Quando Lucio Dalla cantava della casa bianca in riva la mare, Maria era il sogno d’amore di un carcerato che per noi non aveva volto né voce, ma anche quel carcerato aveva il diritto di parlare e di desiderare un’altra vita. Oggi non in quella casa ma comunque agli arresti domiciliari c’è Baby Gang, arrestato di nuovo, che ne “L’angelo del male” ci racconta quella stessa voglia di libertà e di andarsene altrove. È uscito giovedì scorso, il suo nuovo e attesissimo disco, che si aggiunge ai precedenti “Delinquente” e “Innocente” chiudendo una trilogia che coincide con un percorso personale e processuale. Non si può parlare di Baby Gang senza parlare di legalità, ma neanche senza guardare ai numeri. È lui il rapper italiano con più ascoltatori mensili su Spotify sfilando il primato a Sfera Ebbasta. A soli ventidue anni e con tutti gli impedimenti che le condanne gli hanno comportato, dall’obbligo di dimora prima agli arresti domiciliari ora, Zaccaria Mouhib, questo il suo vero nome, è riuscito a conquistare una generazione e ad andare oltre i confini nazionali, è sempre lui il rapper più googlato all’estero, anche in questo caso superando Sfera.
Da quando ha 11 anni Baby Gang entra ed esce da carceri minorili e comunità (e oggi è stato arrestato nuovamente con l'accusa di aver esavo dai domiciliari pubblicando contenuti sui social) ed è proprio in una di queste che ha conosciuto il rap, un’attività legale in cui è riuscito a eccellere e che rappresenta la sua unica ancora di salvezza dalla vita di strada. Oltre all’apprezzamento del pubblico la sua musica raccoglie consensi anche tra i colleghi, che per l’occasione si sono stretti alla voce di Zaccaria a formare un unico coro unito in difesa di un genere e di una storia. Su sedici brani si contano ben 19 collaborazioni tutte di artisti più che affermati, da Sfera Ebbasta a Marracash, da Blanco a Fabri Fibra per citarne alcuni, che nelle difficoltà logistiche hanno scritto e registrato i pezzi insieme a lui spesso a distanza o in differita, autorizzazioni permettendo. La rilevanza nel rap italico di questo progetto non va ricercata nello stile, che spazia molto anche in altri mondi sonori come la bachata e il reggaeton, quanto nello spirito. Non ci troviamo di certo di fronte al disco dell’anno e forse nemmeno al migliore di Baby Gang, ma nel panorama del rap attuale, in cui il genere si è allontanato molto, anche fortunatamente, dalle logiche di strada dell’Hip-Hop, questo disco ricorda qual è la sua vera essenza. Il racconto crudo di chi nasce nel degrado e si avvale della parola per emanciparsi, un gesto profondamente romantico in cui non si può dividere il bene dal male e il male dal bene e che per questo fa fatica a essere accolto senza pregiudizi.
“Sono nato per questo, sono nato in mezzo al degrado
Un bimbo depresso cresciuto un po' presto solo […] un ladro onesto”.
La copertina dell’album replica cromaticamente il simbolo dello Yin e Yang per illustrare anche visivamente la contraddizione del titolo, che vede scontrarsi etica e giustizia in un equilibrio che il rapper non è ancora riuscito a trovare, può un ladro essere onesto?
In questa ricerca quello che rende Baby Gang attraente per la scena e per il pubblico è la sua credibilità che, se non lo pone certamente entro i confini della legalità, almeno lo ancora alla verità, rendendo il suo punto di vista una finestra inedita sul pensiero di un pregiudicato. Siamo abituati a sentire il carcere raccontato da chi ne è fuori, ma grazie al rap adesso i riflettori sono puntati anche oltre le sbarre, riponendo uno sguardo più umano verso chi ha dei conti da pagare con la legge e mettendo in discussione la dicotomia carcerato-cattivo e carceriere-buono. In “Liberi”, la traccia manifesto dell’album con cui avrebbe voluto gareggiare a Sanremo, l’artista fa riferimento agli abusi di potere (“Mi trattano male, scioperi di fame”) che ha subito nelle sue esperienze di detenzione passate anche al carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, dove pochi giorni fa sono stati arrestati ben 13 poliziotti con diverse accuse, tra cui quelle di torture e molestie sessuali. La libertà per Baby Gang è una questione soprattutto fisica, che è la prima forma di autonomia di cui l’uomo in quanto animale sociale dispone, ma esiste una forma più vasta di libertà che gli è garantita e che gli regala una posizione che non hanno la maggior parte degli individui che possono circolare senza restrizioni sul territorio nazionale e internazionale, che è la libertà di pensiero e di espressione in virtù della quale è riuscito a diventare l’artista influente che è. In un’era votata alla superficialità in cui se non posti non esisti, Baby Gang che non ha potuto nemmeno girare tutti i video promozionali dei brani inediti per le piattaforme digitali e i social, è riuscito con la sola parola a conquistare una platea e a convincere che una voce senza faccia può fare di più di una faccia senza voce. Nel bene e nel male.