Siamo prossimi a Sanremo 2024, anche se del Festival si parla per tutto l’anno. Così, quando è spuntata la notizia che sarebbe uscito un nuovo album di Ivan Graziani ho pensato si trattasse della solita ristampa o qualcosa del genere. Invece no, era un disco interamente di inediti che la famiglia del cantautore ha ritrovato in una delle sue valigie. Otto tracce che, a distanza di 30 anni dal precedente lavoro in studio, Malelingue del ‘94, ci restituiscono una boccata d’ossigeno in un ambiente ormai pressurizzato dall’uscita di singoli a ogni giorno e ora, dagli annunci di Amadeus di novità all’Ariston in qualsiasi programma della Rai, e da un modo di lavorare sulle canzoni che appare estinto, cioè dove chi scrive, suona e canta è la stessa persona che nella maggior parte dei casi vive anche le storie raccontate. E se lo scivolone di Francesca Michielin a X Factor ha fatto indignare molti, chi non lo ricorda si rinfreschi la memoria, che sia benedetto se ha riacceso l’interesse verso questo artista. Intanto è uscito il 26 gennaio per la Numero Uno/Sony Music, la stessa etichetta fondata dall’accoppiata Mogol-Battisti che lo accompagnò al successo, e quando parte la prima traccia ci catapulta in atmosfere rarefatte e sognanti alle quali non eravamo più abituati. Un bel regalo da parte della famiglia Graziani e del figlio Filippo che le ha prodotte a tutti gli appassionati di musica, non solo agli estimatori di Ivan, già a partire dal titolo: Per gli amici (che è anche l’ultima traccia dell’album). Ma poi ci sono le canzoni, accidenti che canzoni. In meno di 25 minuti di ascolto ritroviamo tutto l’Ivan Graziani style: dolcezza e romanticismo sferzati qua e là da sciabolate folk-rock e quella voce che sta sempre sul crinale del falsetto che è un vero marchio di fabbrica. Non è però un’operazione nostalgia, tanto che, fra le otto tracce, non si scorgono le rughe del tempo che è passato. Perché questo era un altro tratto unico di Ivan Graziani: precorrere i tempi. O, più semplicemente, essere in grado di creare brani votati all’universalità e quindi immuni alla senilità
Così con la prima traccia, Una donna, ci accorgiamo che in fondo, almeno noi uomini, siamo rimasti gli stessi di allora: “Ti ha girato e rigirato come un vecchio pedalino, ormai il tuo destino è segnato, lo sai… guarda come ti sei ridotto per una donna” canta Graziani su un tappeto di chitarre che scorrono sopra una marcia rockeggiante. “Ma bella come il sole con gli occhi grandi come il mare”, ci tiene a specificare. Infatti chi, almeno una volta, non si è sentito disarmato di fronte alla donna che ama? Precursore, ancora, con La rabbia che sembra scritta oggi in tempi di precariato e retribuzioni sempre più basse: “Il lavoro è finito… ma non riesco a spiegare, non so che cos’è questa rabbia che ho dentro di me”. E con la prog-rock Tv, già trent’anni fa, si era accorto che “ci stanno più cose in tv che in cielo e terra. Il grande circo dei mostri visti alla tv. Sono sempre in tv. E ti ipnotizzeranno e tu vedrai gente che non sa”, quindi “avrai, vorrai, per il tuo bene. Mai più, mai più solo”.
Le donne, poi, devono essere state muse molto ispiranti per il cantautore e sembrano servirgli come bussola per ritrovare sentimenti che altrimenti rischierebbero di perdersi nella memoria. Oltre alle famose Agnese dolce Agnese o Marta di Lugano addio, ora spuntano “Maria che vive a Pescara”, “Miley di Napoli a cavallo di una Kawasaki” o “c’è Stefania che sta a Lucca, che ancora porta addosso il mio maglione”. Mentre con L’italianina ci riporta con i piedi per terra, altro che nazionalismi e sogni di grandeur, visto che sono le piccole cose che, soprattutto quando siamo lontani dall’Italia, ci mancano di più del nostro Paese: “Potrai girare il mondo, se vuoi in lungo e in largo, però quest’italianina la troverai sempre a te vicina”. E se è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, nelle immagini che Ivan Graziani è in grado di evocare è particolarmente diabolico senza perdere il consueto realismo, come quando ne La canzone dei marinai diventa estremamente sardonico: “Amico pesce fatti catturare, sì, io lo so che che tu sei libero come me, mi dispiace stavolta tocca a te”. Davvero un peccato che siano soltanto otto tracce, nonostante nell’ultima sembri quasi farci una promessa: “E per gli amici canterò: po, popo po pooo”. Facciamo un appello alla famiglia Graziani: scavate negli armadi, nella valigie o nelle sale di registrazione che frequentava, quello che avete ritrovato è bello ma non ci basta.