“Ari, sei veramente figa… tu sei il mio futuro, la mia erede”. “Eh, ho fatto un troiaio”. Gianna Nannini Dixit. Partiamo da qui. Da due frasi estrapolate da contesti diversi, ma che possono aiutarci nel ragionamento. La prima è stata recentemente riportata da Ari, che poi sarebbe Ariete, una delle cantautrici simbolo della Generazione Z, testa di serie di quel che resta del genere indie. L’ha fatto nel contesto di Say Waaaad, al microfono dello stesso Michele Wad, durane i festeggiamenti del Deejay Party, da Terrazza Martini. Parlando di sé stessa, non senza una certa enfasi sempre assente di lusso nei suoi testi, anzi, in puro stile Gen Z sempre costantemente depressi, la cantautrice di Anzio, classe 2002, nome all’anagrafe Arianna Del Giaccio, ha raccontato di come, dopo averla chiamata a duettare con lei allo stadio Franchi di Firenze, la Gianna nazionale si sia lasciata andare a grandi complimenti, in qualche modo abdicando a suo favore.
La seconda, invece, magari la ricordate, è avvenuta in eurovisione, durante uno degli ultimi Festival di Sanremo, sarà stato il 2018, a occhio, quando sempre lei, la Gianna nazionale, introdotta come l’incarnazione italica del rock, dopo aver presentato per altro una canzone che di rock non aveva praticamente nulla, un pop piuttosto scialbetto e all’acqua di rose, non azzeccando una nota neanche per sbaglio, come un Tananai qualsiasi, ha ammesso candidamente di aver fatto un casino, usando un’espressione tipica della sua terra, quella Toscana, Siena nello specifico, che così tante espressioni colorite ci regala. Proviamo a unire i puntini, tipo Steve Jobs, consapevoli che di puntini ne abbiamo messi sul foglio pochi, ci riuscirebbe anche un bambino non proprio sveglissimo.
Gianna Nannini è stata per una porzione degli anni a cavallo tra Settanta, Ottanta e primi Novanta la nostra massima rappresentante del rock al femminile. Per almeno un paio di motivi piuttosto concreti. Era oggettivamente in stato di grazia, e brani come America, inno alla masturbazione, o Fotoromanza, ne sono prova provata, mescolava energia e irriverenza, caratteristiche tipiche del genere in questione, con una capacità melodica tipicamente italiana, quasi pucciniana, per rimanere in zona, andando così a creare un mix originale, unico, facilmente riconoscibile e esportabile, noto è come in quegli anni, e anche oggi, la Nannini sia stata molto amata nei paesi del nord Europa, Germania in testa. Era praticamente la sola a provare a percorrere quella strada, per lei quindi un’autostrada senza code e ingorghi, facile venire eletti al primo turno se non c’è nessuno che ti si presenta contro alle urne.
Scherzi a parte, Gianna Nannini ha fatto cose belle. Poi si è un po’ persa. Ci sta, succede anche nelle migliori famiglie, e l’ispirazione non può certo durare per sempre. Il fatto di non avere una intonazione esattamente affilata, va detto, non l’ha molto aiutata, specie ultimamente, quando la voce le dovrebbe servire per sostenere pezzi che di loro sono già abbastanza irrilevanti. Si finisce per fare un troiaio, e la cosa seppur faccia sorridere un po’ immalinconisce.
Sul perché, oggi, 2022, la Nannini indichi Ariete come sua erede, però, si potrebbero aprire discorsi che neanche un Roberto Giacobbo particolarmente in forma saprebbe affrontare, forse neanche un Red Ronnie connesso con l’altra dimensione. Perché Ariete è una cantautrice tipicamente indie, dando al termine in questione la valenza che ha, cioè una cantautrice che scrive canzoni che un tempo avrebbero bollato (lo avrei fatto anche io, ma non ho voglia di attirarmi le ire dei suoi tanti fan) come esili, intrise di testi sul depresso andante, arrangiate in maniera sciatta, così usa adesso, a metà strada tra una acustica da cameretta, l’indie parte dalla cucina di Dente, non dimentichiamocelo mai, e un’elettronica fatta col Vic20, melodie tirate fuori su armonie claudicanti, come di chi conosce tre accordi e su quelli può giocare, ma testi che impattano in maniera devastante sui suoi coetanei, la Gen Z di cui sopra, sposandone in pieno tutte le caratteristiche e le esigenze, non solo fotografandone alla perfezione ogni singola sfumatura, dall’incapacità di trovare il proprio posto nel mondo alla totale volontà di non essere catalogati e inquadrati, ma in qualche modo eleggendo quel sentire a manifesto generazionale, né più e né meno di quanto i cantautori impegnati degli anni Settanta facevano con la generazione nata nel Dopoguerra. Una cantautrice che ha evidentemente un talento, che come nel caso della Nannini, o almeno la Nannini più recente non è certo quello dell’essere intonata, sembra che a Ariete come a buona parte dei suoi giovanissimi colleghi saper azzeccare le note scocci, come se fosse qualcosa di borghese, antico, volgare, e che sta vedendo il suo nome e il suo repertorio salire a larghe falcate la scalinata del successo, accompagnata in questo da Spotify, che la piazza giustamente, giustamente per le logiche di Spotify, in tutte le playlist possibili, aumentando esponenzialmente, oggi funziona così, la sua possibilità di diventare una popstar. Una cantautrice indie che col rock pucciniano di Gianna Nannini nulla ha a che vedere, direttamente, ma neanche indirettamente. La Nannini, infatti, non ha mai rappresentato alcunché per alcuna generazione, non è stata simbolo di qualcosa, perché probabilmente, a quei tempi usava così, voleva puntare all’unicità, non certo a farsi portatrice di un manifesto. Prova ne è la gestione personale che ha sempre fatto della sua sessualità, lei che proprio sul sesso ha spesso giocato, con quella carnalità tipicamente toscana, godereccia, nei testi delle canzoni, ha a lungo tenuto per sé il suo orientamento, provando a seminare gli inseguitori, invitando in sostanza chi aveva di fronte a farsi i cazzi suoi. Ariete in questo è perfettamente inquadrata nella sua generazione, non ha difficoltà a parlare di fluidità, da boomer ho problemi a azzeccare le parole giuste, dichiaratasi sin da subito bisessuale ma anche del tutto ostile al coming out, non volendo dare al sesso una valenza “caratterizzante”, della serie: che ti frega se sono lesbica, etero, non binaria o quel che è?
Lo so, potrebbe sembrare che questa sia una contiguità con quanto detto poco sopra su Gianna Nannini, riguardo il volersi fare i cazzi propri, ma così non è. Perché Gianna Nannini è del 1954, e i tempi in cui è stata rockstar potevano anche trovare l’ausilio in dichiarazioni che non sono avvenute. Certo, e su questo come darle torto, quel che è o non è sono giustamente cazzi suoi, e lungi da me il voler pretendere prese di posizione che sono arrivate solo di recente, sto solo cercando di trovare punti di contatto tra le due. Punti di contatto che, continuo a confessare, a vista non sono percepibili. Non fanno musica accomunabile, non hanno un percorso personale accomunabile, non hanno neanche un impatto sul pubblico accomunabile, perché il successo dei tempi della Nannini è stato assai più mainstream di quello di Ariete, piaceva agli adulti come ai ragazzi, perché era strana, come un Renato Zero chiamato a cantare la sigla del programma del sabato sera, ma era anche per certi versi riconducibile a una certa classicità. Rimane un aspetto che, avendo gran simpatia per Gianna Nannini (Ariete non la conosco, e onestamente le sue canzoni sono troppo rivolte a altri che a me, non riesco proprio a capirle), temo sia il vero motivo di queste dichiarazioni, e quindi anche di questo articolo, Gianna Nannini, un po’ come la Pausini che chiama Madame, altro feticcio generazionale, a scrivere per sé, sta provando a tenersi vicina Ariete per avvicinarsi ai giovani, come se il dire che Ariete è la sua erede in qualche modo potesse spingere i Gen-Z a ascoltare le sue canzoni, che tenerezza. Altre motivazioni non se ne trovano. Il che ci riporta dritti dritti all’incipit di questo pezzo, e alla doppietta di citazioni nanniniane. Perché è vero Ariete nel riferire come Gianna la abbia indicata come sua erede potrebbe suonare arrogante, mentre in realtà credo sia solo spiazzata, inorgoglita dall’essere riconosciuta di talento da una che in tutti i casi stava lì a cantare al Franchi, non al Centro Commerciale, Gianna Nannini, e che cazzo, ma è pur vero che ultimamente Gianna Nannini si trova più spesso incastrata in troiai che in situazioni dritte, fa video in cui prova a stigmatizzare la morte di George Floyd e viene attaccata dal sindacato di polizia italiano, si incasina con le dichiarazioni dei redditi e finisce sotto accusa da parte del fisco, dice che è contro il coming out e nel farlo dice di preferire la parola “frocio” alla parola “gay”, parlando di diritto alla libertà, ma si spiega male e viene accusata, lei, di essere omofoba, non azzecca una hit da tempo immemore. Insomma, un troiaio.
Dubito che Ariete sarà la Gianna Nannini del nuovo millennio. Sono cambiati i tempi, e nessuno sembra destinato a quel tipo di situazioni, non fosse altro perché la musica si ascolta gratis e per riempire gli stadi, invece, tocca attirare tantissima gente disposta a tirare fuori un sacco di soldi, e perché una come Ariete, che parla una lingua sconosciuta ai boomer, incomprensibile a chi non sia parte della sua generazione, non può scandalizzarci per lo stesso motivo per cui non ci può scandalizzare chi parla giapponese se non capiamo il giapponese, trasformando le sue idee anche legittimamente cariche di istanze positive in semplici fonemi innocui. Resta quel filo di malinconia nel vedere le star del passato costrette a rincorrere i giovanissimi in questa maniera, dicendo parole un po’ a caso e finendo per fare un gran troiaio. Del resto non tutti hanno la forza d’animo di riconoscersi come un dinosauro sopravvissuto alla pioggia di meteoriti, arrivando per questo a ringraziare la buona sorte.