Fossi più ricco mi ci giocherei una casa sul fatto che Mille (Elisa Pucci) – da Velletri, forte di un simpatico accento romano – abbia davanti a sé una carriera importante. Oggi, venerdì 19 settembre, esce il suo primo album, “Risorgimento” (TAIGA/ADA Music Italy). Disponibile non solo sulle piattaforme digitali, ma anche in versione vinile, destinato a dare una sveglia a un pubblico pop talvolta troppo (colpevolmente) assopito. Mille è bravissima e i suoi pezzi sono vitamina per il cervello. Alcuni sono maledettamente orecchiabili, si fanno canticchiare senza l’ausilio di cazzate assortite. Un album ricco, il suo. Di idee, di musica. Al suo fianco, il fido alleato Unbertoprimo (Davide), già batterista dei Moseek, di cui anche Mille faceva parte. Nel 2015 la band fu finalista a “X Factor”. Dieci anni dopo, Elisa si ritrova a duettare con Rachele Bastreghi dei Baustelle in “Tour Eiffel”, una delle tante perle incluse in “Risorgimento”: “L’ho conosciuta a un festival”, ci spiega. “Siamo entrate in confidenza e le ho subito fatto ascoltare il pezzo, la collaborazione è nata in modo molto spontaneo”. Pop, punk, cantautorato, dosi massicce di schizzata ironia e sbuffi elettronici. Tutto all'ombra di un Risorgimento anche personale di Elisa, che ci ha raccontato di come, durante la fase di composizione delle canzoni, avesse l'esigenza di "ritrovarsi". La nostra intervista per conoscerla meglio.

Prima di iniziare veramente, torniamo indietro: un pensiero alle tue origini con i Moseek.
Di quella esperienza è rimasta la collaborazione, strettissima, con il mio “partner in crime” Davide. Miglior amico, vicino di casa, autore, produttore, batterista. Che vuoi di più? Credo che ogni contesto vada utilizzato e sfruttato con intelligenza. “X Factor” per noi fu un mezzo, non un fine.
Il nuovo disco: cosa ne dici se partiamo col botto? “La gente è stanca, non scopa e non dorme. Arriva scema al 27”, da “C’est fantastique”. Wow.
Perché, non è vero? Credo sia un tema che riguarda quasi tutti. Magari a Milano fanno più i fighi, parlano di quanto tutto sia bello, del lavoro, ma alla fine quest’ansia riguarda tutti. Riguarda un modo di vivere ormai abbastanza “naturale”. E molto diffuso.
L’album sembra frutto di persone (tu, Unbertoprimo) che hanno divorato molta musica…
Sono del 1984 e sono cresciuta con un sacco di musica bella. Musica che non ho scelto, ma che mi sono ritrovata dentro quasi senza accorgermene. Antonello Venditti, Ivan Graziani, Lucio Dalla, Patty Pravo, Nada, Franco Battiato. Lo stereo lo usava solo mio padre, ne era geloso. E i dischi da ascoltare non li sceglievo di certo io! Successivamente, quando sono diventata più grande, ho cercato la mia musica (Skunk Anansie, Muse, Radiohead), ma tutte quelle canzoni italiane sono state la mia prima grande educazione musicale.
“Rinascimento” mostra con orgoglio tutte queste influenze e un approccio musicale molto creativo, seppur diretto.
Si tratta di un disco nato in camera mia, con la chitarra elettrica in mano. Subito dopo, in studio, insieme a Davide, nasceva tutto il resto. I brani sono stati scritti e arrangiati in tempi abbastanza stretti.

In “Una lama” ho colto addirittura tracce di Anna Oxa.
Beh, ricordo molto bene Anna Oxa a Sanremo con “Senza pietà”. O il suo duetto con Fausto Leali. Ci sono tante voci italiane femminili che mi hanno ispirato e che ho studiato. Nada. Patty Pravo, che citavo prima.
Torniamo ai testi, a questa tua visione del mondo così poco instagrammabile.
Sono su Instagram solo per lavoro. Ma te lo dico subito: “Non me metto a scrollà”. Cioè, per me “essere amici sui social” ha un valore davvero relativo. Quando mi collego a Internet uso giusto Vinted perché compro e vendo, ma dobbiamo sul serio parlare di “amicizia via social”? Amico è colui con il quale mangi insieme più e più volte, non scherziamo.
Un altro testo: “Faremo un figlio con i buoni sconto, i meeting e le lotterie” (da “Gli amanti”). Come si fa?
Eh, appunto! Si fanno i figli ma non c’è tempo per goderseli. Si fanno i salti mortali per esistere e resistere. I salti mortali per vivere, che già di per sé suona come un assurdo. Io ne vorrei quattro di figli, ma davvero dovrei vincere la lotteria.
Dici anche che le cover band fanno più danni della guerra, ma ora le guerre – al plurale – sono terribilmente vicine.
Ho pensato più volte: se questo disco avrà successo, scoppia la terza guerra mondiale. Ovviamente scherzavo. Anzi, spesso mi sono sentita in colpa per aver gioito di un fatto così personale (la realizzazione di un disco), quando poco lontano da me ci sono tragedie, morte, drammi. Poi ho pensato a “Vogue”.
A “Vogue”?
Sì, durante la Seconda guerra mondiale non ha mai interrotto le pubblicazioni. Pur vivendo un momento terrificante, la rivista voleva comunque concedere un briciolo di leggerezza, un’ipotesi di evasione, a chi poteva leggerla. Un’idea che legittima la presenza di cose belle anche se sei circondato di me*da. È il tentativo di scorgere uno spiraglio di luce anche se tutte le luci sembrano spente. In fondo ognuno di noi deve solo fare la propria parte.
Insomma, che mondo c’è là fuori?
Sto vivendo in un micromondo che mi piace, popolato in gran parte solo da gente che voglio frequentare. Vivo a Milano, ci sto benissimo. E prima che me lo dica tu, me lo dico da sola…
Che cosa?
“Vivi a Milano e ci stai benissimo? Ma che sei, scema?” Sai in quanti me l’hanno detto…
Come fai a vivere bene a Milano, quindi?
Faccio il mestiere che amo, e questo aiuta enormemente. Ma poi seleziono molto le persone con cui relazionarmi, con cui condividere tempo prezioso.
E il mondo musicale che c’è là fuori? Come sta?
Non male come dicono quegli inguaribili nostalgici che dimenticano come anche ai tempi dei Beatles qualcuno diceva che la musica faceva tutta schifo. Però odio le classifiche, non mi interessano le cose “virali” o “in trend”. Mi piace ancora la musica fisica. Comprare un vinile, andare a un concerto.
