felicissima di intonare brani di altri con altri (abbiamo visto avvicendarsi Irama, Ernia, Giorgia ed Elisa), Annalisa ha cantato da ragazza sola featuring che coinvolgevano, forse, personaggi meno "cool", i suddetti "paria", insomma. Così, il brano 'Un Domani' perde Mr. Rain, presente soltanto come voce registrata, "Movimento Lento" Federico Rossi (Benji e Fede), Tropicana i Boomdabash e via solfeggiando. Non che se ne sia sentita particolarmente la mancanza, ma come mai queste assenze? Immagianiamo, e crediamo di immaginare bene, che qualunque artista sarebbe disposto a vendersi l'intero albero genealogico pur di esibirsi all'Arena di Verona, per di più al fianco dell'attuale regina del pop italiano. Difficilmente qualcuno avrebbe potuto risponderle: "No guarda Nali, mi spiace ma proprio quella sera ho judo". Eppure, fioccano i desaperacidos. Come La Rappresentante di Lista, nella splendida voce di Veronica Lucchesi, che avrebbe meritato quel prestigioso palco a riproporre la strepitosa cover di 'Sweet Dreams' con cui aveva incantato tutti, insieme ad Annalisa, all'ultimo Sanremo. E che stavolta, invece, la nostra canta in solitaria. Non c'era spazio in scena? Troppi ballerini? Chissà.
Chi ama la "Bellissima" Nali, avrà inevitabilmente adorato questo show, "Senza Riserva". Chi riesce, invece, a considerarla un'artista senza cadere nel fanatismo spinto, non avrà potuto fare a meno di notare le falle di uno show che prometteva di essere tanto strepitoso da meritarsi una prima serata sull'ammiraglia del Biscione. E che poteva esserlo. Anche se non tutte le canzoni, eccezion fatta per le più recenti, creano l'effetto karaoke naziona-popolare (alcune, lo ribadiamo, ingiustamente). Annalisa se ne sta sul palco vestita come in uno dei propri peggiori incubi ma si presta alla messinscena perché questo, purtroppo o per fortuna, funziona, vende come mai prima. E lei ha passato fin troppo tempo a digiuno di applausi e consensi per non farselo andare bene lo stesso, hic et nunc.
Peccato. Continueremo a sognare una versione 'Unplugged' dei suoi brani dal vivo - deprecabile eresia non inserire in scaletta la sanremese 'Diluvio Universale'! - piano e voce, senza troppi fronzoli e gente che si dimena, tarantolata, sul palco. Annalisa basta a se stessa. E avanza pure. Tutto il resto è noia, è la fabbrica di plastica. Mentre l'euforia, non vogliatecene, rischia di tramutarsi in clownerie. Per assurdo, "Nali" ha disperato bisogno di qualcuno che creda davvero in lei. E non nell'immagine posticcia e "vendibile" che le è stata cucita addosso malamente. Non è la sua taglia, il suo gioco, nemmeno ciò che vuole, azzardiamo. Nonostante il (meritatissimo) successo a cui è finalmente giunta, verrebbe quasi da abbracciarla, da dirle che passerà presto, che un giorno potrà fare ciò che le riesce meglio (cantare ed emozionare col 'solo' ausilio del proprio unico e raro talento) senza mossette sceme e ciapet al vento del tutto immotivate. E allora sì che sarà uno show, il suo show da "Dieci" e lode. Oggi tutto quel sopraffino potenziale, almeno in scena, è fagocitato da un gigantesco "Avocado Toast". Di gran moda, ma inutile, effimero, indigestissimo. Pietà.