Giuseppe (Beppe) Fiorello ha debuttato al cinema in veste di regista con “Stranizza d’amuri”, un film basato sul delitto di Giarre, sulla vera storia d’amore (senza lieto fine) fra i siciliani Giorgio Giammona e Antonio Galatola. Gli attori, due perfetti Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, entrambi esordienti, sono riusciti a raccontare con una delicatezza unica, un delitto che ha cambiato per sempre la percezione dell’omosessualità in Italia e che da lì a poco, nel 1980, avrebbe visto nascere la prima associazione Arcigay proprio a Palermo. “Se gli vuoi bene a quello, sparire è il regalo più bello che gli puoi fare” dice la mamma preoccupata a uno dei due protagonisti, e invece no, loro di sparire non ne hanno proprio voglia. Anzi, lottano fino alla fine per esistere in una Sicilia che viene raccontata in tutta la sua bellezza e pure ignoranza. “In quegli anni, le cose sembravano essere più belle, eppure non era così”, dice Fiorello, e non potrebbe esserci frase migliore per descrivere proprio la sua terra, quella degli scorci infiniti e dei pomodori arrostiti al sole, che a lui ha fatto tanto bene ma che forse ad altri, come ai due ragazzi, ha soltanto ferito a morte. Il regista, però, è un po’ troppo paraculo…
Paraculo perché non solo potrebbe aver scopiazzato un libro di Valerio La Martire dal titolo proprio Stranizza senza citarne la fonte, ma soprattutto perché sostiene che il suo non sia un film politico, ma semplicemente il racconto di un amore puro che “si presterebbe a più interpretazioni”. Ora, se La Martire ha ragione lo stabilirà il Tribunale. Sulla finalità del film, invece, c'è ben poco da capire, di messaggio ce n’è uno solo: non si può morire d’amore.
Stranizza d’amuri non può essere solo il tributo a una coppia che non c’è più, perché Fiorello ha deciso di parlare di un amore omosessuale in una realtà omofoba, denunciando, volente o nolente, una mancanza di tutele per la comunità LGBTQIA+.
Perché Giamona e Galatola ci sono ancora, in tutte le persone che ancora non si vedono riconosciuti alcuni diritti. Questo film è utile, serve per ricordare non solo quelle che sono state le preoccupazioni e le paure di persone che non sono mai state veramente protette, che hanno bisogno di aiuti concreti e non di qualche schwa messa a casaccio.

Chi dice che questo è un film brutto o peggio ancora vecchio è perché forse dà per assodato delle cose che (purtroppo) non lo sono affatto. Nell’Italia di adesso c’è bisogno di fare chiarezza, di “far sbattere la faccia a tante persone” su temi come questi, di avvisare di quelle che potrebbero essere le conseguenze dell’ignoranza che non sta in Sicilia o nell’anteguerra, ma in tutto il Paese ai giorni nostri.