image/svg+xml
  • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca Nera
  • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • Girls
    • Orologi
    • Turismo
    • Social
    • Food
  • Sport
  • MotoGp
  • Tennis
  • Formula 1
  • Calcio
  • Volley
  • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Cover Story
  • Attualità
    • Attualità
    • Politica
    • Esteri
    • Economia
    • Cronaca Nera
  • Lifestyle
    • Lifestyle
    • Car
    • Motorcycle
    • girls
    • Orologi
    • Turismo
    • social
    • Food
  • Sport
  • motogp
  • tennis
  • Formula 1
  • calcio
  • Volley
  • Culture
    • Culture
    • Libri
    • Cinema
    • Documentari
    • Fotografia
    • Musica
    • Netflix
    • Serie tv
    • Televisione
  • Cover Story
  • Topic
Moto.it
Automoto.it
  • Chi siamo
  • Privacy

©2025 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159

  1. Home
  2. Culture

E se qualcuno vi dicesse che “Una battaglia dopo l’altra” di Anderson con DiCaprio non è un capolavoro (né è un film attuale)? Lo fa Bret Easton Ellis. E la rivoluzione...

  • di Matteo Cassol Matteo Cassol

10 ottobre 2025

E se qualcuno vi dicesse che “Una battaglia dopo l’altra” di Anderson con DiCaprio non è un capolavoro (né è un film attuale)? Lo fa Bret Easton Ellis. E la rivoluzione...
Per tutta la critica mainstream “Una battaglia dopo l’altra”, film di Paul Thomas Anderson che dominerà verosimilmente i prossimi Oscar, è un capolavoro che fotografa alla perfezione il presente. Ma è proprio così? Bret Easton Ellis non è d’accordo, e la rivoluzione nell’adattamento del romanzo di Thomas Pynchon (ambientato nel 1984, altro che storia attuale)…

di Matteo Cassol Matteo Cassol

C’era una volta la rivoluzione come missione, oggi c’è la rivoluzione come prodotto. “Una battaglia dopo l’altra” (One Battle After Another), il nuovo lavoro di Paul Thomas Anderson con Leonardo DiCaprio, è uno di questi: adattamento libero di Vineland di Thomas Pynchon, romanzo scritto nel 1990 ma ambientato nel 1984, nel pieno della transizione dal sogno hippy all’incubo yuppie, nell’epoca in cui la rivoluzione si faceva ancora con le mani e con i corpi, non con i post. Anderson ha tentato di attualizzarlo, di portarlo dentro l’America di Trump e post-tutto. Ma il risultato, come ha detto Bret Easton Ellis, è che “è già vecchio, datato, incapace di cogliere l’aria che tira”.

Il film, accolto come un’epopea politica, racconta di Bob Ferguson (DiCaprio), ex rivoluzionario bruciato, padre single e tossicodipendente ai margini della società e della storia, alle prese con la figlia adolescente, Willa, e con un vecchio nemico di famiglia (e di battaglia), il colonnello Lockjaw (Sean Penn). Ogni personaggio sembra una caricatura: i cattivi, i buoni, gli idealisti, tutti ridotti a figure monodimensionali e inverosimili, e solo il regista può sapere se per parodia volontaria o involontaria (ma tra i critici, sia pro che contro, tutti lo hanno preso sul serio, riconoscendosi evidentemente in una delle due parti).

Il film vorrebbe dipingere il contesto attuale (migranti in gabbia, voci fuori campo che parlano di Davos e poco altro di legato al presente), ma è coperto dalla polvere anni Settanta-Ottanta del periodo raccontato da Pynchon. "La rivoluzione non verrà trasmessa in tv" – frase in codice ricorrente nel film, citazione di Gil Scott-Heron – suona come un fossile di un’epoca in cui il potere era fuori dallo schermo, e c’erano una manciata di canali su tv a tubo catodico. Oggi la rivoluzione è tutta in tv, nei feed, nei reel, nelle dirette in cui si protesta dopo aver scelto il look più adatto. Ed è solo immagine, solo slogan, solo virtue signaling. La rivoluzione oggi è (messa in) scena a beneficio di smartphone, non sostanza: un film attuale avrebbe potuto (o dovuto) rappresentare, semmai, questa colossale ed epocale deriva.

Leonardo DiCaprio alla premiere britannica di "One battle after another"
Leonardo DiCaprio alla premiere britannica di "One battle after another" Ansa

C’è un momento, forse il più lucido del film, in cui Bob litiga al telefono con un giovane attivista, il “compagno Josh”, che lo accusa di “violare il suo spazio” perché, esasperato dalle sue domande, il personaggio di DiCaprio alza la voce. Bob risponde: “Violando il tuo spazio? Ma dai, che cazzo di rivoluzionario sei, fratello? Non siamo nemmeno nella stessa stanza”. E Josh risponde: “Ok, non c’è bisogno di gridare, questa è una violazione della mia sicurezza, sono trigger uditivi”. È la scena più attuale, la più vera, forse l’unica realistica, per quanto a sua volta caricaturale: Anderson qui coglie, anche solo per un attimo e pur affidando la constatazione a una figura delineata come un relitto paranoico (che si scontra con la figlia anche sull’uso dei pronomi, altro problema-non-problema creato dalla contemporaneità anglosassone), la dissoluzione del coraggio e del senso del ridicolo nell’era della suscettibilità e della grammatica woke, dove l’indignazione è una performance e la sensibilità personale è eretta a tribunale monocratico.

La critica americana mainstream si è inginocchiata. Il New York Times ha parlato di “un grido dal cuore”, un film “destinato a rimanere nel tempo, selvaggio ed emozionante, e americano in tutto e per tutto come il rosso, il bianco e il blu”. Variety lo dà come in predicato di sbancare agli Oscar 2026: quindici nomination previste, favorito per miglior film, miglior regia, miglior montaggio, miglior attore non protagonista (Sean Penn) e in corsa anche per attore protagonista (DiCaprio). È la liturgia del consenso: film politico, film (almeno in superficie) progressista-rivoluzionario, film necessario, film dell’anno.

I conservatori, prevedibilmente, lo detestano: National Review lo chiama “il film più irresponsabile dell’anno”, Ben Shapiro (Daily Wire) lo definisce “una giustificazione del terrorismo di sinistra con la finezza di un mattone”, e Fox News grida all’apologia della violenza. Ma, paradossalmente ma non troppo, anche da sinistra lo pungono: The Guardian, pur riconoscendone la forza visiva, denuncia il modo in cui Anderson rappresenta le donne nere, accusandolo di perpetuare lo stereotipo di “Jezebel”, figura ipersessualizzata e mitizzata.

Nel romanzo originale di Pynchon, la compagna del personaggio di DiCaprio – che nel film si chiama Perfidia Beverly Hills ed è interpretata dalla cantante Teyana Taylor – era bianca. Anderson la rende nera, per aggiornare la storia e il target all’immaginario hollywoodiano della checklist della diversità, in stile Sirenetta o chiunque altro riproposto con la pelle scura quasi sempre senza costrutto né contesto né ragione. Ma il jolly politicamente corretto gli si è ritorto contro, perché ora lo accusano di aver inscenato una rivoluzionaria erotizzata fino al grottesco, una che vuole fare sesso anche mentre scappa dalle bombe (oltre che pure col suo teorico arcinemico suprematista bianco), e una messa in scena alla Tarantino (in senso negativo) del fetish della relazione interraziale, con tanto di annotazione da parte di Ellen E Jones sul Guardian che “sì, Pta (Paul Thomas Anderson, ndr) ha una relazione con una donna nera o meticcia, Maya Rudolph, e no, tali circostanze personali non esonerano un regista dal dover considerare i punti che sto sollevando”: perché c’è sempre uno più puro (o meglio, più ideologizzato) che ti epura o almeno prova a farlo.

https://mowmag.com/?nl=1

Bret Easton Ellis – che ama Anderson, ha definito There Will Be Blood (“Il petroliere”) “il miglior film del secolo” e cita come grandi lavori anche Magnolia e Boogie Nights – in questo caso non risparmia il regista: “È incredibile vedere un film così mediocre celebrato come un capolavoro solo per la sua ideologia. È ovvio che è per quello che parlano di masterpiece”, dice nel suo podcast. E ancora: “C’è muffa liberal in questo film, un odore di passato. È un reperto dell’era post-Kamala Harris. Non ha colto l’aria che tira, l’atmosfera dell’America di oggi”.

Ellis sottolinea che il film “è bello da guardare”, che la fotografia è “magnifica”, che DiCaprio è convincente, ma il tutto naufraga in un sistema che celebra in automatico quando Hollywood mostra la propria (presunta) virtù. E in questo senso “Una battaglia dopo l’altra” è un film costruito per vincere gli Oscar, ma che perde sul piano contenutistico agli occhi di chi provi a guardarlo davvero, senza pregiudizi, schieramenti o obiettivi politici. Ammesso che uno spettatore del genere esista.

More

JE NE SUIS PLUS CHARLIE. Libertà di espressione, com’è andata a finire vent’anni dopo le vignette su Maometto e dieci dopo Hebdo? Non potendolo più chiedere a Kirk…

di Matteo Cassol Matteo Cassol

Parole e proiettili

JE NE SUIS PLUS CHARLIE. Libertà di espressione, com’è andata a finire vent’anni dopo le vignette su Maometto e dieci dopo Hebdo? Non potendolo più chiedere a Kirk…

Bestemmia a nastro: dal cane del peccatore Sinner ai porco di Musetti e alla confessione di Bronzetti, fenomenologia della ricerca (e dell’assenza) di Dio nel tennis italiano (con glossolalia di un francese)

di Matteo Cassol Matteo Cassol

Gioco, partita, preghiera

Bestemmia a nastro: dal cane del peccatore Sinner ai porco di Musetti e alla confessione di Bronzetti, fenomenologia della ricerca (e dell’assenza) di Dio nel tennis italiano (con glossolalia di un francese)

Nobel per la pace a Trump? Se vi fa ridere l’idea, forse non vi ricordate del premio a Obama

di Matteo Cassol Matteo Cassol

Barackonata

Nobel per la pace a Trump? Se vi fa ridere l’idea, forse non vi ricordate del premio a Obama

Tag

  • Attualità
  • Politica
  • Politicamente corretto
  • Cinema
  • Film

Top Stories

  • Scandalo San Carlo, anche Fedora Sorrentino, come Spedaliere e Tzempetonidis, assunta per un ruolo che prima non esisteva: ma quante cariche si sono inventati?

    di Riccardo Canaletti

    Scandalo San Carlo, anche Fedora Sorrentino, come Spedaliere e Tzempetonidis, assunta per un ruolo che prima non esisteva: ma quante cariche si sono inventati?
  • Ma come si pronuncia il nome del Nobel per la letteratura 2025? Siamo gli unici così onesti da dirvi che László Krasznahorkai non sappiamo chi sia (ma proviamo a dirvelo lo stesso)

    di Riccardo Canaletti

    Ma come si pronuncia il nome del Nobel per la letteratura 2025? Siamo gli unici così onesti da dirvi che László Krasznahorkai non sappiamo chi sia (ma proviamo a dirvelo lo stesso)
  • Quando tutti erano cantautori impegnati lui era già avanti e parlava del futuro: disinformazione, gossip, pigrizia. Cosa ci resta di Ivan Graziani, l'Andrea Pazienza della musica

    di Riccardo Canaletti

    Quando tutti erano cantautori impegnati lui era già avanti e parlava del futuro: disinformazione, gossip, pigrizia. Cosa ci resta di Ivan Graziani, l'Andrea Pazienza della musica
  • La folle storia del Supersonic Record Store, che da Foligno porta la gente a New York partendo da un ex cinema a luci rosse

    di Cosimo Curatola

    La folle storia del Supersonic Record Store, che da Foligno porta la gente a New York partendo da un ex cinema a luci rosse
  • Ultimo dimagrito? Non rompetegli il caz*o. Ennesima presunta crisi con Jacqueline? Non siete attenti ai dettagli, perché a Londra…

    di Giulia Ciriaci

    Ultimo dimagrito? Non rompetegli il caz*o. Ennesima presunta crisi con Jacqueline? Non siete attenti ai dettagli, perché a Londra…
  • Scandalo San Carlo, perché Michele Sorrentino Mangini fattura con la sua società Emmemme srls anche se la nomina al Teatro è a suo nome?

    di Riccardo Canaletti

    Scandalo San Carlo, perché Michele Sorrentino Mangini fattura con la sua società Emmemme srls anche se la nomina al Teatro è a suo nome?

di Matteo Cassol Matteo Cassol

Se sei arrivato fin qui
seguici su

  • Facebook
  • Twitter
  • Instagram
  • Newsletter
  • Instagram
  • Se hai critiche suggerimenti lamentele da fare scrivi al direttore [email protected]

Next

Ma com’è andata la terza edizione di Incanto Film Festival a Pesaro? Ecco i cortometraggi premiati e tutto quello che è successo

di Otto De Ambrogi

Ma com’è andata la terza edizione di Incanto Film Festival a Pesaro? Ecco i cortometraggi premiati e tutto quello che è successo
Next Next

Ma com’è andata la terza edizione di Incanto Film Festival...

  • Attualità
  • Lifestyle
  • Formula 1
  • MotoGP
  • Sport
  • Culture
  • Tech
  • Fashion

©2025 CRM S.r.l. P.Iva 11921100159 - Reg. Trib. di Milano n.89 in data 20/04/2021

  • Privacy