A Vinitaly in corso con chi discutere di vino se non con Camillo Langone? Il più grande lambruschista del mondo, esperto italiano di vini, lo scrittore di romanzi raffinati con il carisma semplice della polemica (vedi la sua preghiera su Il Foglio), ci ha raccontato quali sono quelli del momento, quali i migliori vitigni italiani, ha parlato della lotta di immagine tra champagne e prosecco e nel mercato enologico. Presto su tutti i social di MOW presenteremo un format in dieci puntate dal titolo “Insegnare il vino alla plebe", proprio a cura di Langone.
In un editoriale hai parlato di vino rosso in crisi. Per quali fasce d'età?
Beh, non lo dico io, lo dicono i dati di mercato. Impietosi. Ovviamente la crisi è più grave per quanto riguarda le giovani generazioni. Che sono il futuro e dunque, con un balordo gioco di parole, potrei dire che il futuro del vino rosso è nero.
E cosa ti aspetti da questa edizione del Vinitaly 2024?
Niente, assolutamente niente. Non è certo una manifestazione vinicola, per quanto grande, a poter invertire una tendenza così epocale. Perché, e lo dico sempre, la crisi del vino è una crisi della cultura. Della nostra cultura, per la precisione. Le culture, le ideologie, le religioni che avanzano, il salutismo, l'ambientalismo, l'animalismo, l'immigrazionismo, l'islamismo, per il vino sono esiziali.
Nel 2023 avevi scritto un articolo in merito al Vinitaly dal titolo: “Il vino cambia il mondo”. Ci puoi spiegare che cosa intendevi?
Accidenti, ti sei messa a fare ricerche... Più che cambiare il mondo secondo me lo salva. A cominciare dal paesaggio. Penso ai terrazzamenti liguri, valtellinesi, ischitani, amalfitani e di altre zone scoscese dal Trentino all'Etna che senza il vino, ossia senza la coltivazione della vite, franerebbero a valle. Ci sono vigne più belle di musei, vigneti che sembrano chiostri, e penso alle vigne di Carema e di Donnas, tra Piemonte e Val d'Aosta, con le pergole sostenute da pilastri di pietra. Ecco, lì si capisce bene come il vino sia un pilastro della nostra civiltà.
Cosa ne pensi del vino biologico?
Io sono cattolico quindi credo in Dio, non in Bio. Cerco di evitare vini che dichiarano, fin dall'etichetta, l'adesione, più o meno convinta, più o meno opportunistica dei produttori al panteismo. Ma siccome il Bio è un fenomeno invadentissimo a volte, per non rinunciare a determinate buone bottiglie, chiudo un occhio e lo bevo comunque, godendomi il vino senza badare a certificazioni e chiacchiere.
Ci sono dei vitigni che ami particolarmente?
Beh, io mi vanto di essere il lambruschista massimo, il più grande conoscitore e cantore di tutte le varietà di Lambrusco dal Sorbara, tipico della Bassa Modenese, fino al Maestri, tipico del Parmense. Passando per i vari Lambruschi reggiani e mantovani. Il Lambrusco è l’unico vero vitigno autoctono italiano, deriva dalla vitis silvestris, presente nella foresta primordiale padana prima dell'arrivo dell'uomo. Dunque, il vitigno più antico presente in Italia e al contempo, dal punto di vista tecnico, il vino più moderno. Potrei andare avanti per ore a parlare di Lambrusco...
Quali vitigni italiani sono in crisi per via della produzione industriale del vino?
In crisi qualitativa sicuramente il prosecco, la cui uva d'origine non è una grande uva ma, se vinificata con il metodo artigianale della rifermentazione in bottiglia, dà comunque vita a vini sani e piacevoli. Il problema è che questo prosecco, chiamato prosecco col fondo, rappresenta una minima parte della produzione complessiva di prosecco. Quasi tutto il prosecco in commercio viene prodotto con il metodo industriale dell'autoclave, e non dico altro perché non voglio prendere querele.
Quali sono le regioni che lavorano meglio per la produzione di vino di medio prezzo?
Il vino è geograficamente articolatissimo, andrebbe suddiviso non per regioni e nemmeno per province ma per comuni se non per i microterritori delle singole aziende. Parlare come fanno i plebei, contro cui spesso mi scaglio, di vino piemontese, toscano o siciliano è una forzatura. Anzi, un'assurdità. Ci sono vini piemontesi, toscani, siciliani buonissimi e vini piemontesi, toscani, siciliani cattivissimi. Insomma, la regione di provenienza significa poco. Ma se proprio mi costringi a farlo ti dirò che ci sono molti (non tutti: molti) buoni vini abruzzesi di buon prezzo. Per bere bene senza svenarsi anche la Calabria è una regione da tenere d'occhio.
Una volta hai detto che sia i vini economici che quelli troppo costosi non sono mai buoni. È ancora valida questa affermazione? E su cosa si basa?
Non conosco vignaioli in grado di produrre buone bottiglie a cinque euri. Una buona bottiglia a cinque euri mi farebbe gridare al miracolo. Ma i miracoli li fa Gesù Cristo, non li può fare il vignaiolo, per quanto scrupoloso. Un vino troppo economico non può mai essere buono perché non può essere prodotto con la cura necessaria. Un vino troppo costoso invece può anche essere buono ma perché spendere cento quando esistono ottime bottiglie a venti, quindici, a volte persino dieci euro?
Quindi da cosa dipendono certi prezzi?
Derivano dalla legge della domanda e dell'offerta, non dalla qualità. Sono gli ignoranti, ignoranti delle leggi dell'economia, e i saccenti, coloro che pensano di sapere di vino senza saperne davvero nulla, a credere che la bottiglia migliore sia la più costosa.
Come mai sei un grande fan dei vini frizzanti che solitamente vengono considerati di serie B?
Io sono un grande amante dei frizzanti rifermentati in bottiglia, vini meravigliosi pieni di lieviti e di vita. Di serie B o anche C sono i frizzanti passati in autoclave. So bene che la differenza è difficile da cogliere perché in etichetta questi dati non si trovano. Le etichette sono piene di informazioni ridondanti o del tutto inutili, quelle che servono davvero non ci sono. E come mai? Perché sono illegali. I regolamenti Doc, Docg, Igt eccetera certi dettagli non li vogliono far sapere. E allora bisogna andarsi a leggere le schede tecniche. Che bisogna trovare (non sempre sono disponibili) e poi bisogna trovare il tempo per leggerle e poi bisogna saperle leggere. Se sei una persona normale tutto questo lavoro non lo fai e così, oltre a risparmiare tempo, puoi continuare a dire sciocchezze intorno al vino: l'ignoranza è una forza.
Pensi che nell'immaginario collettivo lo spumante, italiano, abbia superato lo Champagne francese? O siamo ancora legati allo stereotipo dello Champagne=chic/ricco?
Più che legati, siamo ancora incatenati a questo stereotipo dello champagne. È una forma di masochismo di massa. Lo champagne è, nella maggior parte dei casi, chardonnay addizionato che sa di funghi. Io sono un liberale, un liberista, un libertario e ammetto tutte le perversioni. Però tali vanno chiamate. Se ti piace lo chardonnay, che è un vitigno standard, ordinario, e se poi ti piace addizionato, ossia con l'aggiunta di un misterioso liquorino dolciastro, e se inoltre godi a strapagarlo, liberissimo. Però io devo essere libero di chiamarti masochista. E pure un po' citrullo.
C'era un libro di Mario Soldati dal titolo Vino al vino in cui si diceva che i vini stavano cambiando, che non sono più organismi vivi ma qualcosa di fermo per via della produzione industriale. Cosa ne pensa?
Soldati è uno dei miei antichi maestri e Vino al vino è stato per me una sorta di bibbia. Ne parlo al passato perché nel frattempo il vino è appunto cambiato moltissimo. Il libro ha ancora un grande valore letterario, poiché Soldati era un grande scrittore, ha un grande valore documentario. Ma dal punto di vista enologico è storia, non è presente.
Cosa ne pensi dei vini barricati?
Le barrique sono le bare del vino. Sono di legno come le bare e come per le bare non c'è modo di estrarne qualcosa di vivo. Però va detto che è un problema meno grave di un tempo, è una moda che sta passando di moda anche perché le ultime tendenze vanno in direzione opposta. Vanno, grazie a Dio, verso la leggerezza e la vivacità.
La maggior parte degli studi scientifici smentisce il fatto che esiste una dose minima consigliata per il vino. Ne ha parlato a MOW Gianni Testino, della società Italiana di Alcologia, spiegando che è una sostanza cancerogena di tipo 1.
Non me ne frega assolutamente niente dei discorsi salutistici, relativi a una di quelle ideologie che, come dicevo all'inizio, stanno minando la civiltà della vite. Io bevo vino non perché fa bene al mio corpo, che rimarrebbe mortale anche se mi dessi ai succhi di frutta, comunque diabetogeni, ma perché fa bene alla mia anima. Cristo, Dioniso, gli dèi bevevano vino, e io bevo vino insieme a loro per fondermi con loro.