Sono stato ad uno dei festival più importanti al mondo per la musica alternative e per la cultura underground. Il Lollapalooza, iconico festival originario degli Stati Uniti che ad oggi si svolge in numerose città del mondo. Qui a Buenos Aires è stato capace di attrarre più di 300k persone nei tre giorni di questa nona edizione. Rispetto a Woodstock e altri festival inarrivabili ma altrettanto iconici che si sono svolti in un'unica location, il Lolla è progettato fin dalle origini per dividersi in tappe, raggiungendo il proprio pubblico, per diffondere musica nuova. Lollapalooza è una parola che deriva dalla commedia americana I tre Marmittoni, in tanti si chiedono cosa voglia dire. Probabilmente niente. Il festival in passato ha ospitato artisti fuori dal giro delle major e del mainstream musicale. Di fatto rendendoli famosi grazie alla loro partecipazione. Come i Red Hot Chili Peppers, Ice T, Eddie Vedder e moltissimi altri. Devo dire. Davvero un grande festival questa versione Argentina. Tutto completamente cash less, si indossa un braccialetto ricaricabile e dall'efficace app ufficiale si possono caricare i pesos. Fino a qui tutto bene.
Il festival si è svolto dentro il gigantesco Ippodromo di San Isidro poco fuori dalla capitale. Per raggiungere il posto mi ha portato un tassista che ha lavorato in Italia prima del Covid nella pizzeria al taglio di suo cugino a Bergamo ed è tifoso sfegatato dell’Atalanta. Mi ha portato fino all’entrata principale, con l’ingresso gestito dai militari che controllavano che tutti non avessero lattine di birra o bottiglie in generale. Solo dopo capirò il perché di questa misura così efficace contro i liquidi ma non altrettanto contro eventuali droghe che invece avrei potuto mettermi tra le chiappe. Insomma entro, vedo una enorme distesa pianeggiante, l'ippodromo che sembrava un circuito per Formula 1 con un campo da golf in mezzo e quattro enormi palchi che svettavano come cattedrali, distribuiti agli estremi dell’ovale e uno al centro, il più grande. Nel giorno in cui ci sono stato io c’erano The Offsprings e Blink182. Negli altri palchi invece The Blaze, Arcade Fires, Dom Dolla, Diplo, nomi così. Il giorno prima aveva piovuto e il fango ha reso il pogo una melma umana, tra chi si accalcava per avvicinarsi sottopalco e chi cercava di riemergere dai corpi sudati e sbraitanti. Tuttavia i concerti sono stati magnifici nonostante fossi completamente sobrio e sudato. Solo l'impianto, purtroppo, unico rimpianto. Col fatto che i numerosi palchi non dovessero intrecciarsi, il suono era troppo basso!
Oltre logicamente alla musica e agli artisti, la cosa che più saltava all’occhio erano gli stand del cibo. Un’offerta gastronomica mai vista. Letteralmente centinaia, tutti diversi, e ciascuno con la propria personalità. I prezzi alti ma non altissimi. Dai 7 ai 10 mila pesos (10€) per i menu principali. C'era tutto. Dal cibo tradizionale argentino come i panchos (sono i loro hot dog) e i choripan (panini con la salsiccia e chimichurri) alle cose più elaborate come dei buns cinesi di pane al vapore farciti di arrosto di lonza guarniti di salsa alle carote e pepinos, li trovavi da KOI. Ho assaggiato anche un paninazzo con carne ‘’aumada’’ cioè affumicata e brasata a lunga cottura con verdure e spezie in uno stand che si chiamava OLD TRAIN. Ma senza fare i gourmant, del cazzo, c’era anche un McDonald all’interno del festival! E anche quella merda di SBARRO dove servono cibo italiano(statunitense) fatto male. Inoltre per i vegani non mancavano offerte alternative all’abuso e all’onnipresenza di carne argentina: come ad esempio VEGAN FOX e FELICES LAS VACAS (mucche felici). Sembrava infatti un festival di street food a tutti gli effetti. Tutto bellissimo fino a quando mi metto in questa lunghissima - ma devo dire rapida - coda di centinaia di avventori verso uno dei "beer garden" recintati come isole felici, pronto a sfoderare il bel bracciale carico di denaro da spendere per candelotti di birre da mezzo.