Un anfiteatro vuoto, il sole che brucia sulle pietre antiche e la musica che si insinua tra le rovine. Un gong risuona, una Stratocaster graffia il silenzio e le tastiere galleggiano nell’aria. Di cosa stiamo parlando? Di Live at Pompei, film del 1972 diventato culto per chiunque ami i Pink Floyd. Dopo più di cinquant’anni il film restaurato torna al cinema dal 24 al 30 aprile, e dal 2 maggio uscirà anche un album live. Nick Mason, batterista dei Pink Floyd, ha ripercorso la sua carriera, e non solo, in un’intervista al Corriere della Sera.

“Manco mi ricordavo di avere i capelli così lunghi. È bello rivedersi da giovani” ha raccontato. E su Live at Pompei ha spiegato che non è stata un’idea della band, ma del regista Adrian Maben. “Fummo catapultati in Italia e fu una sorpresa: anche perché suonammo per i fantasmi…”. Ma in che senso? Come detto, nell’anfiteatro non c’era nessuno, ma ha creato comunque “un’atmosfera incredibile, con la polvere, l’afa, le luci”. L’Italia ha fatto spesso da sfondo alle avventure sonore e visive della band, incluso il leggendario concerto a Venezia nel 1989. Ma Manson ha raccontato al Corriere della Sera: “Divertente, ma complesso, con tutte le polemiche sul fatto che avremmo danneggiato i palazzi. Non lo rifarei. Preferisco ricordare la magica atmosfera di Pompei”. E sul cinquantesimo anniversario di Wish you were here, tra i più importanti e conosciuti progetti dei Pink Floyd: “È uno dei più difficile che abbiamo realizzato. Ma è un disco che amo più di Dark side of the moon, è molto più rilassato”. Nick Mason ha anche risposto su una possibile reunion dei Pink Floyd, che sembrerebbe tutto, tranne che possibile. “Non c’è più ragione di fare nulla, ormai è meglio che ognuno vada per conto suo. Dovrebbe risorgere Mandela per rimetterci insieme, come accade nel 2005, ma non è possibile, mi sa”. Infine, il batterista dei Pink Floyd ha anche raccontato di non aver mai sentito parlare dei Maneskin: “ascolto ancora i miei contemporanei, Hendrix, Clapton, Ginger Baker…”.
