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Ci voleva Recalcati per avere un’antologia d’amore seria? Sì, se la pubblica con Crocetti

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Ci voleva Recalcati per avere un’antologia d’amore seria? Sì, se la pubblica con Crocetti
Massimo Recalcati cura con Crocetti un’antologia d’amore che va bene per le scuole e per chi vuole scoprire qualche autore serio ma dimenticato. Come Adélia Prado, che dedica una poesia al matrimonio, ormai fuorimoda, e all’essere “servi d’amore”

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Crocetti re degli editori di poesia e nume tutelare delle edizioni di poeti greci contemporanei, più qualche grande moderno classico italiano che ha esordito o si è spostato almeno una volta in Crocetti. Crocetti che ha curato molte antologie ultimamente, tra cui la monumentale (proprio fisicamente) Dimmi un verso anima mia. Antologia della poesia universale, a cura di Davide Brullo. Poco prima un’antologia di un giovane autore morto precocemente, Gabriele Galloni, che – diritti d’autore a parte – ha fatto il suo permettendo a un poeta che aveva sempre pubblicato, pur vendendo, con piccoli editori di avere una sorta di riconoscimento dall’editoria storica di questo Paese. Ora però la vera regina delle antologie, un’antologia di poesie d’amore, cioè di poesia per ciò che vale la pena di difendere in un mondo quasi disumano. Si intitola Non a te nudo amore e sono le poesie scelte dal decano dell’editoria Nicola Crocetti insieme a uno psicanalista, Massimo Recalcati, un lacaniano che difficilmente ha bisogno di presentazioni ma che sceglie di misurarsi con un linguaggio che non si fa soggetto, come rischia da altre parti (per esempio nella poesia devozionale o in quella filosofica), ma che cede la strada a un Io quasi freudiano, incatenato agli incantamenti dell’essere, siano essi rimossi, traumi o autentiche epifanie.

A te nudo amore (Crocetti, 2024)
A te nudo amore (Crocetti, 2024)

Ci sono tutti, per modo di dire: Giovanni Pascoli e Francesco Petrarca, Paul Èluard e Pablo Neruda, Paul Celan e Camillo Sbarbaro, Raboni e Sanguineti e così via. Nulla di nuovo per chi ha dimestichezza, una selezione decisamente astuta e scolastica per certi versi, che ha il pregio di inserire tra i grandi più noti, i grandissimi ignoti (grandissimi non perché migliori dei grandi, ma perché non ancora riscoperti e quindi in parte più puri, meno parafrasati). Tra tutti la poesia più bella tra le ignote dell’antologia è di Adélia Prado ed è dedicata al matrimonio. Fa così:

Ci sono mogli che dicono:
“Mio marito, se vuole pescare, che peschi,
ma i pesci poi se li pulisca lui”.
Io no. A qualsiasi ora della notte, mi alzo,
lo aiuto a squamare, aprire, tagliare e salare.
È così bello, noi due da soli in cucina,
ogni tanto i gomiti si toccano.
Lui dice cose come: “Questo è stato difficile”
“Brillava nell’aria con colpi di coda”
e fa il gesto con la mano.
Il silenzio della prima volta che ci siamo visti
attraversa la cucina come un fiume profondo.
Alla fine, i pesci nella teglia,
andiamo a dormire.
Cose argentee guizzano:
siamo sposo e sposa.

Era citata in un libro di qualche anno fa, L’amore non è giusto di Davide Rondoni (CartaCanta, 2013), un saggetto dedicato non all’amore, ma all’ingiustizia dell’amore, alla sua potenza incommensurabile al pensiero (e bastardamente umana); Ci sono più contraddizioni in questa poesia e più nemici del progressismo in questo testo che in qualsiasi raccolta di amore sintetico uscita in questi anni.

Adélia Prado
Adélia Prado
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