Ronnie Rondell Jr. non era una star, eppure il suo corpo in fiamme è entrato nell’immaginario collettivo più di tanti volti da prima pagina. È lui, infatti, l’uomo che nel 1975 si lasciò incendiare sul piazzale della Warner Bros a Burbank per la copertina di “Wish You Were Here” dei Pink Floyd, una delle immagini più riconoscibili della cultura rock. La scena: due uomini in giacca e cravatta si stringono la mano, uno dei due brucia. Un’allegoria del vuoto, dell’assenza, del patto con il fuoco dell’industria discografica. Quell’uomo, con i baffi che finirono letteralmente bruciacchiati durante lo scatto, era Rondell.
Nato a Hollywood nel 1937, figlio di un assistente alla regia e cresciuto tra tuffi, ginnastica e acrobazie, Rondell entrò nella US Navy come specialista in immersioni e demolizioni subacquee, prima di approdare al cinema. Non davanti alla macchina da presa come attore, ma come stuntman, quell’artigiano del rischio che trasforma l’impossibile in spettacolo.
La sua carriera, come riportato da Sky News, attraversa decenni e generi: da “Kings of the Sun” (1963), dove saltava da un palo in fiamme che crollava al suolo, a “Shenandoah” (1965), che lo immortalò sospeso a testa in giù sopra un cannone, fino a una lunga serie di titoli che compongono un catalogo impressionante. “Diamonds Are Forever” (1971), “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” (1974) di Mel Brooks, “Arma letale” (1987), “Thelma & Louise” (1991), “Speed” (1994), “Star Trek: First Contact” (1996). E, già in pensione, un ritorno d’eccezione: la spettacolare sequenza d’auto in “The Matrix Reloaded” (2003), sotto la supervisione del figlio R.A. Rondell, a sua volta stunt coordinator.
La lista comprende anche partecipazioni a produzioni di culto come “Twister”, “The Mighty Ducks” e persino “Batman & Robin” (1997), dove non era più davanti alle telecamere ma dietro, a coordinare altri stuntmen. La sua compagnia, Stunts Unlimited, ricordandolo, ha scritto: “In una categoria tutta sua, Ronnie è stato un mentore generoso i cui talenti hanno fissato lo standard per ogni aspirante stuntman. Ronnie non era solo una leggenda, era leggendario e mancherà profondamente”.
Non fu solo la carriera a segnare il suo percorso, ma anche la tragedia. Uno dei suoi figli, Reid Rondell, morì a soli 22 anni in un incidente in elicottero durante le riprese della serie Airwolf nel 1985. Una ferita che non si rimarginò mai. Eppure la famiglia Rondell rimase intrecciata con Hollywood: il padre Ronald R. Rondell aveva lavorato come aiuto regista in film come Il giro del mondo in 80 giorni, mentre il figlio R.A. porta ancora oggi avanti l’eredità paterna coordinando stunt spettacolari.
Sul set di “Wish You Were Here” non era convinto. Come ricordò Aubrey Powell, fotografo della leggendaria copertina, Rondell inizialmente esitava: “Credeva che lo stunt fosse più pericoloso delle scene d’azione dei film in cui aveva già lavorato” (Daily Beast). Aveva ragione: il vento cambiò direzione e le fiamme finirono per avvolgergli il volto. Servirono vari tentativi per ottenere l’immagine che sarebbe entrata nella storia del rock.
Rondell è morto a 88 anni in una casa di cura a Osage Beach, Missouri, come confermato dalla famiglia (Sky News). Lascia la moglie Mary, il figlio R.A., nipoti e pronipoti.
Se oggi il suo nome emerge sui siti di notizie, non è solo per la sua morte, ma perché la sua vita dimostra quanto la storia del cinema e della musica sia fatta anche dai personaggi invisibili. Attori che non recitano battute, musicisti che non incidono note, uomini che si gettano nel fuoco reale perché il fuoco simbolico rimanga per sempre impresso in un’immagine.
