“Non sono io che vi devo parlare di lei. Voi la conoscete meglio di me. Era una donna meravigliosa, femminista nel senso più pieno della parola.” Così Nan Goldin, la fotografa americana che ha raccontato la New York degli anni Ottanta, ha parlato di Anna Magnani. Una donna che racconta un’altra donna. Goldin è lontana da Anna Magnani, i tempi e le tematiche troppo diverse. Sono passati cinquant’anni da quel 26 settembre 1973. A mezzo secolo dalla sua morte, Anna Magnani suscita ancora un’influenza straordinaria su chi la osserva. Goldin quelle sue parole le ha dette a Bologna, durante il Festival del Cinema Ritrovato. Stava presentando Bellissima, il film di Luchino Visconti in cui Anna Magnani recita nei panni di Maddalena Cecconi, la donna protagonista. Maddalena partecipa con la figlia al casting per il nuovo film di Alessandro Blasetti, “Oggi, domani, mai”. Per il ruolo, si cerca “la bambina più bella di Roma”. Ovviamente, tutte le mamme della capitale, provenienti dalle fasce sociali più diverse, sono convinte che la propria bambina abbia il curriculum perfetto. La storia di una madre che cerca una vita diversa per la figlia. Sullo sfondo, la Roma degli anni ’50, ricca di vicende umane e di cinema. Un’Italia che sogna il benessere e che in Cinecittà vede un’opportunità per la realizzazione delle proprie speranze. Servono soldi per il grande salto e Maddalena decide di investire tutti i risparmi nell’impresa: compra un vestito alla figlia, le organizza uno shooting per il portfolio fotografico e la porta dal parrucchiere (che rovina la testa della bambina). Nonostante i sacrifici e le giornate passate in giro per i palazzi di Roma a fare iniezioni sui culi di persone di ogni tipo, i soldi non sono abbastanza: l’affitto non si paga da solo e il marito non tollera l’ossessione di Maddalena. L’uomo quasi compatisce la moglie, persa nello scorrere delle immagini dei divi americani proiettate sullo schermo vicino casa. Tra questi c’è Burt Lancaster, con cui Anna Magnani lavorerà in La rosa tatuata di Daniel Mann. Per la sua interpretazione vince il premio Oscar come miglior attrice. Fu la prima non americana in ventotto anni a ottenere un simile riconoscimento. Non fu una scelta facile quella di volare negli Stati Uniti: là c’erano una lingua e un modo di fare cinema completamento diverso. La decisione, però, si dimostrò vincente, e nella sua esperienza oltreoceano conobbe dei giganti come Marlon Brando e lo sceneggiatore Tennessee Williams, i quali condividevano la stima per l’attrice italiana. In Bellissima Visconti ribalta la percezione del ridicolo, mettendo al centro l’inumano dell’industria cinematografica. “Fatemi uscire da qui con una speranza”, chiede Maddalena a Blasetti. La supplica di chi vuole per la figlia una vita fuori dalla borgata. Nel corso di tutto il film non si percepisce nessuna vanità, nessun narcisismo di Maddalena.
Anna, però, in quel mondo riuscì a entrarci. Con fatica, passando giovanissima per la scuola d’arte drammatica Eleonora Duse, dove insegnava anche Silvio D’Amico, che poi prese le redini dell’istituto. Certo, non era bella come altre: il naso grosso, le gambe sottili e i fianchi larghi la rendevano diversa. Possedeva un volto che sembrava aver sofferto già molto e degli occhi grandi, che si vedevano fin dalle ultime poltroncine del teatro. Perché una volta che sul palco ci saliva, Anna Magnani non aveva niente di banale. Le bastarono pochi mesi per trovare una compagnia e, dopo qualche anno, trovò la sua strada anche nel cinema. Un’ascesa proseguita nella Roma occupata dai nazisti. Una doppia fatica per una che già di ostacoli ne aveva superati tanti. Poi ci fu la collaborazione con Roberto Rossellini in Roma città aperta, il film manifesto del realismo italiano. Nella biografia Tutto su Anna. La spettacolare vita della Magnani, scritta da Patrizia Carrano e arrivata alla terza edizione, l’autrice ricorda la nascita della scena in cui Pina, interpretata appunto dalla Magnani, insegue il camion tedesco che aveva portato via Francesco. Serviva qualcosa, suggerì l’autore del soggetto, Sergio Amidei, che rendesse la scena più complessa. Anna doveva cadere. Lo fece due volte, fregandosi le mani e le ginocchia. Rossellini, che si stava innamorando di lei, si oppose. Anna, invece, non aveva paura: “vedrai che lo faccio bene”.
Anna non parlava mai di sua madre, fuggita ad Alessandria d’Egitto con un uomo. Sembra quasi che tutto il seguito della sua vita fosse la ricerca di un riscatto. La forza motrice silenziosa che le permise di procedere nella fatica dell’esistenza. Spigolosa e dolce, sapeva lavorare su se stessa per compensare l’assenza di quel bell’aspetto che tanto faceva comodo nel mondo del teatro e del cinema. Forse per questo non sopportava le ballerine, capaci di muovere le gambe e poco altro. Anna Magnani è nella storia del cinema. I confini arbitrari di una nazione non possono contenerne l’esuberanza. La forza di un volto e di una voce che ha parlato e guardato in faccia al pubblico, alla vita e al mondo. La sua carriera è un piano sequenza durato abbastanza per far esplodere la sua bravura. Dopo cinquant’anni, quella camera puntata su di lei ancora non è spenta.