Meloni, pista e fichi è l’ultima fatica letteraria di Carlotta Vagnoli. Si tratta di un articolo che nasce per rispondere a una compagna che sbaglia, l’avvocata Cathy La Torre, rea di aver fatto mezzo complimento a Giorgia Meloni in una intervista su Il Foglio: “Piaccia o no, Meloni dà una pista a tutti”. Questo non va già a Carlotta Vagnoli, professione indignata (su Israele, sui femminicidi, su tutto ciò che conta per poter pubblicare in Italia con grandi editori). La Torre sbaglia tutto e per farglielo capire si impegna in un esercizio foucaultiano di decostruzione del discorso e dell'episteme, cioè dell’atteggiamento prevaricatore di Giorgia Meloni a partire dal suo linguaggio. Insomma: critica la propaganda della premier. Ma per farlo fa propaganda, quella della sinistra degli influencer, che vivono di semplificazioni e articoli del Post e si nascondono spesso tra Vision, Will e Freeda. Inizia con un po’ di satira su La Torre che non è satira. La chiama, in alternativa, “esercizio di critica”, anche se sa più di ripicca contro una compagna che sbaglia. L’intervista al Foglio dell’avvocata La Torre viene definita da Vagnoli “esempio di cerchiobottismo liberale” che dà bene l’idea del delirio. Cosa vi sia di liberale nel cerchiobottismo e cosa vi sia di cerchiobottista nel liberalismo lo sa solo lei. Proviamo a immaginare il percorso nel cervello di Vagnoli: leggo una cosa che non mi piace sul Foglio, quindi è qualcosa di liberale. Il liberalismo non mi piace, mi serve un modo per sminuirlo: famolo cerchiobottista. Sarà andata più o meno così. E pensare che Carlotta Vagnoli, dal liberalismo, potrebbe imparare tantissimo, per esempio il perché lei possa parlare in libertà sui social e su Italian Review (lo puoi fare solo nelle società liberali, in altri Paesi non hai neanche Instagram).
Il pezzo di Carlotta Vagnoli soffre anche di carenza di logica, i problemi intestinali dell’argomentazione (non importa quante parole importanti riesci a infilarci, se il ragionamento non regge, finisce tutto nel cesso). Per esempio scrive: “La Torre elogia la capacità comunicativa di Giorgia Meloni, che sarebbe una fuoriclasse dell’ars oratoria della politica nostrana. Per La Torre infatti, Meloni sarebbe un esempio per moltissime persone e la sua parlantina sarebbe magnetica ed efficace. Vabbè che gli standard di professionalità in ambito politico qui in Italia sono bassi, ma manco a far così”. Ora, visto l’oggettivo successo elettorale di Giorgia Meloni e il consenso intatto dopo oltre un anno di governo, le cose son due: o Meloni è davvero brava a fare il suo lavoro, ma dubito che Vagnoli sia disposta ad accettare questa eventualità, o Meloni è una brava comunicatrice, in grado di cancellare l’inadempienza e l’incompetenza (per altro oggettiva) di molti del suo entourage. Resta un mistero come si possa criticare Giorgia Meloni per ciò che fa e non fa e per ciò che dice.
A questo punto dell’articolo, cioè dopo quattro brevi paragrafetti, è necessario giocarsi un’esca per mantenere il lettore medio di Vagnoli attento: il governo di Giorgia Meloni sarebbe un regime, non nel senso tecnico (ogni sistema politico è un regime), ma nello stesso senso con cui diciamo che il governo di Mussolini è stato un regime. I motivi? “Criminalizzazione del dissenso, uso della forza tramite il braccio armato dello Stato, cancellazione delle marginalità con limitazione dei diritti fondamentali di intere comunità, controllo dei corpi, controllo dei mezzi di comunicazione, finanziamento dell’esercito israeliano, accordi con la cosiddetta guardia costiera libica, silenzio stampa su vicende al retrogusto di Msi e una spietata quanto irriverente apologia di fascismo commessa a giorni alterni”. Interessante, nessun dato, nessuna legge specifica, nessun caso particolare. Nessun segno tangibile di come Giorgia Meloni abbia radicalmente cancellato diritti di minoranze e intere comunità. È un modo di dire. Un po' come parlare di controllo dei corpi. Abbiamo la sensazione che, per le idee che propaganda, Giorgia Meloni sia un problema per l’ordine democratico. Gli accordi con la guardia costiera libica, invece, denota l’infantilismo politico di certe attiviste: anche il governo Renzi era un regime? La cosa che fa più sorridere è, tuttavia, definire il governo Meloni un regime perché sosterrebbe l’invio di armi a Israele. Fa ridere perché sostenere una democrazia in una guerra, per quanto criticabile siano le modalità, non significa diventare un regime. Poi uno può ovviamente denunciare il genocidio di Gaza (invece quelli in Sudan o in Siria, ricorda Douglas Murray, se li scordano tutti gli attivisti filopalestinesi, strano).
Vagnoli, raffinata indagatrice della psiche umana, ipotizza anche che le condanne ufficiali di Meloni della violenza omotransfobica siano qualcosa che la presidente del Consiglio “deve” fare, non che “vuole” fare. Si aggiunga la lista di generalizzazioni, tra accordi con torturatori e promozione del razzismo (è razzista dire qualsiasi cosa di critico contro l’invasione; è persino razzista parlare di invasione; è razzista parlare, mettiamola così). E poi il tocco di classe, l’incursione nell’attualità sportiva: il caso Imane Khelif: “Accusa pubblicamente una pugile di non essere ciò che è contrapponendo le “vere donne” a tutte le altre”. Questa, tecnicamente, è una bugia che si basa su una stronzata. Le stesse stronzate di Maria Grazia Calandrone di cui vi abbiamo già parlato. C’è una scarsa frequentazione con il tema dei disturbi dello sviluppo sessuale e molta ideologia. Probabilmente Carlotta Vagnoli non sa che esistono dei disturbi maschili, come il deficit della 5-alpha reduttasi, che riguardano degli uomini (xy), spesso nati in Paesi poveri e arretrati e chiusi (come l’Algeria), dove diagnosi di questo genere non vengono fatte. E che è quindi plausibile che Imane Khelif soffra di una condizione mai riconosciuta fin dalla nascita. Non è né transfobico dirlo (non è trans), né razzista (c’è chi ha sostenuto, per esempio su La Stampa, che le accuse a Khelif fossero colonialiste).
E poi il vero segno di una mentalità da branco, l’attacco al capitalismo, al sistema della libertà economia, contro il quale non è ancora chiaro cosa si vorrebbe proporre. È il sistema che si nutre della xenofobia, della paura del diverso. A Carlotta Vagnoli, scrittrice e dunque, si spera, lettrice, consigliamo i Saggi sull’individualità pubblicati da LiberiLibri, troverà alcuni articoli curiosi di Von Hayek e Milton Friedman che potrebbero farle cambiare idea. Ovviamente c’è anche un errore di fondo di tipo storico, tipico dei militanti ansiosi di esporsi: l’idea, confutata da tempo, che il fascismo e il capitalismo convivano. Il momento più bello del pezzo è anche il momento più vero. Forse, perché c’è odore di forzatura: “La differenza tra comunicare politicamente qualcosa di reale e fare propaganda sta tutta qui: delle parole vuote noi categorie marginalizzate ce ne sbattiamo il cazzo, soprattutto se queste sono accompagnate da provvedimenti che ci limitano la libertà a esistere. Per questo mi fa incazzare da morire che si faccia un endorsement di questo tipo a un personaggio come Meloni, che del soffitto di cristallo fa suo rigidissimo scudo”. In poche frasi due parolacce e nel resto dell’articolo niente? Sa di stile vuoto e forzato, come dice parlando del linguaggio della Meloni: “Non c’è niente di autentico”. Insomma, anche questa è propaganda. E non paghi si torna a parlare dell’inadeguatezza del “liberalismo del Pd”. Dire Pd liberale, per usare le parole di Carlotta Vagnoli, “mi fa incazzare”. Come leggere che il liberalismo sarebbe semplicemente “marchetta”. Fa piacere vedere come invece tenta di ribaltare un certo vocabolario tipico della destra per usarlo in suo favore. Ora l’endorsment di La Torre viene definito “buonismo”, mentre ciò che Carlotta Vagnoli crede di fare viene chiamato “radicalizzazione”. Ma le due cose non necessariamente vanno in disaccordo. Carlotta Vagnoli è una buonista radicale, salva tutti tranne i cattivi. La caratteristica dei buonisti è l’assenza di carità cristiano, di senso del perdono. Carlotta Vagnoli accetta e tollera tutti, tranne chi ha bisogno di essere perdonato (i cattivi di destra). Anche la sua è propaganda, effettivamente illiberale. Carlotta Vagnoli odia la libertà, la democrazia e chi non la pensa come lei. Odia una buona fetta di mondo, purché questa non arrivi in Italia con un barcone o non sfili in costume (per poi fermarsi nella libreria all’angolo e comprare i suoi libri; pubblicati da un colosso editoriale capitalista legato a un terzo del governo fascista che tanto odia).